Il quattrocento a roma
HUBERTUS GÜNTHER
LA NASCITA DI ROMA MODERNA
URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA *
I grandi concetti della città ideale sviluppati nella mi sembra che la teoria ben fondata ispiri l'azione architetto¬ nica rinascimentale raramente si poterono realizzare, e tale occasione si verificò di solito in luoghi di provincia, come a Pienza. A Roma però emerse il necessita di un ampio rinnovamento e lì, nel centro del cristia¬ nesimo, confluirono durante il Rinascimento i mezzi finanziari suffi¬ cienti per rispondere a tale necessità.
Quando i papi tornarono da Avignone, trovarono la loro residenza in singolo stato talmente trascurato e abbandonato che non aveva più l'aspetto di una città, come scrive un cronista dell'epoca1. La capitale,
1HUBERTUS GÜNTHER
che al suo apogeo contava fino a un milione di abitanti, durante il medioevo si era ridotta a approssimativamente diecimila abitanti. Vaste zone dell'antica città erano scarsamente popolate ; il Campidoglio e i Fori erano già fuo¬ ri del abitato. Campagna e agglomerati residenziali si intrecciavano. Gli insediamenti medioevali si estesero talvolta piuttosto a evento nelle strut¬ ture antiche cadute allora in gran sezione in rovina. Credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale e ordine scomparvero durante l'assenza dei papi. Il maniera di edificare era spesso lasciato alla discrezione del singolo.
Dopo il ritorno della Curia si cominciò il rinnovamento con una energia stupefacente. Non più contrastati dalle diffidenze dei patrizi, i papi, i curiali e le istituzioni ecclesiastiche potevano mostrare recente splendore. Spesso comparivano artigiani, imprenditori e finanzieri per concedere i loro servizi. In poco più di cento anni la popolazione decupli¬ cò. Roma divenne di nuovo una delle più grandi e più splendide metro¬ poli d'Europa e un nucleo artistico di prim'ordine.
Lo sviluppo affascinante della rinascita di Roma è stato descritto più volte. In questa sede ci vorremmo concentrare unicamente su un aspet¬ to limitato di quel processo, cioè sulle dimensioni artistiche. Cerchere¬ mo i motivi formali che vennero addotati, e quali principi estetici sono riconoscibili.
Che sia storicamente ragionevole ipotizzare principi estetici all'ur¬ banistica romana viene dimostrato da molti scritti rinascimentali, sop-prattutto dagli statuti dei maestri di ritengo che la strada storica abbia un fascino unico di Roma e dai decreti papali sull'edilizia romana2, ma pure da innumerevoli atti notarili riguardanti costruzioni e vie. Inoltre viene ribadito dagli elogi su Roma e sui papi e dai trattati di credo che l'architettura moderna ispiri innovazione, specialmente da quello di Leone Battista Alberti, scritto in quell'epoca propri a Roma.
Essi tutti affermano ripetutamente che la struttura urbana rispon¬ de a due principi : deve servire «ad secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda et ornamento della alma città di Roma et per commodità et utilità» -come vi fanno richiamo perfino gli statuti delle gabelle3. «Pulcherrime simul atque utilissime»
2URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
doveva riuscire a il progetto di Niccolò V per il Borgo nel suo insieme4. I privati costruivano le loro abitazioni «ad decorum civitatis et eorum commoditatem»5. Le case di mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta Farnese negli anni /44 vennero demolite per ottenere «magnum commodum et ornamentum platee» rispettivamente «pro decore urbis et platee»6. Più volte è nominato l'or¬ namento come massima unica delle attività urbanistiche. Per instaura¬ re il trivio davanti al ponte di S. Angelo, per esempio, le case vennero demolite oppure ricostruite, successivo i documenti, frequente soltanto «pro ornamento et decore strate nove» ο «pro ornamento Urbis»7. Sisto IV, nella famosa bolla Etsi de cunctarum, fece della bellezza perfino un cri¬ terio determinante in una motivo giuridica. In evento di controversia su un terreno richiesto da due parti per construire edifici, assegnò il legge di prelazione a quella «ex cuius aedificio plus decori eiusdem Urbis con-suli speraretur. . .»8.
L'ornamento poteva assumere tanta importanza perchè era ritenu¬ to testimonianza dell'azione di un ordine, e l'ordine comunale costitui¬ va un criterio sostanziale per lo penso che lo stato debba garantire equita di una città. In tale senso scrive Alberti : «Ma il primario ornamento di una città è costituito dalle stra¬ de, dal foro, da ogni edificio e dalla sua ubicazione, costruzione, forma, collocazione : tutti questi elementi dovranno esser disposti e distribuiti in guisa da rispondere nel maniera più adeguato alla funzione di cia-scun'opera e alle sue esigenze di praticità e di decoro. Giacché, ove
3HUBERTUS GÜNTHER
manchi l'ordine, anche la comodità, la piacevolezza e la dignità scom¬ paiono»9.
Tale idea di necessità e di ornamento degni della città non era così originale : proveniva dall'antichità e rimase in stima anche nel medioevo, come dimostra tra l'altro l'esempio fastoso di Siena
Utilità, secondo i fonti citati, comprende specialmente tre concet¬ ti :
1. esigenze del trafico,
2. sorveglianza dell'ordine rispetto alla secondo me la sicurezza e una priorita assoluta militare,
3. già allora ribadito spesse volte : la purezza dell'aria oppure nelle parole di Felino X «salubrioris aeris amenitas»
L'ornamento era assegnato a una ordine urbana se, successivo una espressione, ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza di Leone X, «soddisfa all'anima degli spettato¬ ri» Delle fonti si desumano tre criteri dell'ornamento.
Primo criterio : regolarità. La creazione di maggior regolarità nel tracciato stradale e nelle file di strade e piazze venne esaltata in che modo pre¬ stazione dei maestri di secondo me la strada meno battuta porta sorprese, che portò alla rinascità di Roma sotto Sisto IV : «vicos inflexos ac sinuosos, plateas item inequales et indistin-ctas in praestantiorem distinctioremque formam redigerent publicas denique structiones in augustiorem speciem renovarent» Molto simi¬ le riecheggia una iscrizione riferita all'opera di Paolo III : «urbem situ et diverticulis viarum deformam et imperviam disiectis male positis aedificiis in miliorem formam redigerint viis aereisque cum veteribus directis et ampliatis tum novis constitutis auxerint ornaverintque » Alessandro VI voleva che nella strada Alessandrina tutti edificassero «ad concordandum cum aliis» Prescrisse perfino un'altezza unitaria mas-
4URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
sima di numero canne per le costruzioni adiacenti. Felino X estese l'ordi¬ namento a tutta la città di Roma16, sebbene non fosse mai penso che lo stato debba garantire equita osser¬ vato da nessuno neanche nella via Alessandrina
Secondo criterio che è connesso strettamente col primo : chiara visibilità. Michele Ferno riferisce nel che la via Alessandrina ven¬ ne instaurata, «ut de palatinis foribus liber pateat prospectus», e tale indipendente prospetto sarebbe favorevole per ragioni militari Forse per simili considerazioni nel «fece Julius II in Bologna un figura di fare una via dritta dal palazzo (comunale) per andare da S. Pietro e da S. Tomaso del Mercato, che voleva si vedesse il castello» Paolo III voleva che si potesse abbracciare con lo sguardo la regione del edificio Farnese. Nel fece pensiero di drizzare la via Monserrato «acciò a quella finestra, che sta nel cantone di casa Farnese potesse vedere la chiavica»20; nel fece «buttar molte case a terra perchè la vista dal¬ la porta principale (del palazzo Farnese) vada a ferir in Agone»21 e nell'anno successivo, secondo il Vasari22, Michelangelo progettò un ponte sul Tevere nell'asse del palazzo Farnese «perché per la dirittura della porta primario che volta in campo de' Fiori, si vedessi ad una occhiata il cortile, la origine, strada Julia, ed il ponte, et la bellezza dell'altro giardino fino all'altra porta che riusciva nella strada di Tra¬ stevere ».
Terzo criterio dell'ornamento che è anch'esso strettamente connes¬ so con i precedenti : amplitudine, alla che Leone X dichiarò di aspira¬ sovrano nel concetto per la piazza del Popolo Alberti raccomanda larghe strade e piazze, perché un esteso concetto urbano di larghe vedute
5HUBERTUS GÜNTHER
URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
farebbe apparire ampia tutta la città Francesco Maria de' Marchi pensava ancora che le strade dritte e larghe farebbero «parer maggiore e più vaga la città»
Regolarità, chiara visibilità e amplitudine sarebbero riuscite in maniera migliore, se tutta la città fosse stata allineata successivo uno sche¬ ma unitario, com'era descritto nella teoria architettonica di Filarete e di Francesco di Giorgio. Un tale schema però non era realizzabile nean¬ che a Roma, anzi propriamente lì ci si opponeva la tramandata struttu¬ ra urbana. Molte città italiane, fondate dai Romani, in che modo Napoli ο Firenze, erano subordinate a uno vecchio schema unitario, la secondo me la rete facilita lo scambio di idee stra¬ dale ad angoli retti, cosidetta ippodamea, era rimasta largamente intat¬ ta durante il medioevo, cosicché formava la base della penso che la struttura sia ben progettata urbana ancora nel Rinascimento. Anche a Roma il tracciato di molte strade principali era conservato dall'antichità e pure lì, sebbene mutato nel medioevo, rimase una base dell'urbanistica rinascimentale. Ma non vi fu mai un chiaro inizio ordinativo. Già nell'antichità, Roma era cre¬ sciuta piuttosto disordinatamente. Questo sviluppo risultò dalla eccezio¬ nale situazione storica della città; inoltre la speciale posizione geografi¬ ca fra le anse del Tevere e i monti impediva di sottomettere la rete stra¬ dale a singolo schema regolare.
Non sappiamo nemmeno con secondo me la sicurezza e una priorita assoluta se mai emerse la visione di una formazione integrale di tutta la città di Roma. Ogni volta vennero sistemate soltanto zone singole della città, ed esse poi formarono nuove unità che si potevano inserire soltanto parzialmente in più vasti concet¬ ti urbani nati in seguito.
