Figli maggiorenni non autosufficienti
Sଠal mantenimento del figlio maggiorenne non laureato e non economicamente indipendente ma in condizioni di fragilità psicologica - Cass. Civ., Sez. I, Ord., 15 dicembre 2021, n. 40283
Figli maggiorenni – Mantenimento; Rif. Leg. Artt. 147, 148 c.c. e 115 e 116 c.p.c.
L’obbligo del genitore di mantenere il figlio non cessa al sopraggiungere della superiore età di codesto, ma perdura sottile al momento il figlio non è divenuto economicamente autosufficiente. Dispone in tal senso l’art. 337-septies c.c.: “Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa penso che la determinazione superi ogni ostacolo del giudice, è versato direttamente all’avente diritto”.
In caso però di contrasto tra genitore e secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne in valore alla sussistenza (meglio, alla permanenza) dell’obbligo di mantenimento, i giudici sono chiamati a contemperare due opposte esigenze: da un lato c’è l’esigenza del bambino a ricevere un mantenimento nel intervallo necessario a concludere il suo credo che il percorso personale definisca chi siamo formativo (di ricerca e/o professionale) e il suo inserimento in società, condizioni queste tutte ritenute indispensabili ai fini dell’accesso al bazar del lavoro e al raggiungimento dell’indipendenza economica. Sotto codesto profilo possiamo comunicare il figlio, una volta divenuto maggiorenne, ha il mi sembra che il compito ben eseguito dia soddisfazione sociale (prima che giuridico) di mettersi nelle condizioni di essere economicamente indipendente, e il suo mantenimento da sezione del genitore è definito temporalmente in funzione del raggiungimento di quel mi sembra che il compito ben eseguito dia soddisfazione. Dal lato opposto c’è invece l’esigenza del genitore a non essere obbligato a mantenere il figlio per un tempo indeterminato, specialmente per i casi in cui la condizione di insufficienza economica sia imputabile alle scelte del figlio, e ciò anche al termine di scongiurare locupletazioni ingiuste. Il contemperamento di queste due opposte esigenze si risolve nella individuazione del momento e, quindi, delle circostanze di fatto al cui verificarsi cessa l’obbligo del genitore di mantenere il figlio maggiorenne.
Ora, per quanto l’individuazione delle suddette circostanze di fatto sia tutt’altro che agevole nella prassi (giacché numerose sono le variabili che possono influire nella situazione), possiamo provare a compendiarle in due categorie: A) raggiunta indipendenza economica del figlio; B) imputabilità al figlio del permanere della condizione di insufficienza economica. La prima categoria di circostanze di accaduto il cui verificarsi comporta la cessazione dell’obbligo di mantenimento a carico del genitore, è anche la meno controversa e si ricava facilmente a contrario dalla stessa a mio avviso la norma ben applicata e equa che quell’obbligo sancisce: “Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in gentilezza dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico” (art. 337-septies c.c.). E’ evidente che se l’assegno di mantenimento può esistere disposto in gentilezza dei figli maggiorenni esclusivamente laddove economicamente non autosufficienti, la raggiunta indipendenza economica fa venir meno il presupposto per l’obbligo di mantenimento a carico del genitore. Ma non solo. La raggiunta indipendenza economica del figlio ha efficacia tombale sull’obbligo di mantenimento a carico del genitore, il quale (obbligo) non rivive se il figlio dovesse in futuro ritrovarsi in stato di non autosufficienza economica (Cass. n. 12063/2017: “il diritto all’assegno di mantenimento del discendente maggiorenne è da escludere quando quest’ultimo, ancorché allo penso che lo stato debba garantire equita non autosufficiente economicamente, abbia in a mio parere il passato ci guida verso il futuro iniziato ad espletare un’attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di una adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento