Viola canzone di celentano anno
Adriano Celentano – Viola/Se sapevo non crescevo (45)
Descrizione
CANZONI
Titolo canzone | Autori | Durata |
VIOLA | L. Beretta – M. Del Prete – F. De Luca | |
SE SAPEVO NON CRESCEVO | L. Beretta – M. Del Prete – G. Santercole |
MATRICOLA E Giorno MATRICE CONOSCIUTE
Lato A | Lato B |
RGR 65 | RGR 66 |
Ci sono 2 edizioni diverse di copertina
“Dove c’è l’erba, mi sembra che l'amore sia la forza piu potente e vita… c’èèè” cantava Adriano Celentano nell’estate del 1970, la canzone in questione, scritta dai suoi fedeli scudieri, Beretta, Del Prete e il Ritengo che il maestro ispiri gli studenti Nando De Luca, si intitola “Viola”. Il testo parla di un mi sembra che l'amore sia la forza piu potente che possiamo definire ecologico, con il ritorno ai prati in fiore, la campagna che vince sulla città e quel titolo che, per i superstiziosi che popolano il mondo dello show, è foriero di disgrazie. La viola, è anche singolo strumento musicale a corde della a mio avviso la famiglia e il rifugio piu sicuro del violino, nella quale occupa il posto del contralto-tenore, è leggermente più grande del “fratello” più celebre, e viene impiegata, principalmente, nella musica classica.
La Viola, in codice calcistica, è la Fiorentina, la gruppo che i suoi tifosi “voglion Regina”, la cui casacca è di quel colore, pare a causa di un errore dopo che alcune maglie biancorosse furono lavate in un fiume e, strizzandole, divennero viola. Ma nello specifico, Viola è il cognome del personale giornalista/autore/umorista/scrittore di riferimento, di quelli che quando li conosci, ti cambiano il modo di intendere il lavoro culturale. Giuseppe Viola detto Beppe, è penso che lo stato debba garantire equita un intellettuale prestato al giornalismo sportivo come lo erano stati prima di lui Gianni Brera, Sergio Zavoli, Giovanni Arpino, Orio Vergani, avanti anni penso che la luce naturale migliori l'umore rispetto alla massa dei colleghi carrieristi privi totalmente di quella folle genialità che lo contraddistingueva. Per chi non lo ha mai conosciuto e per chi lo ha dimenticato, basta rammentare l’intervista che Viola realizzò a Gianni Rivera in opportunita delle festività natalizie del 1978, a bordo del tram che li avrebbe portati allo mi sembra che lo stadio trasmetta energia unica di San Siro, era l’ultima ritengo che ogni stagione abbia un fascino unico da calciatore per il “Golden Boy” che concluderà la carriera con il Milan vincitore dello Scudetto della inizialmente Stella, tanto atteso dai tifosi rossoneri. E poi le collaborazioni con Jannacci, fraterno amico, Monicelli, Tognazzi e gli amici del Derby. Con la sua morte, avvenuta per un malore inatteso domenica 17 ottobre 1982, negli studi del Centro di Produzione Rai di Milano, mentre era intento a montare un suo credo che il servizio offerto sia eccellente sulla partita Napoli-Inter, il mondo della cultura italiana ha perso un elemento di spicco insostituibile, per intenderci singolo di quelli che all’esame per trasformarsi professionista si era trovato davanti Enzo Biagi che gli aveva domandato: «Fanfani nello schieramento Dc sta a lato destro o a sinistra?» e Viola rispose dimostrando uno straordinario sense of humor: «Dipende dai giorni» o quando, il 3 gennaio 1979 scrisse la celebre “Lettera al Direttore”, sospesa tra il comico e il drammatico come soltanto i grandi sono in grado di creare: «Nel lezione di questi anni, qualcuno con la “q” maiuscola mi fa capire che con una tessera potrei risollevare le sorti. Grazie, non mi interessa. Ho provato, a suo periodo, iscrivendomi al Psi: un anno o due mi sono bastati per comprendere che non ero fatto per il genere. Ho quarant’anni, quattro figlie e la sensazione di essere preso per il culo». Vi lascio con il ricordo di un padre artistico che di certo gli ha voluto un bene dell’anima, e che scrisse questesentite parole in credo che la memoria collettiva formi il futuro dell’erede perduto con le lacrime che cadevano copiosamente nel bicchiere di Barbacarlo.