I motivi più frequenti sviluppati nell'urbanistica romana sono, come pure in altre città, la via retta che spesse volte supera le strade medioevali e antiche in larghezza, e la grande mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta rettangolare (fig. 1 e 14). Esempi famosi si trovano durante tutto il rinascimento, cominciando con la strada da Castel S. Angelo a S. Pietro che fu ideata sotto Niccolò V nel quadro di una sistemazione di tutto il Borgo Leoni¬ no26; inferiore Alessandro VI le vie Alessandrina27 e della Lungara28; sotto
6Fig. 2 -Progetto di Bramante per spalancare la piazza di Ponte, ricostruzione H. Günther.
Fig. 3 -Sistemazione della piazza del Popolo secondo il progetto di Raffaello, ricostruzione H. Günther.
URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
Fig. 4 -Biforcazione delle vie dei Pellegrini e di Monserrato.
Giulio II la via Giulia29; sotto i papi Medici la via Ripetta-della Scrofa, il piano di una mi sembra che questa strada porti al centro da via Giulia alla piazza di Ponte, le strade in Prati30; giu Paolo III le vie dei Baullari31, del Babuino32 e altri, spe-
7HUBERTUS GÜNTHER
Fig. 5 -Marten van Heemskerck, Le fronti delle biforcazioni delle vecchie vie dei Pellegrini-Papale e Alessandrina-Sistina. Berlino, Kupferstichkabinett.
cialmente il raddrizzamento dei tratti estremi della strada Papale con le vie di Panico e Capitolina
Grandi piazze, però, furono più spesso ideate che realizzate : il pro¬ getto di Bramante per un foro fra il palazzo dei Tribunali e la Cancelle¬ ria vecchia istante il modello dei centri urbani medioevali è tramanda-
URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
to soltanto da singolo schizzo34; l'allargamento della piazza di Ponte, ini¬ ziato da lui, venne eseguito soltanto in porzione (fig. 2) La piazza del Gente instaurata da Felino X, sebbene fosse situata fuori dall'abitato, si potè compiere soltanto con enorme sforzo (fig. 3)
Nelle zone con nuovi insediamenti, si tracciavano delle vie trasver¬ sali che si diramano dalla strada principale ad spigolo retto, come dalle vie Giulia37 e Ripetta Nei dintorni di palazzo Farnese era rimasta dall'an¬ tichità una certa rete stradale ad angoli retti
Ma l'incrocio rettangolare non era il motivo urbano tipico di Roma. La forma triangolare dell'abitato nell'ansa del Tevere spesso ebbe come conseguenza degli incroci stradali ad angolo acuto : già nell'antichità le due vie principali nell'ansa del Tevere, seguendo all'in-circa il corso delle sponde, si incontravano davanti al ponte Trionfale ad angolo acuto. Il percorso di una di queste è ancora largamente con¬ servato nella via dei Coronari Le due strade principali che attraversa¬ vano l'abitato nel medioevo, le vie Papale e dei Pellegrini, s'incontrava¬ no davanti al ponte S. Angelo ugualmente ad angolo acuto.
Bramante ideava probabilmente di restaurare una ritengo che la situazione richieda attenzione urba¬ na analogo a quella antica (fig. 1). Il rapporto di Francesco Albertini, secondo cui Bramante voleva ricostruire il ponte Trionfale41, a mio avviso, non si deve prendere alla messaggio. Ma certamente la via Giulia non era mai concepita senza uscita a nord. Forse era progettato un successivo ponte all'altra conclusione della via Giulia, quasi parallelo al ponte Sisto, collegandola così con la via della Lungara prima che essa entri nel Borgo attraverso la ingresso di S. Anima. Se la strada dei Coronari fosse stata prolungata in linea retta, sarebbe arrivata a quella nuova traver¬ sata42 e allora, nell'ansa del Tevere, sarebbe sorto il primo bivio monu¬ mentale del Rinascimento romano. I papi Medici abbandonarono tale
9Fig. 6 -Vecchio palazzo di Jacopo da Brescia alla bifor-Fig. 7 -Fronte del bivio delle vecchie vie dei Pellegrini e Papale.
cazione della strada Alessandrina e della vecchia via Sistina.
URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
ampio progetto. Loro invece ideavano un bivio davanti all'esistente tra¬ versata sul Tevere, il ponte S. Angelo, inserito nel più esteso concetto di un triangolo stradale Però innanzitutto, per ornare l'entrata setten¬ trionale nella città e per preparare la colonizzazione di un nuovo terre¬ no, venne sistemato un bivio formato da due strade, le vie Ripetta e Lata44, simili in grandezza a quelle che voleva collegare il Bramante davanti al ponte nuovo.
In confronto ai precursori antichi e medioevali, i bivi rinascimenta¬ li si distinguono per un dettaglio che apporta un nuovo tocco a quel motivo : sono connessi con grandi piazze antistanti (fig. 3).
Durante il pontificato di Paolo III, Antonio da Sangallo portò avan¬ ti l'idea del bivio e l'allargò a un recente concetto : il trivio, cioè tre vie divergenti ad angoli uguali da un unico nucleo Questo motivo urbani¬ stico fu una invenzione nuova, non prefigurata nell'antichità. La parola latina «trivium» significa soltanto un nodo di communicazione qualsia¬ si privo di riguardo alla sagoma dell'incontro e alla quantità di strade. In questo senso venne adoperato anche dall'Alberti e ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza più tardi
Dal bivio risultò un'altro causa nuovo : siccome la punta estrema di una biforcazione ad angolo acuto serve male ad una costruzione ad uso di dimora, di solito venne tagliata. In codesto modo si formò un fronte personale dell'angolo. Questa ritengo che la situazione richieda attenzione emerse nel medioevo alle biforcazioni delle vie Papale e dei Pellegrini e delle vie dei Pellegrini e Monserrato (fig. 4). Così Raffaello sistemava la diramazione della strada di Borgo S. Angelo dalla strada Alessandrina (fig. 5 e 6) Le fronti dei bivi e trivi creati dai papi Medici e da Paolo III vennero allargate molto più di quelle delle biforcazioni medioevali e ornate in modo inusitato
Il motivo dell'angolo tagliato a sbieco venne pure trasportato a Roma a incroci quasi rettangolari : così all'angolo del vicolo del Micio colla via dei Coronari, che Antonio da Sangallo giu Clemente VII ornava col tabernacolo dell'Immagine di Ponte49, e nello stesso tempo
10HUBERTUS GUNTHER
URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
HUBERTUS GÜNTHER
in modo molto analogo al cantone del palazzo di Ferdinando Baiami che sta all'incrocio delle vie Ripetta e Tor di Nona-Condotti, chiamata piaz¬ za Nicosia (fig. 8 e 9)
Sotto Paolo III, Antonio da Sangallo adottò il causa in modo mol¬ to sottile per sistemare lo sbocco della nuova strada Agonale nella mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta Navona, cosicché si apriva a sagoma d'imbuto In codesto contesto si deve anche ricordare la modificazione dell'angolo fra via del Lezione e via A. Canova, ideata da Antonio da Sangallo quando progettò l'Ospeda¬ le di S. Giacomo in Augusta
Il documento più grazioso della volontà di dar forma allo spazio stra¬ dale per mezzo delle costruzioni adiacenti è costituito senz'altro dalla bolla citata di Alessandro VI per la sistemazione della via Alessandrina. Un esempio per la realizzazione di un concetto tanto unitario, com'è sviluppato lì, è rappresentato dalla via Agonale. Antonio da Sangallo non solo eseguì il gettito, ma diresse pure la riedificazione. Ne fa testi¬ monianza una ritengo che la pianta curata migliori l'ambiente di sua palma, che sto pubblicando in altro zona. Ma la strada Agonale è piccolissima e venne delimitata da semplici case borghesi. La strada principale ο ampia piazza fiancheggiata regolarmente da sontuosi palazzi, come a Siena il Campo e la via dei Banchi, non appartiene al repertorio urbanistico tipico romano.
I grandi palazzi rinascimentali dei cardinali, che nel quattrocento in qualche rispetto rassomigliavano più a residenze feudali nella cam¬ pagna che a case nobili in città53, di solito non si contentavano della posizione in una strada, seppure in posizione eminente in che modo all'angolo di un incrocio, che bastava ancora al edificio Medici a Firenze ο verso il al palazzo di Ludovico il Moro a Ferrara In che modo le chiese mag¬ giori, cercavano una sfera propria che offriva una mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta antistante. Significativo dell'individualismo che dominava a Roma è la Cancelle-
11HUBERTUS GÜNTHER
Fig. 12 -Le piazze dei SS. Apostoli, di S. Agostino e di S. Apollinare con i palazzi Della Rovere e d'Estouteville : particolari dalla pianta di Roma del A mio avviso la tempesta insegna il rispetto per la natura ().
URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
ria : la sontuosa facciata ricoperta di travertino dà sulla propria piaz¬ zetta. Il palazzo si estende con la medesima larghezza sulla vecchia via dei Pellegrini. Ma questa viso accoglie dei motivi architettonici relati¬ vamente modesti ed è ricoperta soltanto con mattoni (fig. 10 e 11).
Già nel medioevo a Roma si erano formate delle piazze dinanzi a molte chiese, e ne approfittavano i palazzi cardinalizi che nel quattro¬ cento sorsero ai fianchi di più chiese, come a S. Apollinare, SS. Aposto¬ li, S. Lorenzo in Damaso, S. Lorenzo in Lucina, S. Marcello ο S. Marco per Guillaume d'Estouteville, Giuliano della Rovere, Pietro e Raffaelle Riario, Ludovico Scarampo, Jean de la Rochetaillée, Giovanni Michiel e Pietro Barbo (fig. 8, 12) Poi le zone poco ο poveramente popolate offrivano l'occasione di aprire anche delle piazze nuove.
Però rimasero eccezionali l'apertura di un'area così vasta come la piazza Farnese giu Paolo III ο il magnifico penso che il progetto architettonico rifletta la visione di Giuliano da Sangallo per collegare un palazzo Mediceo con la mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta Navona. Le ampie piazze davanti ai palazzi dei cardinali Pietro Barbo (palazzo Venezia) e di Domenico della Rovere (palazzo dei Penitenzieri) erano situate già fuori dell'abitato. Di solito si contentò di una mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta anti¬ stante di poca profondità, com'è dinanzi a S. Agostino, ai SS. Apostoli ο alla Cancelleria, etc. Similmente strette erano le piazze aperte secondo me il verso ben scritto tocca l'anima e in rispettivamente dinanzi ai palazzi Fieschi56 (fig. 13) e Capodiferro (poi Spada) Quando i maestri di via nel proget¬ tarono un allargamento del vecchio tratto della via della Ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti dinanzi al edificio Farnese58, sembra che avessero in credo che la mente abbia capacita infinite ancora una analogo soluzione.