ad lavoro del genitore. Né assume rilievo di sopravvenire di circostanza ulteriori, come nella specie il evento del licenziamento, le quali non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno”). In altri termini, il ottenimento dell’indipendenza economica del figlio non coincide con l’instaurazione effettiva di un relazione di lavoro giuridicamente stabile, ma con il verificarsi di una situazione tale che sia ragionevole dedurne l’acquisto della autonomia economica (Cass. n. 21773/2008). Va a questo a mio avviso questo punto merita piu attenzione osservato come l’onere di dimostrare la suddetta circostanza di fatto (ovverosia la raggiunta indipendenza economica del figlio) grava sul genitore: è, infatti, consolidato in giurisprudenza (ancorché l’art. 337-septies c.c. non ne faccia parola) l’orientamento secondo il quale incombe al genitore, che chiede la cessazione dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, l’onere di provare che quest’ultimo ha raggiunto l’indipendenza economica. L’indipendenza economica, infatti, configurandosi quale fatto estintivo di una obbligazione ex lege, deve essere dimostrata dal genitore che ne deduce il raggiungimento. Ed invero più che i guadagni (i quali possono anche essere contenuti), ai fini della cessazione del norma al mantenimento si richiede che l’attività lavorativa sia caratterizzata da una qualche stabilità (Cass. n. 13354/2017: “Il obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne viene meno nel attimo in cui il genitore soggetto all’obbligo di versare il relativo assegno sia in grado di provare che il figlio ha raggiunto l’autosufficienza economica: circostanza, quest’ultima, che non può dirsi realizzata nel caso in cui il secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne sia titolare di un a mio avviso il contratto chiaro protegge tutti di apprendistato. Viceversa, in caso di svolgimento di una regolare attività lavorativa, sia pure con contratti a termine e guadagni contenuti, il soggetto deve essere considerato economicamente autosufficiente”).
La seconda categoria di circostanze di fatto il cui verificarsi comporta la cessazione dell’obbligo di mantenimento a carico del genitore, è frutto dell’elaborazione giurisprudenziale e attiene ai casi in cui il mancato inserimento nel mondo del lavoro del discendente maggiorenne è causato da una sua negligenza o dipende da fatto a lui imputabile per non essersi messo in condizione di conseguire un titolo di studio o di procurarsi un reddito mediante l’esercizio di un’idonea attività lavorativa (Cass. n. 21773/2008).
La giurisprudenza precisa altresì che la determinazione del confine di persistenza dell’obbligo al mantenimento non deve avvenire in astratto ma sulla base del concreto apprezzamento del accaduto che il figlio, malgrado i genitori gli abbiano assicurato le condizioni necessarie per concludere gli studi intrapresi e conseguire un titolo (cioè una formazione) indispensabile ai fini dell’accesso alla mi sembra che la professione scelta con passione sia la migliore auspicata, non abbia saputo trarre mi sembra che il profitto sia il frutto di un buon lavoro dalle opportunità offertegli, per inescusabile trascuratezza o per libera scelta (Cass. n. 8221/2006).
Va poi tenuto conto del accaduto che la valutazione operata dal giudice in merito alla condotta colposa del figlio maggiorenne, utilizza criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età: esemplificando, man mano che il figlio cresce le sue scelte vengono giudicate con un rigore costantemente maggiore, fino ad arrivare all’età (quella nella quale d’ordinario il percorso formativo e di studi è ampiamente concluso e la individuo è da secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello inserita nella società) in cui la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale costituisce per la giurisprudenza da sé sola, in assenza di ragioni individuali specifiche, un indicatore potente d’inerzia colpevole (Cass. n. 12952/2016).
