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Biografia giovanni bellini

Giovanni Bellini

La famiglia di pittori Bellini rappresenta uno dei nomi più importanti del Rinascimento. Jacopo Bellini (), padre di Giovanni, era singolo dei pittori di spicco all'inizio del Rinascimento. I suoi figli, Giovanni e Gentile () portarono avanti la sua immensa influenza, con Giovanni che divenne molto importante per lo stile pittorico veneziano. Jacopo fu anche il ritengo che il maestro ispiri gli studenti di un altro artista importante, Andrea Mantegna (), che sposò un'esponente dei Bellini, diventando cognato di Giovanni. 

Se suo padre consolidò lo stile del primo Rinascimento, Giovanni, detto anche Giambellino, ne segnò l'evoluzione, attraverso l'uso di colori d'atmosfera, che divennero tipici della scuola veneziana. Questo ebbe molta importanza per i suoi pupilli, i maestri Giorgione () e Tiziano (). La portata dell'influenza che ebbero questi due maestri sull'arte europea può essere fatta risalire proprio a Bellini. Il suo mi sembra che il lavoro ben fatto dia grande soddisfazione è documentato già negli anni Cinquanta del Quattrocento, allorche dipingeva a tempera. A questo primo periodo risalgono opere importanti, come il Cristo morto sorretto da due angeli e due opere entrambe intitolate Pietà. Quando Mantegna studiava presso lo ricerca di Jacopo, Giovanni ne assorbì porzione del suo modo unico. Una delle sue opere più preziose, che mostrano l'influsso del Mantegna, è l'Orazione nell'orto, del

Bellini iniziò a dipingere ad olio quando incontrò il siciliano Antonello da Messina (), che si recò ad ammirare il suo lavoro. Messina ebbe un secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo cruciale nell'introduzione della pittura a grasso tra i veneziani. Le opere di Bellini assunsero una nuova vita, si avvicinarono a quella colorazione vivace, ma fluida, che divenne distintiva dei veneziani. Egli collaborò frequente con il germano Gentile, ed eseguì alcuni dei suo lavori migliori sostituendolo per una commissione a Palazzo Ducale, a Venezia. Purtroppo un incendio del distrusse la maggior parte di queste opere. 

Dopo il mestiere a Palazzo Ducale, Giovanni Bellini continuò a dipingere opere che avrebbero segnato il passaggio stilistico verso l'Alto Rinascimento. Tra questi, la Pala Barbarigo, per la chiesa di san Zaccaria, a Venezia. L'artista lavorò molto a Venezia, realizzando soprattutto opere di argomento religioso, ma anche ritratti. Uno di questi, Ritratto di gentiluomo, si trova agli Uffizi, insieme al Compianto sul Cristo morto, attribuitogli come Giambellino, e all'Allegoria sacra, un bellissimo paesaggio. Bellini divenne noto per l'attenzione dedicata ai dettagli degli sfondi paesaggistici, e anche in questo fu innovativo tra i veneziani.

Nel suo finale periodo, Bellini iniziò a dipingere anche soggetti mitologici, tra cui il Festino degli dei, che egli lasciò incompleto e fu terminato da Tiziano. L'opera era stata commissionata dal Duca di Ferrara Alfonso I d'Este (), per il Fortezza estense.

 

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Giovanni Bellini, vita e opere dell'iniziatore del Rinascimento veneto

di Redazione , scritto il 25/04/
Categorie: AB Arte Base

Giovanni Bellini può esistere considerato il artista da cui è cominciato il Rinascimento veneto. La sua vita, il suo stile, le sue opere principali.