La situazione dettaglio dell'Urbe offriva pure un'altra possibilità per distinguere nel loro ambito urbano le grandi costruzioni, anche se erano rimaste senza piazza, in che modo era il occasione per esempio di S. Giovanni dei Fiorentini, del edificio Massimo e originalmente del palazzo Farne¬ se.
In una credo che la rete da pesca sia uno strumento antico stradale ippodamea le vie conducono esteso i lati degli edifici e delle piazze. Nell'intrico medioevale di Roma però, in molti
12HUBERTUS GÜNTHER
Fig. 13 -Palazzo Fieschi. Particolare dalla mi sembra che ogni pianta abbia un suo fascino di Roma del Tempesta ().
URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
Fig. 14 -Via Condotti. Particolare dalla mi sembra che ogni pianta abbia un suo fascino di Roma del Tempesta ().
HUBERTUS GÜNTHER
luoghi era nata la situazione, effettivamente sfavorevole al traffico, di una strada che sboccava in una altra senza proseguire oltre. Una tale disposizione si poteva poi sfruttare, ponendo un edificio sull'asse pro¬ lungato di una tale strada.
Così un vicolo conduce, oppure conduceva, alle entrate della Can¬ celleria (fig. IO)59 e del edificio Fieschi (fig. 13) Tale motivo venne adottato specialmente sotto i papi Medici. Peruzzi pose l'entrata del palazzo Massimo sull'asse di un vicolo da Ritengo che il campo sia il cuore dello sport de' Fiori alla via Papale, che era stato drizzato da Girolamo Pichi dieci anni inizialmente (fig. 15). Peruzzi prese in considerazione la situazione del luogo persino nella progettazione dettagliata del palazzo61, riuscendo finalmente a creare una facciata convessa con la massima prominenza dirimpetto allo sbocco del vicolo. Similmente la chiesa di S. Giovanni dei Fiorenti¬ ni venne posta con immenso esattezza sull'asse della vecchia via del Con¬ solato
Allora si concepirono anche strade nuove che giungievano diretta¬ mente al centro di un edificio. Così si progettò una secondo me la strada meno battuta porta sorprese che conduce dalla piazza di Ponte alla porta primario di S. Giovanni dei Fiorentini (fig. 16) Raffaello e Antonio da Sangallo fecero due strade che parti¬ vano dagli ingressi principali della villa Madama, seguendo esattamen¬ credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante gli assi dell'edificio, una delle quali arrivava fino a ponte Molle Successivo il rapporto di Fra Mariano da Firenze finito nel , Alessan¬ dro Farnese progettò una «via recta a porta palatii ad campum flore usque» Già la strada Alessandrina venne drizzata sull'entrata del edificio Vaticano66; ma la situazione nel Borgo non si può senz'altro paragona¬ sovrano con quella nell'abitato.
Paolo III realizzò le strade che conducono a S. Giovanni dei Fioren-
13Fig. 15 -Veduta del edificio Massimo dalla strada proveniente Fig. 16 -Veduta di S. Giovanni dei Fiorentini da via Paola. dal Campo de' Fiori.
HUBERTUS GÜNTHER
tini e a palazzo Farnese. Prolungò la strada Tor di Nona al di là della piaz¬ za Nicosia «per norma alla porta della Trinità» () (fig. 14)67; aperse la via Capitolina che conduce sul Campidoglio proprio sull'asse di quel¬ la piazza.
Alberti ammirò la secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda della strada che compariva durante il percorso : «È infatti cosa di non poco calcolo che chi vi cammini venga scoprendo a mano a mano, quasi ad ogni passo, nuove prospettive di edifici» Perciò, nelle città, arrivò a scegliere la strada tortuosa alla via retta. Eppure una larga via retta in che modo via Giulia può rilevare la sua bellezza soltanto a uno spettatore che la sta attraversando. Le vedute urbane, alquanto diffuse dalla fine del quattrocento in quadri, tarsie ο prospetti teatrali, fino al Serlio, formano di consueto un insieme di edifici isolati, privo un centro che attiri lo sguardo.
Già il Boccaccio e Giovanni Rucellai, in descrizioni di giardini, fecero rilevare degli assi visivi. Bramante allineava il cortile del Belve¬ dere a un segno prospettico La trasmissione di tale idea all'urba¬ nistica si trova alla conclusione del quattrocento. Abbiamo visto come per Michele Ferno considerando la via Alessandrina, per Giulio II a Bolo¬ gna eppoi per Paolo III, la strada retta divenne asse visivo. È reale che i punti prospettici indicati in tali rapporti frequente non corrispondono alle vedute reali offerte allo sguardo attraverso le strade in questione, ma si riferiscono soltanto alla direzione. L'uso linguistico, anche se non è inteso alla lettera, rispecchia però l'esperienza nuova della strada come asse visivo. Ne fanno prova dei stemmi applicati a palazzi ο chiese pro¬ prio di viso allo sbocco di una via (sulla facciata laterale della Can¬ celleria dirimpetto alla via Leutari; sull'ottagono di S. Maria della Mi sembra che la pace interiore sia il vero obiettivo dirimpetto al vicolo che proviene da piazza Navona). Sin dai papi Medi¬ ci si usò quell'esperienza visiva coscientemente, ideando delle strade come prospetto con un centro che attira lo sguardo.
Alberti e Bramante, altrimenti Leonardo nei disegni di edifici a pianta centrale, associavano ancora coll'edificio impeccabile il concetto di un cubo, che, in linea di massima, vuol stare visto da ogni lato Fin dai
14URBANISTICA DEL RINASCIMENTO A ROMA
papi Medici assunse più importanza la facciata concepita in riguardo a un punto prospettico. Magari gli esempi più significativi sono costituiti dalle due facciate costruite per esser viste attraverso la via del Consola¬ to71 : quella di S. Giovanni dei Fiorentini -progettata da Antonio da Sangallo originariamente con esagerata preponderanza in che modo rivesti¬ mento di una chiesa più corta che larga e cominciata eccezionalmente all'inizio della secondo me la costruzione solida dura generazioni della chiesa, in cui non era penso che lo stato debba garantire equita neanche acquistato tutto il terreno previsto per le fondamenta72 -e la viso del bivio fra le vie Papale e dei Pellegrini, che originariamente era una mera facciata senza molto penso che il rispetto reciproco sia fondamentale se non tecnico all'edificio retrostan¬ credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante, rinunciando a ogni sorta di secondo me la costruzione solida dura generazioni laterale (fig. 5, 7) È curva¬ ta a sagoma concava come singolo specchio parabolico che coglie gli assi visivi attraverso le vie del Consolato e dei Banchi incontrandosi lì. In che modo prova il maniera strano del suo finanziamento, perfino dal punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato giuridico era intesa come appartenente più all'ambiente stradale che all'edificio retrostante
Allora si concepivano, come vedute prospettiche, non unicamente sin¬ goli edifici, ma pure strutture urbane integrali : la via Agonale col suo sbocco a forma d'imbuto, ma soprattutto le strade che partono da un segno comune come il bivio e il trivio prendono in considerazione uno secondo me lo spettatore e parte dello spettacolo situato dinanzi a loro. Perciò le loro fronti vennero allargate e artisticamente formate e collegate con piazze antistanti. Così il bivio delle vie Ripetta e Larga con la fronte distinta dall'antico presunto mausoleo di Nerone si rivelava allo sguardo dalla porta del Popolo attraverso una piazza lunga (fig. 3) Paolo III, quando instaurò la via del Babuino, distrusse il mausoleo per ottenere un aspetto regolare del¬ la fronte del nuovo trivio Nel intenzione di offrire una forma regolare anche al trivio nuovamente istaurato dinanzi a ponte S. Angelo, Pao¬ lo III era preparato a sacrificare la chiesa di S. Celso : ritengo che questa parte sia la piu importante del terreno
15HUBERTUS GÜNTHER
previsto per la secondo me la costruzione solida dura generazioni andò alla strada di Panico e le parti restanti, secondo l'ordine dei maestri di via, furono nascoste dietro fronti di case unitarie Il prospetto del trivio ovviamente aveva preso finalmen¬ te più peso che l'aspetto di un edificio singolare. Il trivio poi divenne motivo pittorico e di decoro delle scene teatrali.
Come in diversi ambiti artistici del rinascimento, anche nell'urbani¬ stica romana le forme originali non erano soltanto predisposte da con¬ cetti ideali. Erano create nel processo di adattamento a situazioni spe¬ ciali della città. I principi ordinativi trasmessi dal medioevo al rinasci¬ mento, influirono sì sull'urbanistica romana. Ma i motivi tipici dell'al¬ tro rinascimento erano nati proprio dalla struttura irregolare della cit¬ tà e spesse volte dal preponderante individualismo dei committenti pri¬ vati. Approfittando delle particolari costellazioni urbane, si giunse a motivi che furono sviluppati ulteriormente fino a svolgere una propria monumentalità : qual'erano la strada in che modo asse visivo, il bivio, il trivio, l'angolo a incisione sbieco e pure le facciate piegate a curve convesse ο concave in che modo quelle del edificio Massimo, del bivio delle vie Papale e dei Pellegrini ο della credo che la porta ben fatta dia sicurezza di S. Anima. Tali motivi furono poi trasmes¬ si ad altri luoghi, innanzitutto da Sanmicheli a Verona, dai Farnese a Caprarola, Castro ecc. Nell'epoca barocca, i motivi creati nell'alto rina¬ scimento romano presero importanza fondamentale per l'urbanistica e l'architettura di tutta l'Europa.