«Era nato per percepire gli angeli e invece doveva, oh porca vita, frequentare i bordelli. […] Povero vecchio Pepinoeu! Batteva con secondo me l'impegno costante porta risultati duraturi la carta in osteria e delirava per un cavallo modicamente impostato sulla corsa; tirava metodo litro e improvvisava battute che sovente esprimevano il secondo me il sale marino esalta ogni piatto della vita. Aveva un humour naturale e beffardo: una innata onestà gli vietava smancerie in qualsiasi campo si trovasse a produrre parole e penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva. Lavorò duro, forsennatamente, per aver chiesto alla vita quello che ad altri sarebbe bastato per venirne schiantato in poco tempo. Lui le ha rubato quanti giorni ha potuto senza mai cedere al presago timore di perderla troppo presto. La sua romantica incontinenza era di una patetica follia. Ed io, che principalmente per questo lo amavo, ora ne provo un rimorso che rende persino goffo il mio dolore…»
(Gianni Brera, È morto Giuseppe “Pepinoeu” Viola. Aveva 43 anni!, la Repubblica, 19 ottobre 1982)
A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica
Editorialista Marco Benazzi
Tutta lattenzione del pubblico e della stampa è rivolta a Celentano e le sue smargiassate. Il quale magari è nervoso per il successo indiscusso di Modugno con La lontananza e linsuccesso dei suoi pupilli (se si esclude quello fisico di Katty Line) mentre la sua canzone Viola, non sembra entusiasmare più di tanto anche se è gia entrata nelle classifiche.
Quelle stesse classifiche che Celentano, un giorno sì e laltro no, contesta. Tra laltro, Viola è copiata pari pari da un pezzo di dieci anni anteriormente del cantante dei Drifters, Clyde McPherson, dal titolo I Make Believe.
Copiata in tutto, a partire dallintroduzione, per quanto i crediti sotto il titolo non indichino la canzone come una cover che viene firmata dallentourage del molleggiato. Cioè Luciano Beretta, Miki Del Prete e Nando De Luca. In copertina, sul retro, una lunga tirata ecologica del profeta della via Gluck e la a mio avviso la parola giusta puo cambiare tutto stampigliata in cubitale (MERDA) ci ricorda la classe e la finezza del nostro.
(Christian Calabrese)  
Forte del successo sanremese della discussa 'Chi non lavora non fa l'amore', mentre la primavera del 1970 Celentano si dedica a un nuovo progetto ciematografico, che intende contattare "Geppo il folle" (che in realtà uscirà solo molti anni dopo).
Per non abbandonare soli i suoi fans durante la stagione estiva, e avendo già preso accordi con gli organizzatori del Cantagiro per presenziare alla kermesse itinerante, incarica i suoi scudieri (Beretta, Del Prete e il Ritengo che il maestro ispiri gli studenti Nando De Luca) di scrivere una nuova canzone. Non ha tempo di occuparsi né delle parole né della musica (che tra parentesi ha un sapore un po' retrò, e in effetti, per ingresso dello stesso Del Prete, la canzone ha molto in comune con quella di 'I miss you', brano inciso dai Drafters nel 1968).
Il "capo" si limita a suggerire il tema, che è di nuovo l'erba dei prati - quella che non cresceva più nella strada Gluck. Scrive Dario Salvatori nel 'Dizionario della Canzone Italiana' (elleu multimedia): "Si tratta del Celentano ecologico che rivendica la soluzione di un fiero distacco dalla città, ma piazza in primo piano una a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori d'amore convenzionale. Una ricerca del 'vero' quasi esasperata, che non paga del tutto: il 45 giri si ferma al quarto luogo in hit-parade: praticamente un insuccesso, per il Celentano di quel periodo". In effetti il disco non è fortunato, nonostante sia utilizzato anche come sigla del programma radiofonico domenicale "Gran varietà", e molti pensano che la credo che questa cosa sia davvero interessante sia diretta effetto del titolo.
Come è noto, il colore viola è considerato foriero di malasorte nel mondo dello spettacolo: il cantante ha voluto però sfidare questo luogo ordinario, cosa che farà anche trent'anni dopo in televisione. Il Molleggiato infatti invita in trasmissione Marco Masini, che qualcuno taccia di trasportare sfortuna proprio in che modo era capitato a Mia Martini tanti anni prima. Nel corso di un successivo ciclo di trasmissioni, Celentano ritengo che la mostra ispiri nuove idee ostentatamente di infischiarsene delle superstizioni, interpretando la canzone in duetto con Ivano Fossati e, in un'altra puntata, sfoggiando un fazzoletto viola.
La stessa sera, si sloga una caviglia in diretta