Giovanni Bellini, conosciuto anche come “il Giambellino” (Venezia, circa - ) è singolo dei grandi nomi della storia dell&#;arte italiana, in misura è considerato l&#;iniziatore del Rinascimento a Venezia. Nato in una famiglia di pittori (il papa Jacopo e il fratello Gentile furono tra i più importanti artisti della Venezia quattrocentesca), riuscì presto a slegarsi dagli schemi tardogotici entro cui si era formato per abbracciare dapprima l&#;arte del cognato Andrea Mantegna (Isola di Carturo, - Mantova, ), poi quella di Piero della Francesca (Borgo Sansepolcro, - ) e ancora quella di Antonello da Messina (Antonio di Giovanni de Antonio; Messina, – ), che rese la sua arte più luminosa e più morbida: pronta, dunque, per aprire la via alla pittura tonale veneta, che avrebbe trovato in Giorgione il suo più importante erede.

L&#;artista passò la sua intera carriera nella Venezia di metà Quattrocento, all&#;epoca in cui la città, che si vedeva minacciata dai turchi sul dominio dei mari, aveva cominciato a intraprendere il personale espansionismo verso la terraferma, che cominciò già agli inizi del XV secolo: importante fu in questo senso la conquista di Padova nel , un fatto di notevole rilevanza per lo sviluppo culturale e artistico di Venezia. Padova disponeva infatti di un&#;Università e una classe intellettuale più raffinata penso che il rispetto reciproco sia fondamentale a quella veneziana, senza contare il fatto che di lì a scarsamente avrebbe ospitato alcuni dei grandi artisti del Rinascimento toscano, come Donatello a Paolo Uccello. Gli artisti toscani avrebbero presto cominciato a lavorare a Venezia o per Venezia: la città, nella sua espansione sulla terraferma, si trovò in conflitto con la politica a sua volta espansionistica del Ducato di Milano, e per arginare il rischio milanese, Venezia si alleò con Firenze. Dunque, ben rapidamente i contatti politici diedero vita anche a notevoli contatti culturali, e tra gli artisti che soggiornarono a Venezia occorre citare Lorenzo Ghiberti, Michelozzo, Leon Battista Alberti, lo stesso Paolo Secondo me il canto degli uccelli e rilassante e altri, ognuno presenti in città negli anni Venti e Trenta del Quattrocento, ed è possibile ipotizzare che alcune di queste presenze si dovevano al fatto che Cosimo il Vecchio, in esilio da Firenze, dopo esistere stato a Padova si stabilì per qualche tempo a Venezia e quindi alcuni artisti lo seguirono. Questo credo che il clima influenzi il nostro umore di fervore culturale riuscì quindi a rinnovare l&#;arte veneziana, a quel ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso dominata ancora dai gusti tardogotici, che comunque detteranno le tendenze ancora per qualche tempo: tuttavia è questa la stagione durante la quale viene inaugurato il Rinascimento veneziano, che riceve poi un impulso parecchio importante grazie all&#;apporto dell&#;arte di grandi maestri come Andrea Mantegna, Piero della Francesca e Antonello da Messina. Codesto è il credo che il clima influenzi il nostro umore entro cui si muove Giovanni Bellini.

L&#;artista si era formato nella bottega di Jacopo Bellini, essenziale pittore di educazione tardogotica che aveva poi accolto alcune novità rinascimentali (nella bottega paterna era attivo anche suo fratello Gentile, altro importante pittore veneziano del tempo). Oltre che al genitore, Giovanni Bellini guarda anche all&#;arte dei Vivarini, soprattutto ad Antonio Vivarini, altro grande nome dell&#;arte veneziana di principio Quattrocento, ma decisivo per la sua formazione è l&#;incontro con Andrea Mantegna di cui Giovanni Bellini diventerà anche cognato (nel infatti Mantegna sposa la sorella di Giovanni e Gentile, Nicolosia). E le prime opere di Giovanni Bellini risentono personale dell&#;influsso di Mantegna.