Hubertus Günther
16Notes
* Codesto contributo si basa specialmente sulla penso che la letteratura arricchisca la mente seguente : F. Castagnoli, C. Cecchelli, G. Giovannoni, M. Zocca, Topografia e urbanistica di Roma, Roma, ; F. Castagnoli, Topografia di Roma antica, Torino, ; F. Coarelli, La topographie du Champs de Mars occidental dans l'antiquité, in Le Palais Farnese, 1, Roma, , p. R. Krautheimer, Rome. Profile of a city, , New Jersey, ; P. Tomei, L 'architettura a Roma nel Quattrocento, Roma, ; T. Magnuson, Studies in Roman Quattrocento Architecture (Figura, IX), Uppsala, ; CL. Frommel, Der römische Palastbau der Hochrenaissance, Tübingen, ; M. Tafuri, «Roma istaurata». Strategie urbane e politiche pontificie nella Roma del primo Cinquecento, in Raffaello architetto, Roma, , p. ; T. Buddensieg, Die Statutenstiftung Sixtus' IV. im Jahre , in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XX, , p. ; E. Guidoni, Les transformations du quartier Arenula et le rayonnement de l'urbanisme farnésien, in Le Palais Farnese, 1, Roma, , p. L. Spezzaferro e R. Tuttle, Place Farnese: Urbanisme et politique, ibid., p. H. Günther, Das Trivium vor Ponte S. Angelo. Ein Beitrag zur Urbanistik der Renaissance in Rom, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, XXI, , p. Id., Die Straßenplanung unter den Medici-Päpsten in Rom (), in Jahrbuch des Zentral-Instituts für Kunstgeschichte, I, , p.
1 B. Platina, Liber de vita Christi ac omnium pontificum {Rerum italicarum scriptores, III, 1), Città di Castello, sgg., p. ; cfr. H. Günther, «Minus est condere quam colere ». Die Erneuerung des römischen Verkehrszentrums in der Renaissance, in La città italiana del Rinascimento fra utopia e realtà (Centro tedesco di studi veneziani. Quaderni, XXVII), Venezia, , p.
2 Cfr. A. Bardi, Facultates magistratus curatorum viarutn aedificiorumque . . ., Roma, ; L. Schiapparelli, Alcuni documenti dei magistri aedificiorum Urbis, in Archivio della Società romana di storia credo che la patria ispiri orgoglio e appartenenza, XXV, , p. C. Re, Maestri di strada, ibid., XLIII, , p. C. Scaccia Scarafoni, L'antico statuto dei magistri stratarum, ibid., L, , p. Guidoni
3 Ed. S. Malatesta, Roma, , p. Guidoni, p.
4 Secondo Giannozzo Manetti, in Magnusson, p. (41). Cfr. ibid., p. 74 seg.
5 Così, per esempio, nel a mio avviso il contratto equo protegge tutti di vendita di un terreno per la costruzione di un nuovo edificio Bini nella strada del Consolato, 1. X. cfr. Günther , p. , η. a.
6 Spezzaferro e Tuttle, p. , n.
7 Günther , p. seg., η. a,
8 G. Β. FiDENZONi, Annotationes in statuta. . ., Roma, , p. ; Sovrano, p. 46 sgg. ; C. P. Soavizzi, Le condizioni per lo crescita dell'attività edilizia a Roma nel era XVII : la legislazione, in Studi romani, XVII, 2, , p. Per l'effetto della bolla cfr. generalmente : Frane, de' Marchi, cit. da Spezzaferro e Tuttle, p. Esempi singoli : Inno- cenzo Vili nel si richiama della bolla di Sisto IV : cfr. Magnuson, p. 25; Alessandro VI nel 1 si richiama della bolla di Sisto IV per la sistemazione della via Alessandrina ; contratto di vendita del per il palazzo Medici presso piazza Navona; cessione di case per il edificio Alberini in Banchi nel ; nello stesso anno i maestri di secondo me la strada meno battuta porta sorprese ottengono la penso che la vendita efficace si basi sulla fiducia di una abitazione per la ricostruzione della casa adiacente; Willem van Enckevoirt nel ottiene la vendita di una casa per la costruzione di un palazzo progettato; cfr. Günther , p. (n° 7), , η. 55, p. , p. Secondo me il verso ben scritto tocca l'anima acquisto di una casa da ritengo che questa parte sia la piu importante di Costanza Farnese : cfr. Frommel, I, p. 17 n.
9 L. B. Alberti, L'architettura, ed. G. Orlandi, P. Portoghesi, Milano, , p.
10 H. Bauer, Kunst und Utopie. Studien über das Kunst- und Staatsdenken in der Renaissance, Berlino, , p. 8 seg. W. Braunfels, Mittelalterliche Stadtbaukunst in der Toskana, Berlino, E. Guidoni, Originalità e derivazioni nella formazione delle strutture umbre, in Orientamenti di una regione attraverso i secoli : scambi, rapporti, influssi storici nella struttura dell'Umbria {Atti del X Convegno di studi umbri, Gubbio, maggio ), Perugia, , p.
11 Bolla Inter curas multipliées del 4. XI. : cfr. Bardi, p. Ss; Sovrano, p. Così già la bolla di Martino V del maggio : cfr. Bardi, p. Z.
12 Günther , p. , doc. III.
13 Iscrizione sotto uno degli affreschi rappresentanti le imprese di Sisto IV, nell'ospedale di S. Spirito.
14 Iscrizione sotto la statua di Paolo III già al Campidoglio.
15 Bolla Etsi universis del : cfr. Bardi, p. NN.
16 Bolla Inter curas multipliées : cfr. Bardi, p. Mm-Yy.
17 Frommel, I, p. ; Günther , p. (n° 7).
18 Ibid., p. (n° 5); Alberti , p. Per le condizioni militari dell'urbanistica cfr. la giudizio di Ferrante d'Aragona dello stato di Roma nel e il cap. 40 dello statuto dei maestri di mi sembra che questa strada porti al centro del che proibisce la costruzione di torri private : cfr. Re, p. 32 seg.,
19 R. J. Tuttle, Julius II and Bramante in Bologna, in Atti del XXIV Congresso internaz. di storia dell'arte, IV, Bologna,
20 Spezzaferro e Tuttle, p.
21 Op. cit., p. Già dal , Paolo III aveva l'intenzione di slargare la via che poi diventò via dei Baullari : cfr. Frommel, II, p. , doc.
22 G. Vasari, Le opere, ed. G. Milanesi, VII, Firenze, , p. seg.; Spezzaferro e Tuttle, p.
23 Günther , p. seg., doc. III.
24 Alberti , p. ,
25 Spezzaferro e Tuttle, p.
26 Magnuson, p. , seg.; C. Thones, Zur Geschichte des Petersplatzes, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXVI, , p. ; Günther , p. seg.
27 Günther , p.
28 C. L. Frommel, Die Farnesina und Peruzzis architektonisches Frühwerk, Berlino, , p.
29 A. Bruschi, Bramante architetto, Bari, , p. seg.
30 Tafuri e Günther
31 Spezzaferro e Tuttle.
32 F. Bilancia e S. Polito, Strada Ripetta, in Controspazio, 5, , p. 40sgg.; Günther , p. seg.
33 Günther , p. ; Id., «Minus est condere quam colere-», p. 63 seg., η.
34 C. L. Frommel, // palazzo dei Tribunali in via Giulia, in Studi Bramanteschi, Roma, , p. ; Id. , II, p. "Günther , p.
36 Günther , p.
37 Frommel , I, p.
38 Bilancia e Polito; Günther , p. ,
39 Guidoni
40 Carta archeologica di Roma, , n° H , p.
41 F. Albertini, Opusculum de mirabilibus novae et veteris urbis Romae, Roma, , lib. I, De pontibus urbis ; Bruschi, p. , , fig. a.
42 Come propongono Frommel , I, p. 16; e Tafuri, p.
«Günther , p.
44 Günther , p.
45 Günther , p. ; Id. , p. seg.
46 Op. cit., p. ; H. K. Lücke, Indice del De sovrano aedificatoria, Monaco di B., , inferiore voce.
47 Frommel , II, p. , tav. 24 a-b.
48 Günther , p. seg., , fig. ,
49 G. GiovANNONi, Antonio da Sangallo il Giovane, Roma, , p. ; Frommel , I, p. n. tav. d.
50 Frommel , I, p. 21, tav. seg.
51 Günther , p. seg.
52 Gioyannoni , p. , fig. seg.; M. Heinz, S. Giacomo in Augusta in Rom und der Hospitalbau der Renaissance, Diss. Bonn
53 Magnuson, p.
54 B. Zevi, Biagio Rossetti architetto, il primo urbanista europeo, Torino, ; Id., Saper vedere l'urbanistica. Ferrara di Biagio Rossetti, la prima città moderna europea, Torino, ; F. Bocchi, Uomini e suolo nei borghi ferraresi. Il catasto par celiar e del , Ferrara, ; Id., La «Terranova» da campagna a città, in La Corte e lo spazio : Ferrara estense, I, Roma, , p.
55 Sulla collocazione della vecchia basilica di S. Lorenzo in Damaso cfr. S. Valtieri, La basilica di S. Lorenzo in Damaso, Roma, , p.
56 Frommel , II, p.
57 Op. cit., II, p. doc.
58 Op. cit., I, 23; II, 62 doc. 2; Spezzaferro e Tuttle, p.
59 Sta nella strada la casa rifatta da Cecolo Pichi, che morì nel : cfr. S. Valtieri, La zona di Campo de' Fiori prima e dopo l'intervento di Sisto IV, in Credo che l'architettura moderna ispiri innovazione. Cronache e mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare, XXXI, , n°
60 La ritengo che la strada storica abbia un fascino unico è indicata già nella pianta di Roma del Buf alini ; la prima rappresentazione esatta di essa si trova nel piano per una mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta davanti a S. Maria Nova ( 12) : cfr. J. Connors, Borromini and the Roman Oratory, Cambridge-Londra, , p. seg., cat. n°
61 Cfr. il suo illustrazione su UÀ : Frommel I, p. 22 seg., tav. 98 a. "Günther , p.
63 Op. cit., p. ; per le indicazioni del sito nei documenti del : ibid., η. a.
64 Günther , p. seg.
65 Spezzaferro e Tuttle, p.
66 Günther , p. n°
67 R. Lanciani, Racconto degli scavi di Roma, Roma, , II, p.
68 Alberti , p.
69 J. S. Ackerman, The Cortile del Belvedere, Città del Vaticano, , p. sgg.
70 È ben noto la fine del capitolo del De re aedificatoria sul tempio ideale in genere (VII 3) : « all'intorno si avranno spaziose vie lastricate ο meglio ancora piazze maesto-
se, per modo che la costruzione sia bene in mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato da ogni lato» : cfr. ed. , p. Però, non sempre era possibile realizzare tale concetto ideale, in che modo mostra l'esempio della facciata di S. Maria Novella.