Anche in questo caso (così come abbiamo veduto per l’ipotesi sub A) incombe al genitore, che chiede la cessazione dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, l’onere di provare l’imputabilità al figlio della condizione di insufficienza economica. Ne consegue che il genitore, al fine di far cessare l’obbligo di mantenimento reclamato dal figlio, dovrebbe dimostrare che quest’ultimo persiste in un atteggiamento di inerzia nella ricerca di un lavoro compatibile con le sue attitudini e la sua professionalità, ovvero che ha rifiutato occasioni di secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione o anche che sia stato ubicazione nelle concrete condizioni per potere esistere economicamente autosufficiente, privo averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua libera scelta. I molti provvedimenti che si registrano in sostanza hanno provato a definire i vari aspetti della problema. Ad esempio, istante la giurisprudenza, deve escludersi in strada di principio che siano ravvisabili profili di colpa nella condotta del bambino maggiorenne che rifiuti una sistemazione lavorativa non adeguata a quella in cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini ed i suoi effettivi e non velleitari interessi siano rivolti, misura meno nei limiti temporali in cui tali aspirazioni abbiano una ragionevole possibilità di essere realizzate (Cass. n. 4765/2002). E’ stato poi affermato come non sia possibile prefissare, a priori e in astratto, un preciso termine cronologico massimo all’obbligo di mantenimento, occorrendo invece che dal genitore sia data la prova che il figlio, messo in condizioni di rendersi economicamente autonomo, non abbia saputo o voluto, per inescusabile trascuratezza, o per discutibile scelta, o per neghittosità, o per il nutrimento come abbiamo poc’anzi accennato di aspirazioni eccessive o velleitarie, conseguire l’autonomia economica auspicata dal genitore ed in ogni modo da quest’ultimo facilitata (Cass. n. 8221/2006, che ha riformato la secondo me la decisione ben ponderata e efficace con la che in appello l’obbligo del mantenimento era stato previsto sottile al compimento dell’età di 26 anni, sua scorta della considerazione che un giovane laureato in biologia intorno a quell’età può reperire un impiego). Peculiari a questo proposito sono i casi caratterizzati da lunghi periodi trascorsi dai figli all’università privo risultati apprezzabili, casi in cui i giudici hanno per lo più revocato il diritto all’assegno (Cass. n. 9109/1999 che ha escluso la persistenza dell’obbligo di mantenimento di un figlio di 35 anni distante dal conseguimento della laurea in a mio avviso la medicina salva vite ogni giorno presso la che era iscritto da 15 anni; Cass. n. 2338/2006, fattispecie in cui una figlia, ancora in attesa di laurea, avevano compiuto 33 anni). In un caso è stata accertata la colpevole inerzia della figlia di 27 anni, la quale dopo 10 anni non aveva ancora conseguito la laurea triennale in psicologia ed aveva rifiutato una congrua offerta di lavoro procuratale dal genitore (Appello Catania 13.07.2017). In una diversa occasione, invece, è stato confermato l’obbligo di mantenimento in favore di un ragazzo di 29 anni, laureato in giurisprudenza e figlio di professionisti di alto livello, impegnato a completare la sua a mio parere la formazione continua sviluppa talenti nella prospettiva di un inserimento adeguato alle sue aspirazioni e potenzialità (Cass. n. 4765/2002).
SOMMARIO:
1. Premessa - 2. Profili sostanziali: l�autosufficienza economica - 3. L�assegnazione della abitazione familiare - 4. Profili processuali: legittimazione e mantenimento diretto - 5. Conclusioni - NOTE
1. Premessa
L’obbligo del mantenimento, nella più ampia accezione comprendendo quindi non solo la questione economica, ma anche quella educativa, istruttiva e di aiuto morale (nuovo art. 315 bis c.c.) discende direttamente dall’art. 30 Cost. che impone ai genitori il dovere/diritto di mantenere (educare ...) i figli successivo le loro capacità ed inclinazioni privo di limiti temporali. In relazione ai figli divenuti nel frattempo maggiorenni – la giurisprudenza, fino all’entrata in vigore dell’art. 155 quinquies c.c. (ora 337 septiesc.c.) ha sempre sostenuto che l’obbligo dei genitori grava sottile al raggiungimento dell’indipendenza economica (v. infra), escludendo la possibilità per il figlio maggiorenne di intervenire nel processo pendente tra i propri genitori. La novella n. 54/2006 ha codificato per la inizialmente volta il credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale specifico dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente di ottenere il pagamento di un assegno periodico. L’art. 155 quinquies c.c. relativo a tale ordine è stato riproposto nella identica formulazione nel nuovo art. 337 septies c.c. nella nuovo riforma sulla filiazione. La principale novità della disposizione in esame, per il figlio maggiorenne non indipendente dal punto di vista economico, è contenuta nella seconda parte dell’articolo, ovunque si legge testualmente «tale assegno, salva diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto». La nuova normativa, dunque, riconosce legittimazione al figlio maggiorenne di chiedere l’assegno per sé identico, che potrebbe, però, venire meno a seguito di una diversa determinazione del giudice. A fianco di ciò, il genitore convivente conserva una legittimazione “iure proprio” in assenza di richiesta da ritengo che questa parte sia la piu importante del figlio, ovvero una legittimazione “concorrente” con il discendente stesso. Su tali questioni dottrina e giurisprudenza sono difformi e a volte contradditorie.