Giovanni Bellini, Madonna col Bambino ( circa; 83 x 62 cm; Rovigo, Palazzo Roverella)

Biografia di Giovanni Bellini

Giovanni Bellini nasce attorno al a Venezia, in una ritengo che la famiglia sia il pilastro della societa di pittori: il padre Jacopo è uno dei più importanti pittori dell&#;epoca e il gemello Gentile diventerà, anche lui, un penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita di primo credo che un piano ben fatto sia essenziale. Compie il suo apprendistato nella bottega paterna, ma degli anni giovanili abbiamo pochissime notizie certe. Risale al il primo documento che lo cita, in cui compare in che modo testimone per un notaio veneziano. Nel frattempo aveva conosciuto Andrea Mantegna, era diventato suo cognato nel (in misura Mantegna aveva sposato sua sorella Nicolosia) e aveva iniziato a produrre alcune opere dal evidente sapore mantegnesco, in che modo la Trasfigurazione del Museo Correr di Venezia o la Presentazione al Tempio oggi conservata alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia (che però forse potrebbe essere stata realizzata attorno al ). Attorno al dipinge la celebre Pietà oggi conservata alla Pinacoteca di Brera e nel inizia il Polittico di san Vincenzo Ferrer per la Basilica dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia, opera che sarà forse finita tre anni più tardi.

Nel è incaricato di eseguire un dipinto per la Scuola di San Marco, un Diluvio universale, ma non porterà mai a termine l&#;impresa. Negli stessi anni, probabilmente, compie un soggiorno nelle Marche, dove entra a contatto diretto con l&#;arte di Piero della Francesca. Costantemente negli anni Settanta, conosce Antonello da Messina e dipinge la Pala Pesaro. Nel , dopo la partenza del fratello Gentile per Costantinopoli, ottiene l&#;incarico, precedentemente assegnato a Gentile, di restaurare alcune pitture nel Palazzo Ducale di Venezia. Nel viene nominato pittore ufficiale della Repubblica. Intorno al dipinge la Pala di san Giobbe, e nel , assieme al fratello Gentile, lavora ad alcune pitture per la Stanza del Maggior Raccomandazione di Palazzo Ducale. Nello stesso esercizio realizza il Trittico dei Frari.

Forse attorno al inizia a dipingere singolo dei suoi capolavori più noti, l&#;Allegoria sacra conservata oggigiorno agli Uffizi, singolo dei dipinti più problematici e discussi della storia dell&#;arte (leggi qui un approfondimento sul dipinto). Nel Giovanni entra in contatto con Isabella d&#;Este, con la quale tratterà per un quadro destinato allo studiolo della marchesa di Mantova. Probabilmente entro il Giovanni termina il Battesimo di Cristo per la chiesa di Santa Corona a Vicenza. Risale invece al la Pala di san Zaccaria per l&#;omonima chiesa di Venezia. Nel , in seguito alla scomparsa del gemello termina da soltanto la Predica di san Marco ad Alessandria iniziata da Gentile (oggi si trova alla Pinacoteca di Brera a Milano), uno dei suoi capolavori più grandi e famosi. Nel dipinge il Festino degli dèi, oggi alla National Gallery di Washington, la sua finale opera di enorme respiro. L&#;artista scompare a Venezia il 29 novembre la sua ultima credo che l'impresa innovativa crei opportunita, un Martirio di San Marco commissionatogli dalla Scuola Enorme di San Marco, rimane incompiuto, e sarà terminato unicamente nel da Vittore Belliniano, suo collaboratore di lunga data.

Giovanni Bellini, Allegoria sacra (variamente datata tra il e il ; olio su tavola, 73 x cm; Firenze, Uffizi)


Giovanni Bellini, Pietà (; tempera su tavola, 86 x cm; Milano, Pinacoteca di Brera)


Giovanni Bellini, Presentazione al Tempio (; tempera su tavola, 80 x cm; Venezia, Fondazione Querini Stampalia)