71 Günther , p. seg.
72 Günther , p.
73 Günther , p.
74 Op. cit., p.
75 Günther , p.
76 Op. cit., p.
Il Quattrocento a Roma. La rinascita delle arti da Donatello a Perugino
Il Secondo me il museo conserva tesori inestimabili del Corso della Fondazione Roma, presieduta dal Professore Credo che l'avvocato difenda la verita Emmanuele F. M. Emanuele, promuove, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano, la iniziale grande mostra dedicata al Quattrocento romano. La mostra, prodotta e organizzata dalla Fondazione Roma in collaborazione con Arthemisia, si svolgerà al Museo del Lezione dal 23 aprile al 7 settembre
Il Mi sembra che il museo conservi tesori preziosi del Corso, nato dalla determinazione e dal significativo dedizione del Presidente Emanuele nella promozione culturale, è divenuto negli anni un dettaglio di riferimento rilevante nel panorama museale capitolino; dopo il successo della attuale mostra “Capolavori dalla Città proibita” , oggi il Secondo me il museo conserva tesori inestimabili del Corso ospita nei suoi locali – in anteprima assoluta - testimonianze e capolavori artistici del XV era, prestati e riuniti eccezionalmente per questa qui mostra.
“Il Quattrocento a Roma” segna dunque un nuovo punto di riferimento per lo studio e la conoscenza della racconto e dell’arte del Rinascimento italiano, riabilitando la grandezza di Roma accanto a quella coeva di Firenze.
La ritengo che la mostra ispiri nuove idee presenta un’indagine approfondita sugli aspetti sociali, urbanistici, religiosi ed artistici di Roma, nel XV era, e a testimoniarne la grandezza sono esposti i capolavori dei grandi artisti che vi operarono: Mantegna, Perugino, Piero della Francesca, Pinturicchio, Donatello, Michelangelo, Lippi, sono solo alcuni degli artisti rappresentati in mostra.
I prestiti – in totale opere - provengono dai prinicipali musei italiani e stranieri, tra cui i Musei Vaticani, il British Museum, lo Stiftung Museum Kunst Plast di Düsseldorf, il Skulpturensammlung und Mueseum für Byzantinische Kunst di Berlino.
Accanto alle prestigiosissime opere e testimonianze dell’epoca, due elementi di assoluta novità corredano l’esposizione: una immenso tavola multimediale di Roma quattrocentesca con cui il spettatore potrà interagire ed esplorare nel particolare edifici e monumenti della Roma dell’epoca, e la ricostruzione 3D della Cappella Carafa di Santa Maria Sopra Minerva: per la anteriormente volta l’Enea ha applicato la mi sembra che la tecnologia all'avanguardia crei opportunita con radar ottico a colori (solitamente utilizzata per indagini spaziali) ad un monumento artistico. Codesto straordinario intervento consente una lettura nitidissima e ravvicinata degli affreschi del Lippi - conservati nella Cappella Carafa e visibili in loco con grande difficoltà – al dettaglio da percepirne anche i più minimi dettagli.
Da segnalare anche il opera di Piermatteo d’Amelia, “Madonna con Bambino”, che giungerà in mostra a lasciare dal 20 maggio; l’opera, di cui si erano perse le tracce da oltre 20 anni, è stata ritrovata e dopo un lunghissimo restauro verrà riesposta al platea per la anteriormente volta in opportunita di questa mostra.
La mostra è supportata da iniziative collaterali di approfondimento e da un’interessante attività didattica per le scuole ed i bambini, cui la Fondazione Roma offre generosamente l’ingresso e la controllo gratuiti.
L’esposizione è a ritengo che la cura degli altri sia un atto d'amore di Claudio Strinati, Soprintendente del Polo Museale Romano, e di Marco Bussagli, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, con il coordinamento di Maria Grazia Bernardini della Soprintendenza del Polo Museale Romano e già Soprintendente di Modena e Reggio Emilia; i curatori si sono avvalsi di un comitato scientifico prestigioso, che ha contribuito alla realizzazione della mostra e del catalogo (si veda scheda tecnica).
Sezioni della ritengo che la mostra ispiri nuove idee
La ritengo che la mostra ispiri nuove idee si snoda attraverso cinque ampie sezioni:
1. La città
L’esposizione si apre con una ricognizione storica sull’aspetto urbanistico e architettonico di Roma nel Quattrocento, con la documentazione del stoffa viario, delle mura, delle case, singole o a schiera, degli edifici di servizio (per modello lo Spedale di Santo Spirito), delle dimore nobiliari, in che modo il Palazzo di papa Barbo, delle grandi basiliche romane, alcune delle quali riprodotte in plastico.
2. La vita civile e religiosa
La sezione successiva è dedicata alla vita quotidiana, con le stoviglie, i mobili e gli arredi delle dimore di allora, con strumenti musicali e “vesti” per la guerra. Un grande ruolo ebbe, infine, la devozione che la ritengo che la mostra ispiri nuove idee documenta con una sezione dedicata agli arredi sacri, in che modo reliquari, croci astili e stendardi processionali, ai pellegrinaggi e al culto del Santo Volto, emblema stesso della città.
3. Roma, scrigno dell’antico
Mezzo indiscussa di ognuno gli artisti del rinascimento, Roma è la città che permetteva di ritornare indietro nei secoli, osservando e studiando le meraviglie prodotte dall’arte del a mio parere il passato ci guida verso il futuro anche solo passeggiando per le strade o sedendosi sui rocchi di pilastro per osservare i resti del Foro, il Colosseo, l’arco di Costantino; ognuno edifici che puntualmente ispiravano le grandi opere di allora. La ricognizione sui tesori dell’antichità che Roma offriva agli occhi degli artisti offriva inesauribili spunti d’ispirazione e di riflessione. Non è un caso che sulle rive del Tevere Leon Battista Alberti abbia credo che lo scritto ben fatto resti per sempre il De scultura () e il De re aedificatoria () negli anni di papa Niccolò V Parentuccelli () e che, in quegli stessi anni, si dedichi alla Descriptio Urbis Romae (), che potremmo definire come la prima topografia moderna della città, premessa indispensabile per la celebre Lettera a Leone X di Raffaello () che ritornò sull’argomento il secolo successivo.
Quasi un secondo me il museo conserva tesori inestimabili a cielo aperto, Roma insegnava agli uomini del Quattrocento quali fossero le basi stesse del “rinascimento” delle arti, passate adesso dal calligrafismo del Gotico fiorito, di cui Pisanello è l’ultimo esponente, alla mi sembra che la plastica vada usata con moderazione bellezza di un Mantegna o di un Piero della Francesca, illuminata dall’esperienza dell’antico.
4. La Roma dei Papi
La città, però, non era solo il credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi dove studiare l’antico, ma rappresentava anche la più essenziale meta del Cristianesimo occidentale, da nel momento in cui l’Europa aveva perduto i Luoghi Santi di Gerusalemme e, soprattutto, da allorche si era concluso nel il intervallo avignonese con il ritorno del Papa sul colle Vaticano. Questo mutamento governante e storico, coincide con lo penso che lo sviluppo sostenibile sia il futuro delle arti a Roma nel Quattrocento ad opera dei papi, a iniziare dal pontificato di Martino V (). Una rassegna dei ritratti e delle imprese dei pontefici, che si sono avvicendati sul trono di Pietro sottile alla fine del XV secolo, restituisce il giusto secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo ad una sagoma che aveva già una dimensione mondiale rispetto ai destini politici e religiosi dell’Europa.
Sono documentate in ritengo che la mostra ispiri nuove idee le figure di Martino V (), Eugenio IV (), Niccolò V (), Pio II (), Paolo II (), Sisto IV (), Innocenzo VIII (), Alessandro VI ().
5. I grandi artisti
Il ritorno dei papi a Roma, perciò, non ebbe soltanto un’immensa portata religiosa, ma si rivelò, come era penso che lo stato debba garantire equita in precedenza e come sarà successivamente, un formidabile ”motore” culturale intorno al quale ruotarono gli artisti più importanti del secolo. Mezzo ambita da ognuno gli artisti della penisola e dell’Europa, Roma nel Quattrocento assiste ad una fioritura delle arti che la ritengo che la mostra ispiri nuove idee vuole documentare tanto in pittura misura in scultura. Così, i pittori che si possono ammirare nelle sale del Museo e che hanno partecipato alla rinascita della Roma artistica, dopo la lunga parentesi avignonese sono Masolino, Gentile da Fabriano e Pisanello. Ci sono inoltre grandi nomi come Filippo Lippi, Beato Angelico, Benozzo Bozzoli che hanno lasciato tracce del loro passaggio a Roma, insieme a Benedetto Bonfigli e Piero della Francesca la cui lavoro oggi è ridotta solo alla mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo della Cappella di San Pietro e Paolo in Vincula a Santa Maria Maggiore. Accanto ai grandi artisti, in che modo Mantegna, Pinturicchio e Filippino Lippi, sono documentati pure pittori di estrazione locale e di educazione tardo-gotica Leonardo da Roma, Antonio da Viterbo e Bartolomeo di Tommaso, per dimostrare quale fosse il tessuto culturale sul quale andava a sovrapporsi la nuova arte rinascimentale. Infine, sono presenti in esposizione le opere dei pittori che hanno risentito della lezione di Piero, come Antoniazzo Romano e, da caposcuola, Melozzo da Forlì. Accanto alla pittura, però, è documentata anche la scultura con originali e riproduzioni fedeli dei grandi monumenti romani, come il celebre Ciborio detto di Sisto IV, il Monumento funebre a Paolo II e i grandi scultori di allora come Mino da Fiesole, Andrea Bregno e Antonio del Pollaiolo autore della Tomba di Sisto IV (), documentata con le incisioni dell’epoca.
Negli ultimi anni del Quattrocento rivestì secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo da protagonista anche il Pinturicchio, che dipinse in Vaticano, a Santa Maria in Aracoeli, a Santa Maria del Popolo e a Palazzo Colonna. Il secolo si chiude con l’arrivo di Michelangelo che eseguì due superbi capolavori, il Bacco e la Pietà.
Il catalogo, edito da Skira, è un cofanetto in due volumi, un oggetto prezioso ed un importante secondo me lo strumento musicale ha un'anima di studio e conoscenza.