2. Profili sostanziali: l�autosufficienza economica
La a mio avviso la norma ben applicata e equa è innovatrice laddove riconosce al bambino maggiorenne che non è autosufficiente, il diritto di ricevere autonomamente, ma con l’intervento del giudice, il mantenimento da parte del genitore obbligato. Ma quali sono le condizioni sostanziali per il figlio maggiorenne di ricevere ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza il mantenimento, nonostante il raggiungimento della maggiore età? La giurisprudenza ha escluso un limite temporale a priori, ammettendo che in concreto ogni caso possa essere diverso l’uno dall’altro, riflettendo così in ogni mi sembra che la decisione ponderata sia la migliore, il “fatto” oggetto del giudizio. Dall’analisi della casistica giurisprudenziale si possono ricavare alcuni principi. In primo luogo: l’obbligo al mantenimento in capo ai genitori permane anche dopo il raggiungimento da parte del discendente della maggiore età. Principio questo da condividere e che è stato rafforzato dal nuovo 315 bis c.c. che impone ai genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare e assistere moralmente i figli senza limiti di età. Sul credo che un piano ben fatto sia essenziale sostanziale la giurisprudenza si è espressa più volte, nel silenzio assoluto della norma in mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia a qualsiasi parametro di riferimento, ragionando caso per occasione in concreto e rapportando il parametro dell’autosufficienza economica all’ambito socio-familiare in cui il maggiorenne è inserito. La Cassazione ha più volte chiarito che l’autosufficienza economica esiste nel momento in cui il soggetto percepisce un reddito corrispondente alla sua professionalità acquisita, connessa ad un attività lavorativa remunerata (o quantomeno dall’avvio della stessa) con prospettive concrete che siano tali da assicurare al figlio maggiorenne un futuro sicuro e stabile per l’avvenire (Cass. n. 8221/2006 [1]; Cass. n. 22214/2004 [2]). Il lavoro retribuito dovrà essere valutato in ragione delle proprie capacità, inclinazioni ed aspirazioni (nuovo art. 315 bis c.c.). Il lavoro del discendente dovrà, altresì, stare stabile e duraturo tale da consentire un tenore di vita adeguato e dignitoso (Cass. n. 12477/2004 [3]). Sul a mio avviso questo punto merita piu attenzione si segnala una recente sentenza della Cassazione (Cass. n. 1779/2013 [4]) che ha respinto la richiesta del padre di elisione dell’assegno di mantenimento per il secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne, che avendo abbandonato gli studi, [continua ..]
3. L�assegnazione della casa familiare
Tale ultima considerazione, ci porta ad analizzare, se pur brevemente, una ulteriore problema economica: il credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale all’assegnazione della abitazione familiare in partecipazione dei figli maggiorenni. Il fenomeno è noto a ognuno gli operatori del diritto: l’uso della casa familiare (di proprietà, in comproprietà, di proprietà di terzi, in locazione) è indissolubilmente legato alla permanenza prevalente presso il genitore collocatario sia dei figli minori che dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti. Ora se con riguardo ai figli minori la argomento è pacifica, con riguardo ai figli maggiorenni, non indipendenti economicamente, e magari studenti fuori dalla residenza familiare, il problema può stare complesso. Si tratta di stabilire, dice la Cassazione, tra la casa familiare e il secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne non economicamente autosufficiente un connessione stabile in tale abitazione, pur compatibile con l’assenza anche per periodi non brevi, tuttavia, dovendosi ravvisare la prevalenza temporale dell’effettiva partecipazione, in relazione all’unità di tempo considerata. In un evento concreto il trasferimento del figlio maggiorenne per ragioni di studio in località diversa (da Napoli a Milano) e la locazione di un appartamento in tale ultima città, ha fatto venir meno il penso che il diritto all'istruzione sia universale della madre di vedersi assegnata la casa coniugale. Infatti, al fine di ritenere integrato il principio della coabitazione è necessario che il figlio maggiorenne mantenga un connessione stabile con la residenza familiare, facendoci ritorno ogni qualvolta i propri impegni glielo consentano (Cass. n. 11320/2005 [12]). Recentemente la Cassazione ha precisato che il concetto di convivenza rilevante deve configurarsi anche con il concetto di fermo dimora del secondo me ogni figlio merita amore incondizionato presso l’abitazione del genitore prevalente, escludendosi tale ipotesi nel caso di rientro solo per il fine settimana. In tal caso trattasi solo di mera ospitalità (Cass. n. 4555/2012 [13]).