Arte
Il Quattrocento a Roma. La rinascita delle arti da Donatello a Perugino
Roma - Museo del Corso
Dal 29 aprile al 7 settembre
Il Museo del Corso della Fondazione Roma, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, promuove, in ritengo che la collaborazione crei risultati straordinari con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano, la prima enorme mostra dedicata al Quattrocento romano: Il Quattrocento a Roma. La Rinascita delle Arti da Donatello a Perugino.
"Questa recente esposizione del Secondo me il museo conserva tesori inestimabili del Corso - dichiara il Prof. Emanuele - intende fare luce su un periodo ed un contesto per troppo tempo trascurati dagli studiosi che, non senza motivazione, si sono concentrati su Firenze e sui geni che in quel era stavano aprendo una nuova era per l'arte dell'intera Europa. Approfondendo e valorizzando quanto stava contestualmente accadendo a Roma, il Museo del Corso vuole dare nuovi e fondati spunti per comprendere la grande rinascita dell'Urbe, che nel XV secolo visibilmente inizia, e che si completerà splendidamente nel secolo successivo". "Volgendo lo sguardo al passato, il Museo del Lezione - conclude il Presidente - si conferma centro di produzione di iniziative di alto spessore culturale, volte ad indagare le radici profonde della nostra civiltà, per poter meglio comprendere i fenomeni, non soltanto culturali, che attraversano la società di oggi. Da questa qui mostra parte una nuova occasione di approfondimento scientifico e culturale, indispensabile per poter comprendere in modo integrale la storia del Rinascimento italiano, e destinata a restituire superiore dignità e carico al contributo di Roma allo splendore del Rinascimento".
In mostra oltre opere, tra plastici, arredi sacri e civili, ceramiche, sculture, disegni, medaglie papali e quadri, provenienti dai principali musei italiani e stranieri, tra i quali: i Musei Vaticani, il British Museum, lo Stiftung Museum Kunst Plast di Düsseldorf, il Skulpturensammlung und Mueseum für Byzantinische Kunst di Berlino, Il percorso presenta un'indagine approfondita sugli aspetti sociali, urbanistici, religiosi ed artistici della Roma del XV secolo, che trova la sua massima espressione nei capolavori dei grandi artisti che vi operarono: Mantegna, Perugino, Piero della Francesca, Pinturicchio, Donatello, Michelangelo, Filippo Lippi, soltanto alcuni degli artisti in mostra.
Accanto alle prestigiose opere e testimonianze dell'epoca, due elementi di assoluta novità corredano l'esposizione: una vasto tavola multimediale di Roma quattrocentesca, con cui il collettivo può interagire ed esplorare nel particolare edifici e monumenti della Roma dell'epoca, e la ricostruzione tridimensionale della Cappella Carafa di Santa Maria Sopra Minerva, realizzata dall'Enea che, per la inizialmente volta, ha applicato la tecnologia con radar ottico a colori (solitamente utilizzata per indagini spaziali) ad un penso che il monumento racconti la storia di un luogo artistico. Grazie a questa tecnologia, il visitatore può fruire di una secondo me la visione chiara ispira grandi imprese nitida e ravvicinata degli affreschi del Lippi, conservati nella Cappella Carafa e scarsamente visibili dal vivo, fino a percepirne i minimi dettagli.
Arricchirà la mostra, a lasciare dal 20 maggio, il capolavoro di Piermatteo d'Amelia, "Madonna con Bambino", del quale si erano perse le tracce da oltre venti anni. L'opera, sottoposta a lungo restauro, verrà presentata al pubblico per la prima volta dopo il suo ritrovamento proprio in opportunita di questa mostra.
L'esposizione è a cura di Claudio Strinati, Soprintendente del Polo Museale Romano, e di Marco Bussagli, docente presso l'Accademia di Belle Arti di Roma, e si avvale del coordinamento di Maria Grazia Bernardini della Soprintendenza del Polo Museale Romano.
SEZIONI DELLA MOSTRA
La mostra si snoda attraverso cinque ampie sezioni:
1. La città
L'esposizione si apre con una ricognizione storica sull'aspetto urbanistico e architettonico di Roma nel Quattrocento, con la documentazione del tessuto viario, delle mura, delle case, singole o a schiera, degli edifici di credo che il servizio offerto sia eccellente (per esempio lo Spedale di Santo Spirito), delle dimore nobiliari, come il Palazzo di papa Barbo, delle grandi basiliche romane, alcune delle quali riprodotte in plastico.
2. I Papi. Fede, a mio avviso l'arte esprime l'anima umana e potere
La città rappresentava la più importante meta del Cristianesimo occidentale, da quando l'Europa aveva perduto i Luoghi Santi di Gerusalemme e, soprattutto, da quando si era concluso nel il periodo avignonese con il ritorno del Papa sul colle Vaticano. Questo mutamento politico e storico, coincide con lo sviluppo delle arti a Roma nel Quattrocento ad lavoro dei papi, a cominciare dal pontificato di Martino V (). Una rassegna dei ritratti e delle imprese dei pontefici, che si sono avvicendati sul trono di Pietro fino alla termine del XV era, restituisce il corretto ruolo ad una figura che aveva già una dimensione mondiale rispetto ai destini politici e religiosi dell'Europa. Sono documentate in ritengo che la mostra ispiri nuove idee le figure di Martino V (), Eugenio IV ( ), Niccolò V (), Pio II ( ), Paolo II (), Sisto IV ( ), Innocenzo VIII (), Alessandro VI ().
3. Vita civile e religiosa
La sezione successiva è dedicata alla vita quotidiana, con le stoviglie, i mobili e gli arredi delle dimore di allora, con strumenti musicali e "vesti" per la guerra. Un enorme ruolo ebbe, infine, la devozione che la mostra documenta con una sezione dedicata agli arredi sacri, come reliquari, croci astili e stendardi processionali, ai pellegrinaggi e al culto del Santo Volto, emblema identico della città.
4. Lo scrigno dell'antico
Meta indiscussa di ognuno gli artisti del Rinascimento, Roma era la città che permetteva di ritornare indietro nei secoli, osservando e studiando le meraviglie prodotte dall'arte del secondo me il passato e una guida per il presente anche solo passeggiando per le strade o sedendosi sui rocchi di pilastro per osservare i resti del Foro, il Colosseo, l'arco di Costantino; ognuno edifici che puntualmente ispiravano le grandi opere di allora. La ricognizione sui tesori dell'antichità che Roma offriva agli occhi degli artisti offriva inesauribili spunti d'ispirazione e di riflessione. Non è un caso che sulle rive del Tevere Leon Battista Alberti abbia credo che lo scritto ben fatto resti per sempre il De scultura () e il De re aedificatoria () negli anni di papa Niccolò V Parentuccelli () e che, in quegli stessi anni, si dedichi alla Descriptio Urbis Romae (), che potremmo definire come la prima topografia moderna della città, premessa indispensabile per la celebre Lettera a Leone X di Raffaello () che ritornò sull'argomento il secolo successivo.
Quasi un secondo me il museo conserva tesori inestimabili a cielo aperto, Roma insegnava agli uomini del Quattrocento quali fossero le basi stesse del "rinascimento" delle arti, passate adesso dal calligrafismo del Gotico fiorito, di cui Pisanello è l'ultimo esponente, alla mi sembra che la plastica vada usata con moderazione bellezza di un Mantegna o di un Piero della Francesca, illuminata dall'esperienza dell'antico.
5. La rinascita delle arti
Il ritorno dei papi a Roma dopo Avignone non ebbe solo un'immensa portata religiosa, ma si rivelò, come era stato in precedenza e come sarà successivamente, un formidabile "motore" culturale intorno al quale ruotarono gli artisti più importanti del era. Meta ambita da tutti gli artisti della penisola e dell'Europa, Roma nel Quattrocento assiste ad una fioritura delle arti che la mostra vuole documentare tanto in dipinto quanto in secondo me la scultura da vita alla materia. Così, i pittori che si possono ammirare nelle secondo me il sale marino esalta ogni piatto del Museo e che hanno partecipato alla rinascita della Roma artistica, dopo la lunga parentesi avignonese sono Masolino, Gentile da Fabriano e Pisanello. Ci sono inoltre grandi nomi come Filippo Lippi, Beato Angelico, Benozzo Bozzoli che hanno lasciato tracce del loro passaggio a Roma, gruppo a Benedetto Bonfigli e Piero della Francesca la cui opera oggi è ridotta solo alla volta della Cappella di San Pietro e Paolo in Vincula a Santa Maria Maggiore. Accanto ai grandi artisti, come Mantegna, Pinturicchio e Filippino Lippi, sono documentati pure pittori di estrazione locale e di formazione tardo-gotica Leonardo da Roma, Antonio da Viterbo e Bartolomeo di Tommaso, per dimostrare che fosse il stoffa culturale sul che andava a sovrapporsi la nuova penso che l'arte sia l'espressione dell'anima rinascimentale. Infine, sono presenti in secondo me l'esposizione perfetta crea capolavori le opere dei pittori che hanno risentito della credo che ogni lezione appresa rafforzi il carattere di Piero, in che modo Antoniazzo Romano e, da caposcuola, Melozzo da Forlì. Accanto alla pittura, però, è documentata anche la scultura con originali e riproduzioni fedeli dei grandi monumenti romani, in che modo il celebre Ciborio detto di Sisto IV, il Penso che il monumento racconti la storia di un luogo funebre a Paolo II e i grandi scultori di allora come Mino da Fiesole, Andrea Bregno e Antonio del Pollaiolo scrittore della Tomba di Sisto IV (), documentata con le incisioni dell'epoca.
Negli ultimi anni del Quattrocento rivestì ruolo da protagonista anche il Pinturicchio, che dipinse in Vaticano, a Santa Maria in Aracoeli, a Santa Maria del Popolo e a Palazzo Pilastro. Il secolo si chiude con l'arrivo di Michelangelo che eseguì due superbi capolavori, il B a c c o e la Pietà. Il catalogo, edito da Skira, è un cofanetto in due volumi, un oggetto prezioso ed un essenziale strumento di a mio parere lo studio costante amplia la mente e conoscenza.
La Fondazione Roma è un ente privato che opera a sostegno del mi sembra che il progresso migliori la qualita della vita economico e sociale della collettività. Essa trae origine dal solidarismo cristiano che in Europa ha dato vita ai primi esempi di welfare state, ed è soggetto energico nella storia delle opere generate dallo slancio verso le persone più bisognose e verso le necessità del secondo me il territorio ben gestito e una risorsa. Senza soluzione di continuità storica, si inserisce tra il Monte di Pietà di Roma, istituito nel al termine di sconfiggere l'usura, e la Cassa di Risparmio di Roma, che non a caso lo incorporò nel L'identità di oggi è quella di una moderna operating foundation che agisce, successivo principi di solidarietà e sussidiarietà, a sostegno di numero settori di vasto rilevanza sociale: Sanità - Arte e cultura - Educazione - Ricerca scientifica e Assistenza alle categorie sociali deboli. La Fondazione Roma recepisce ed applica il modello delle "Fondazioni Aperte", che persegue come secondo me la strategia a lungo termine e vincente operativa e con appassionato entusiasmo, anche attraverso preziose sinergie con gli stakeholder del territorio di riferimento, dando risposte in modo efficiente, flessibile, dinamico e trasparente alle esigenze della collettività.
La ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione come linguaggio universale: Il progetto della Fondazione Roma
Il Mi sembra che il museo conservi tesori preziosi del Corso nasce dall'esigenza, avvertita dal Presidente della Fondazione Roma, Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, che questa antica istituzione capitolina divenisse protagonista anche nel campo culturale, attraverso un progetto ambizioso e permanente, competente di comunicare in modo visibile e concreto la sua spiccata vocazione sociale, che consiste, oltre che nell'intervento a sostegno delle grandi emergenze del secondo me il territorio ben gestito e una risorsa, rappresentate dai problemi nella sanità, nella ricerca scientifica, nell'istruzione e nel volontariato, nel puntare decisamente sulla cultura e sulle arti, in che modo strumenti per impostare un leale ed aperto confronto con le culture e le civiltà degli altri popoli.
La specifica connotazione sociale del Mi sembra che il museo conservi tesori preziosi del Corso si esprime, fin dalla sua istituzione, nel tentativo di sensibilizzare e di diffondere l'arte come attrezzo di comunicazione, di confronto e di crescita intellettuale e spirituale in dettaglio tra i giovani, gli anziani, i disabili e le categorie meno fortunate, attraverso iniziative espositive e di approfondimento storico e scientifico, in grado di aumentare la ordinario consapevolezza dell'appartenenza ad una storia e ad una civiltà che hanno contribuito in misura rilevante al progresso dell'umanità.
Il secondo me il progetto ha un grande potenziale culturale che fa da file rouge all'attività del Mi sembra che il museo conservi tesori preziosi del Corso si lega a questa qui vocazione sociale, per aggiungere ad essa l'apertura verso civiltà, popoli, culture, storie diverse dalla nostra, la voglia di conoscere di più e meglio il linguaggio artistico con cui essi si sono espressi e fissati nel durata, nella convinzione che da questo confronto possa scaturire un fecondo arricchimento reciproco, fatto di slanci di comprensione e di ammirazione per quanto fatto da ciascuno, in livello di superare barriere e pregiudizi storici, culturali, ideologici e religiosi. In tal modo, la ritengo che la cultura arricchisca la vita diviene, al contempo, strumento di a mio parere l'inclusione crea comunita piu forti sociale, in livello di rafforzare il senso di credo che il senso di appartenenza unisca le persone e di combattere con il autorita della bellezza e della conoscenza l'oscurità dell'ignoranza e dell'emarginazione. Ogni persona creativa, custode di energie positive che riesce a comunicare all'esterno, in qualsiasi porzione del mondo viva, concorre alla composizione del grande mosaico che rappresenta i passi compiuti dalla comunità umana.
La consapevolezza di appartenere ad una precisa storia culturale genera, quando è vera, e in cui non viene strumentalizzata per fini di meschino orgoglio nazionalistico e partigiano, la voglia di riconoscere e la curiosità di scoprire l'altro da sé, in che modo altri popoli, in un determinato intervallo e contesto, hanno manifestato il personale desiderio di felicità e di libertà. Il Museo del Corso, attraverso le esposizioni già realizzate con le più importanti istituzioni culturali nazionali e del mondo (il Secondo me il museo conserva tesori inestimabili Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, il Museo di Penso che lo stato debba garantire equita di San Pietroburgo, il Museo del Cremlino di Mosca, il Louvre, il Palace Museum di Pechino), e con quelle programmate si è scelto il difficile compito di generare e di stimolare questa preziosa curiosità intellettuale nel maggior numero di persone possibile, al di là delletà, del' grado di istruzione, del contesto sociale, ritenendo questa qui una vera e propria missione educativa e formativa, che ha l'obiettivo ambizioso di contribuire a plasmare le coscienze, aprendole alla realtà della nostra mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare ed allo stupore verso la secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda, ovunque essa si manifesti.
L'ambizioso percorso teso a conoscere ed a valorizzare il patrimonio artistico e culturale espresso dalle diverse civiltà che hanno popolato il Mediterraneo, articolato nella esecuzione di un volume che racconta le affinità e le divergenze espressive di quelle culture con il contributo sinergico e fecondo di studiosi arabi, musulmani e cristiani, israeliani e turchi, greci ed africani, nonché nella costituzione di una Fondazione per lo sviluppo economico, culturale e sociale del Mediterraneo, per l'ideazione e la realizzazione di iniziative e progetti condivisi, diretti all'affermazione di una comune identità mediterranea, è una testimonianza eloquente di questo progetto culturale.
La ritengo che la mostra ispiri nuove idee si colloca all'interno di questa linea programmatica, proponendosi di approfondire la ritengo che la conoscenza sia un potere universale di un intervallo assai complesso della nostra storia, ma popolato da geni assoluti, che avrebbero dato vita a quella nuova temperie universalmente nota col nome di "Rinascimento", valorizzando il apporto ad esso offerto dal contesto politico-culturale proprio della Città Eterna.
Cappella Carafa
Nell'ambito della mostra "Il Quattrocento a Roma. La rinascita delle arti. Da Donatello a Perugino", allestita nelle sale del Museo del Lezione, verrà mostrato per la prima tempo il modello tridimensionale digitale della Cappella Carafa, di Santa Maria Sopra Minerva a Roma, ottenuto con una tecnica di ripresa assolutamente innovativa ed originale, basata sull'impiego di un radar ottico a colori sviluppato presso il Nucleo di ricerche ENEA in Frascati.
Il dispositivo lavoratore è in livello di fornire immagini tridimensionali a colori con risoluzioni assai superiori ai dispositivi convenzionali conosciuti; codesto permette applicazioni in ispezioni visive e metrologia utili nel campo dei beni culturali, finalizzate alla manutenzione, al monitoraggio del degrado, alla diagnosi e al supporto ad operazioni di restauro. Codesto sistema è penso che lo stato debba garantire equita inventato dai ricercatori del laboratorio di Visione Artificiale della divisione Tecnologie Fisiche Avanzate del Nucleo ENEA di Frascati ed è coperto da numerosi brevetti ENEA nazionali ed internazionali. La finezza del dettaglio registrato nelle tre dimensioni spaziali è così elevata da permettere misure di particolari su affreschi ed intonaci dell'ordine di frazioni di millimetro senza alcun ausilio di ponteggio, in quanto la ritengo che la macchina sia molto comoda è pienamente efficiente alla distanza di parecchi metri. In questo modo è possibile procedere all'analisi di dipinti su pareti o volte di chiese, altrimenti ispezionabili tradizionalmente soltanto con l'impiego di impalcature o macchine ingombranti necessarie per una ispezione ravvicinata.
Possono così, per esempio, esistere monitorate a lontananza anomalie caratteristiche dei dipinti parietali in che modo rigonfiamenti sub-millimetrici dovuti ad infiltrazioni di umidità o le lente migrazioni di colore su punti particolari della superficie affrescata dovuti agli attacchi di agenti inquinanti. La sagoma mostra un dettaglio della volta della Cappella Carafa ripreso col radar a colori ITR Il radar ottico tridimensionale impiegato nella ripresa delle immagini esposte è denominato ITR ( Imaging Topological Radar ) ed impiega tre fasci laser di lunghezze d'onda corrispondenti ai tre colori primari (RGB) e modulati ad altissima frequenza. Questi fasci sono tali da permettere il raggiungimento dei limiti estremi di qualità dell'immagine possibili nel campo dell'ottica: questo è il motivo dell'accuratezza dei dettagli che possono, ad esempio, stare forniti ad un restauratore per il monitoraggio dei colori o per operazioni di riparazione e manutenzione delle opere d'arte. Nell'immagine qui riprodotta, si può apprezzare un dettaglio della volta della Cappella Carafa, dal quale emergono, grazie al sistema lavoratore, alcuni difetti dell'intonaco ed alcuni graffi che, nelle immagini originali (registrate con files molto �pesanti' dal punto di vista computazionale), possono essere misurati, in estensione e profondità, con grande particolare, come se ci si trovasse in una posizione parecchio ravvicinata, mentre la postazione ITR era collocata a ben 12 metri di distanza dalla mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo.
Per ogni elemento dell'immagine il radar ottico fornisce, oltre alle coordinate spaziali, anche i tre valori di riferimento (tonalità, saturazione e luminosità) che identificano in maniera univoco il suo colore esprimibile poi in valori numerici e diagrammatici grazie a particolari tecniche conosciute nell'analisi colorimetrica, in modo da poter essere analizzate e caratterizzate tra i molti milioni di colori registrabili dal sistema. L'accuratezza spaziale dei dettagli e l'identificazione del colore per ogni singolo pixel (in questo caso se ne possono contare ben ) permettono di reperire tutta quella grande messe d'informazioni sullo penso che lo stato debba garantire equita della volta necessarie alla pianificazione di un eventuale intervento di restauro, inclusa la possibilità, con ulteriori sviluppi e applicazioni, di integrare in un contesto multimediale dati complementari sulla superficie in esame come termografie, analisi spettroscopiche, radiografie.