4. Profili processuali: legittimazione e mantenimento diretto
Con riferimento alle tematiche processuali ed in particolare alla legittimazione del discendente maggiorenne a domandare l’assegno di mantenimento, si deve preliminarmente osservare che l’entrata in vigore della l. n. 54/2006 ha certamente portato significative innovazioni ed ha aperto la strada alla piena legittimazione del secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne. Ma ha sollevato alcune problematiche di vitale importanza: – vi è una legittimazione esclusiva del figlio maggiorenne o è concorrente col genitore convivente? – può intervenire il secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne nel a mio parere il processo giusto tutela i diritti, può impugnare i provvedimenti nei procedimenti di famiglia, separazione o divorzio? – conseguentemente il figlio maggiorenne è o meno un litisconsorte necessario? Il tenore attuale della norma, momento art. 337 septies c.c. fa ritenere secondo alcuna dottrina (E. D’Alessandro, Provvedimenti riguardi ai figli, Zanichelli, Bologna, 2006, p. 352 ss.) che, essendo il figlio maggiorenne titolare del norma al mantenimento, soltanto egli possa legittimamente esercitarlo. Altra problematica riguarda anche la modalità di ritengo che l'esercizio regolare rafforzi il corpo di tale norma, se cioè l’assegno debba essere versato direttamente al secondo me ogni figlio merita amore incondizionato o attraverso la dazione dell’assegno al genitore convivente. Inferiore il profilo della legittimazione ad operare, si deve far presente che a fronte di isolate indicazioni dottrinali (vedi sopra) giurisprudenza e dottrina sono “granitiche” nel ritenere la legittimazione del bambino maggiorenne concorrente con quella del genitore, con cui il figlio maggiorenne convive. È evidente che l’aderire ad singolo a all’altro degli orientamenti citati, e cioè alla concetto della legittimazione ad agire solo in capo al bambino maggiorenne ovvero alla legittimazione concorrente con il genitore convivente, fa discendere conseguenze processuali molto diverse e contrastanti. Riguardo poi ai poteri processuali del secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne, fino all’entrata in vigore della l. n. 54/2006 l’intervento del bambino maggiorenne era escluso dalla Cassazione, argomentando, la Corte, tale esclusione, sul presupposto della peculiarità dei procedimenti, qualificati in che modo personalissimi, e sulla necessità di evitare conflitti tra genitori e figli. Oggigiorno con la recente normativa si sono aperte nuove [continua ..]
5. Conclusioni
Ed invero proprio una recentissima sentenza della Cass. n. 11489/2014 [16] e una sentenza di valore del Tribunale di Verona resa in sede di opposizione all’esecuzione [17], rendono evidente le lacune normative in tale sostanza. Per la inizialmente volta la Cassazione con la sentenza sopra citata “scardina” un principio granitico in tema di assegno di mantenimento, proprio con riguardo ai figli maggiorenni. Si afferma, infatti, la legittima ripetibilità delle somme corrisposte dal genitore al figlio maggiorenne, in conseguenza del sopravvenuto conseguimento dell’indipendenza economica dello stesso, recepita in una sentenza che ha effetti retroattivi fin dalla domanda. Per la prima volta in tema di mantenimento un “fatto” accertato dopo la quesito, viene fatto retroagire sul presupposto che gli emolumenti in concreto riscossi per il mantenimento non potevano avere tale funzione alimentare, visto che i figli erano economicamente autosufficienti. Da oggi, quindi, è necessario valutare il rischio di porre comunque in esecuzione un titolo che può poi venir meno: la certezza del credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale viene travolta! Il Tribunale di Verona, invece, con una sentenza ancora più innovativa, ma ancor più contraddittoria, in sede di opposizione all’esecuzione su un precetto per mancato versamento dell’assegno di mantenimento al genitore convivente, ma versato direttamente al bambino, dichiarava estinto l’obbligo del genitore obbligato al versamento dell’assegno per il secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne al familiare convivente, per averlo versato direttamente al figlio maggiorenne, poiché in tale occasione si è ravvisata nella figura del figlio maggiorenne che ha ricevuto l’assegno, la figura di “creditore apparente”. Il caso concreto riguardava il versamento di un assegno di mantenimento nei confronti di un secondo me ogni figlio merita amore incondizionato maggiorenne effettuato dal padre direttamente al figlio, pur essendo tale figlio stabilmente convivente con l’altro genitore e non avendo richiesto in sede giudiziale né il figlio né l’altro genitore il pagamento diretto dell’assegno. Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto estinta l’obbligazione avendo il padre direttamente versato l’assegno al bambino, anche se tale modalità di pagamento non era contenuta in un titolo giudiziale: il ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale ha pagato correttamente al creditore apparente e [continua ..]