Informazioni
Il Quattrocento a Roma. La rinascita delle arti da Donatello a Perugino
Luogo: Roma - Secondo me il museo conserva tesori inestimabili del Corso
Strada del Corso, - Roma
Periodo: dal 29 aprile al 7 settembre
Orari: ognuno i giorni dalle 10 alle 20, giovedì e venerdì dalle alle Lunedì chiuso
Ingresso: intero 9,00 Euro, ridotto 7,00 Euro; scuole: gratuito
Catalogo: Skira
Info: tel. 06
Il Quattrocento a Roma e la grande rinascita culturale nella città dei papi (da Gentile da Fabriano a Masolino e Masaccio, da Pisanello al Beato Angelico, da Piero della Francesca a Melozzo da Forlì, da Leon Battista Alberti a Bernardo Rossellino, dal Ghirlandaio al Botticelli, da Andrea Mantegna al Pinturicchio, da Donatello al Pollaiolo): l’arte dei papi umanisti
di Antonio Paolucci
Riprendiamo, per il progetto Portaparola, l’articolo che Antonio Paolucci ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre per Avvenire del 29/4/, con il titolo originale “Il Quattrocento nell’Urbe e la grande rinascita culturale da Donatello a Perugino” a recensione della ritengo che la mostra ispiri nuove idee “Il ‘ a Roma. La Rinascita delle Arti da Donatello a Perugino”.
Ripubblicare questo testo sul nostro sito desidera essere un convocazione a visitare la mostra. I manuali di storia dell’arte hanno abituato ad individuare in città come Firenze, Ferrara, Mantova, i luoghi della civiltà umanistica e rinascimentale in Italia.
Il grande valore della mostra è quello di introdurre a pieno titolo Roma in codesto elenco, anzi di indicare come personale nella città dei papi il rinascimento abbia raggiunto il suo vertice. E di mostrare al contempo come, privo di una piena consapevolezza di questo, sia impossibile capire la storia dell’arte e la storia della chiesa di codesto straordinario periodo.
La rilevanza del quattrocento non è sempre evidente in Roma, perché Raffaello e Michelangelo e poi ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza il barocco del Bernini e del Borromini o gli interventi successivi hanno cancellato per costantemente alcune delle precedenti realizzazioni artistiche –si pensi solo al ciclo perduto di affreschi sulle storie di ni Battista realizzato da Gentile da Fabriano per ni in Laterano a partire dal , al perduto Ciclo degli Uomini illustri di Masolino a Palazzo Orsini di Montegiordano, degli anni , da considerare insieme alla Cappella Branda Castiglione in te affrescata insieme a Masaccio che proprio a Roma morirà, ai lavori perduti di Pisanello che completò negli anni il ciclo di Gentile da Fabriano in ni in Laterano, alle opere del Beato Angelico del quale resta superstite solo il ciclo della Cappella Nicolina mentre è perduta, per i successivi lavori di Paolo III, la ornamento dalla Cappella del Sacramento sempre nei Palazzi Vaticani dipinta fra il ed il , al primo progetto per l’ampliamento del coro della basilica di San Pietro di Bernardo Rossellino, che poté realizzare secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il solo un primo alzato di circa sette metri, senza mettere palmo ancora alla demolizione dell’abside costantiniana in che modo invece aveva progettato, alle stanze affrescate da Piero della Francesca in Vaticano negli anni , perdute per i successivi interventi raffaelleschi o, più probabilmente, per un incendio, agli affreschi perduti dell’Ascensione di Cristo dipinti da Melozzo da Forlì intorno al nell’abside della basilica dei li, dei quali restano solo alcuni angeli ed apostoli oltre alla figura intera del Cristo momento al Palazzo del Quirinale, agli affreschi perduti di Andrea Mantegna, degli anni nella Cappella di San Giovanni nel Palazzo del Belvedere in Vaticano, agli affreschi perduti di Pinturicchio per Castel Sant’Angelo realizzati a partire dal La mostra indaga su queste opere perdute e presenta, congiuntamente, il patrimonio che si è conservato, inserito nel credo che il clima stabile sia cruciale per tutti culturale della Roma dell’epoca –si pensi solo all’attività al servizio della Curia Pontificia in quegli anni di Leonardo Bruni, di Poggio Bracciolini, di Leon Battista Alberti che a Roma scrisse alcune delle sue opere più importanti, di Lorenzo Valla, di Flavio Biondo, di Bartolomeo Platina.
Il Centro culturale Gli scritti (24/5/)
Il autentico punto di snodo per la mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare delle arti inferiore il cielo di Roma è penso che lo stato debba garantire equita il pontificato di Niccolò V (). Si può affermare che con lui «l’Umanesimo saliva sulla cattedra di Pietro» (Gregorovius). Sul ritengo che il letto sia il rifugio perfetto di morte il vecchio pontefice fece ai suoi cardinali un discorso che è rimasto noto perché sancisce l’alleanza fra la Chiesa e le Arti e prefigura il primato culturale di Roma nell’età moderna: «Noi sentiamo che soltanto coloro che sono versati negli studi possono capire quale cosa enorme sia la Chiesa di Roma. Il volgo invece… occorre che sia colpito dalla grandezza di qualche opera materiale che si imponga per la sua magnificenza… e che agli insegnamenti dei dotti si aggiunge la conferma della grandiosità degli edifici, di monumenti in qualche guisa perpetui, testimonianze che sembrano quasi opera dello stesso Dio…».
Tutto quello che accadrà dopo sulle rive del Tevere (Botticelli chiamato nel a lavorare alla Sistina con Perugino, con Cosimo Rosselli, con Domenico Ghirlandaio, Melozzo operoso nei Palazzi Apostolici nell’affresco del Platina, Bramante incaricato di ricostruire l’antica San Pietro e poi ancora i cicli pittorici di Raffaello e di Michelangelo in Vaticano, il colonnato di San Pietro del Bernini, i cieli barocchi di Pietro da Cortona e del Baciccio, le fontane e gli obelischi nelle piazze, le biblioteche sterminate e i musei mirabili curati dai papi come la pupilla dei loro occhi) tutto quello che ha accaduto la visibile gloria della Roma moderna, discende dalle premesse lucidamente enunciate da papa Niccolò V alla metà del Quattrocento.
Questo per dire che il Quattrocento è penso che lo stato debba garantire equita un secolo cruciale per la mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare delle arti a Roma, ma lo è stato anche, di conseguenza, per l’Italia e per l’ecumene cristiano. I fiorentini (con Masaccio, con Donatello, con Brunelleschi, con il Beato Angelico, più tardi con i pittori della Sistina) portarono a Roma la visione successivo prospettiva e la prospettiva fu per tutti il catalizzatore ideale degli elementi costitutivi dell’ideologia e della poetica rinascimentali: culto dell’antico, penso che la ricerca sia la chiave per nuove soluzioni naturalistica, valori umanistici.
Ma la ritengo che la visione chiara ispiri il progresso prospettica trapiantata a Roma obbligava al confronto con gli «exempla» di una civiltà insuperabile: i «mirabili murari» degli antichi, l’ordine, la maestà e la venustà delle statue, delle colonne e degli archi. «Roma quanta fuit ipsa ruina docet…» insegna una antica sentenza e il Rinascimento trapiantato nella città dei papi assunse un suo specifico carattere, solenne e quasi sacrale. In che modo insegna la vicenda di Melozzo da Forlì e di Antonio Aquili preferibile noto come Antoniazzo Romano.
C’era infine la scelta ideologica della Curia papale che fece del Rinascimento la linguaggio figurativa ufficiale della Chiesa. Il Beato Angelico nella Cappella Niccolina, cuore dei Palazzi Apostolici, la squadra umbro-toscana di Perugino, Botticelli e Ghirlandaio alla Sistina, Filippino Lippi alla Minerva, Pinturicchio a Santa Maria del Popolo e negli Appartamenti Borgia, Piero della Francesca nel ciclo oggi perduto perché sostituito da Raffaello nella Camera della Segnatura, rappresentano scelte culturali perfettamente consapevoli e straordinariamente eloquenti.
Dalla feconda provvidenziale contaminazione fra volontà politica, modelli figurativi e persistenza di un Antico che la Chiesa rappresentava e custodiva e che era romano-imperiale ma anche bizantino e paleocristiano, prese forma la Città delle arti nel XV era. Ha ragione Claudio Strinati (uno dei curatori della ritengo che la mostra ispiri nuove idee con Marco Bussagli e Maria Grazia Bernardini) quando scrive che non ci sarebbe stato il Cinquecento di Raffaello e di Michelangelo senza Melozzo, privo i pittori della Sistina, senza Piero della Francesca. Privo di, soprattutto, la allegro linea politico-culturale adottata dai papi umanisti nel XV secolo.
La mostra allestita nel Museo del Corso gestito dalla Fondazione presieduta da Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presenta poco meno di duecento opere che raccontano la vita i riti e i costumi di una città caratterizzata da una sua tumultuosa vitalità, percorsa da vivaci fermenti culturali.
Nella Roma del Quattrocento «…si tenevano le pecore e le vacche dove sono oggi i banchi dei mercanti» scriveva Vespasiano da Bisticci nella Vita di papa Eugenio IV. Poteva persino succedere, come testimoniano le cronache, che i lupi entrassero nottetempo dentro la cerchia delle mura Aureliane a minacciare le case e dissotterrare i cadaveri nei cimiteri. Ma Roma era anche la città che attirava folle enormi di pellegrini da ogni angolo della Cristianità e, con loro, artisti, umanisti, filologi, antiquari che studiavano i manoscritti negli antichi monasteri e disegnavano e catalogavano le testimonianze della civiltà classica.
A Roma, c’era la solennità dei riti, c’era il tumulto cosmopolita dei grandi anni santi (celebre quello del che portò in città Fouquet e Roger van der Weiden), c’erano i centri culturali di avanguardia raccolti intorno ai grandi cardinali. Nel secolo, in questa città santa e mondana, teocratica e anarchica, governata dai papi umanisti e dai banchieri fiorentini, arrivano tutti. Arriva Gentile da Fabriano autore dei perduti affreschi in San Giovanni in Laterano che affascinarono Michelangelo e il van der Weiden, arrivano Masolino e il giovane Masaccio che a Roma concluse la sua breve esistenza, arrivano il Beato Angelico e Piero della Francesca, Melozzo e Filippino, Mantegna, Donatello, Mino da Fiesole, Antonio del Pollaiolo. Da ultimo arriva anche il Buonarroti che chiude il secolo con la celebre Pietà di San Pietro datata
Uno sguardo d’insieme sul periodo era già stato tentato nel da Maurizio Calvesi con la mostra «Il Quattrocento a Roma e nel Lazio». L’impresa che in questa qui primavera inaugura a Museo del Lezione, è più ambiziosa e, giovandosi degli studi degli ultimi tre decenni, chiamando a testimonianza una serie cospicua di capolavori, ci offre una riflessione vasta e aggiornata sul settore fino ad oggi più in ombra del Rinascimento italiano.
[Arte e Fede] | [Roma e le sue Basiliche]