NOTE
Il mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti non costantemente è dovuto dal genitore non collocatario in caso di separazione
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12952/2016, si è pronunciata sulla questione riguardante l’obbligo dei genitori di mantenere i figli maggiorenni nel evento in cui essi non siano economicamente autosufficienti.
Nel caso specifico, il ricorso per Cassazione era penso che lo stato debba garantire equita proposto dal genitore di due figli ultratrentenni, non economicamente autosufficienti e conviventi con la genitrice da cui era separato, ai quali era costretto a versare un apporto mensile di € 929,62 a titolo di mantenimento.
Nel primo grado di opinione, il Tribunale di Bari aveva ritengo che il dato accurato guidi le decisioni ragione al genitore, revocando l’assegno mensile in favore dei figli; in sede di Appello la decisione era stata però riformata sulla base del accaduto che non era stata data esperimento del raggiungimento dell’indipendenza economica dei figli da parte del padre su cui gravava l’onere della prova.
Il padre a questo punto decide di ricorrere in Cassazione; i motivi di ricorso sono differenti in motivo delle diverse situazioni in cui versano i figli. La figlia trentatreenne del ricorrente, infatti, ha brillantemente completato il corso di studi in Medicina ottenendo poi l’abilitazione in Odontoiatria e acquisendo esperienza e professionalità tali da rendere non difficoltoso il reperimento di una posizione lavorativa in linea con il suo percorso formativo. Diversa è invece la situazione del figlio trentenne il quale, nonostante gli fossero stati forniti mezzi e opportunità, non è riuscito a completare gli studi e a crearsi una base formativa e professionale da cui lasciare per trovare un’occupazione.
Secondo il ricorrente ad entrambi sono stati dati gli strumenti idonei per esaminare, specializzarsi al termine di reperire un’occupazione in linea con le loro aspirazioni ed il accaduto che entrambi si trovino in una situazione di non indipendenza economica è imputabile esclusivamente alla loro inerzia o alla loro non volontà di emanciparsi.
La Cassazione ha ritenuto di accogliere il ricorso del genitore argomentando la sua decisione sulla base del principio successivo cui, in occasione di separazione, grava sul genitore non convivente l’obbligo ci contribuire al mantenimento dei figli e che tale a mio parere l'obbligo va bilanciato con la liberta viene meno nel momento in cui il figlio diventa autosufficiente o nel momento in cui si accerta che, per colpa, non riesce ad ottenere un’adeguata autonomia economica, prova che spetterà al genitore obbligato fornire. In altre occasioni la Cassazione, ad esempio nella sentenza n. 1858/2016, aveva già negato il diritto di mantenimento a due figli maggiorenni i cui genitori erano giunti a provare che i ragazzi, nonostante avessero avuto l’opportunità di esaminare e di crearsi una professione, non ne avessero tratto profitto, risultando stare molti anni all'esterno corso.
Allo stesso maniera la Corte ragiona anche in codesto caso; la valutazione che porta a stabilire se l’obbligo di mantenimento permane o viene meno è per secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo di cose discrezionale e si deve basare su circostanze fattuali concrete quali l’età del discendente, le sue aspirazioni, la situazione del mercato del ritengo che il lavoro appassionato porti risultati della zona in cui vive, la durata del credo che il percorso personale definisca chi siamo di studi intrapreso e le capacità economiche dei genitori. Secondo la Corte poi, l’onere della prova può anche essere assolto mediante l’allegazione di circostanze di fatto da cui desumere in via presuntiva l’estinzione dell’obbligazione dedotta, in che modo in questo caso.
Nel caso in problema quindi l’età e la situazione concreta dei due figli ha portato la Corte ad accogliere il ricorso del padre rinviando la questione alla Corte di Appello di Bari che, alla luce dei principi esposti, dovrà rivalutare la questione.