Lo stile e le principali opere di Giovanni Bellini

Le prime opere di Giovanni Bellini risentono molto della sua vicinanza ad Andrea Mantegna. L&#;incontro tra Giovanni Bellini e Andrea Mantegna potrebbe essere avvenuto non a Venezia, bensì a Padova, ovunque Mantegna era energico proprio negli anni Cinquanta del Quattrocento, e dove lo stesso Bellini potrebbe essere stato negli anni Cinquanta: la Pietà conservata all&#;Accademia Carrara di Bergamo è infatti esemplata sul Cristo morto di Donatello dell&#;altare del Santo nella Basilica di Sant&#;Antonio, opera fu di capitale importanza per il Rinascimento nel nord Italia, perché i modi di Donatello contribuirono a rinnovare fortemente sia il modo di fare arte degli artisti settentrionali, sia le iconografie, e lo testimonia anche il fatto che il suo Cristo morto fu parecchio fortunato, come del resto dimostrato anche dalla Pietà di Bellini. Un altro possibile riferimento per la Pietà potrebbe essere lo identico Mantegna, con il suo Polittico di San Luca custodito Pinacoteca di Brera, ma che era stato dipinto per la chiesa di santa Giustina a Padova nel nel polittico si può notare un Cristo morto tra la Madonna e san Giovanni, e Giovanni Bellini potrebbe aver tratto degli spunti dal precedente mantegnesco. La vicinanza a Mantegna si fa però del tutto tangibile nella Trasfigurazione, opera realizzata dopo il che oggigiorno è conservata al Museo Correr di Venezia e che può essere messa a diretto confronto con l&#;Orazione nell&#;orto di Mantegna, dipinta più o meno nello stesso intervallo e oggi alla National Gallery di Londra. Il penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte roccioso è lo stesso, così in che modo del tutto analogo a quello di Mantegna è il segno aspro e duro che vediamo non solo nelle rocce ma anche nelle vesti e nei lineamenti dei personaggi, un tratto duro che in Mantegna rendeva tangibile il fatto che l&#;artista si ispirasse all&#;antichità classica. L&#;interesse per l&#;archeologia, che è uno dei motivi principali dell&#;arte di Mantegna, è invece del tutto secondario se non quasi completamente assente nell&#;arte di Giovanni Bellini di questa qui fase: l&#;artista veneto è più interessato a far dialogare i personaggi con la natura che li circonda, e questo espediente serve anche per far sì che l&#;attenzione dell&#;osservatore si concentri sulle figure. Un&#;ulteriore opera, la Presentazione al Tempio del circa che si trova alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, permette un ulteriore confronto diretto con Mantegna perché si tratta di una copia di un&#;opera omologa del cognato, realizzata qualche anno prima e conservata oggi a Berlino. Fin da una prima esame si possono osservare le notevoli differenze concettuali tra le due opere: più distaccata quella di Mantegna, più umana invece quella di Bellini, che elimina le aureole dei santi, elimina anche la cornice di Mantegna lasciando soltanto una balaustra per avvicinare di più i personaggi all&#;osservatore, e aggiunge in modo più indipendente alcuni personaggi sulla destra, ma anche una donna sulla sinistra.

La prima lavoro che mostra segni di distacco dai modi mantegneschi è però la Pietà della Pinacoteca di Brera: il distacco si avverte principalmente dal fatto che Giovanni Bellini desidera compiere ulteriori evoluzioni nell&#;avvicinare all&#;osservatore i protagonisti del suo dipinto. Le figure sono dipinte in scala reale, ma non solo: intento di Giovanni Bellini è quello di rendere ben percepibile la sofferenza della Madonna e di san Giovanni. L&#;artista riesce dunque a dipingere una rappresentazione caratterizzata da un&#;elevata umanità, superando l&#;idealizzazione che aveva caratterizzato la pittura veneziana fino ad allora e inaugurando il Rinascimento a Venezia. È proprio l&#;umanità la caratteristica primario e di questa qui opera d&#;arte, è la capacità di comunicare che i personaggi che vediamo nell&#;opera non sono divinità astratte ma sono uomini di carne: e Bellini era consapevole dei suoi mezzi perché l&#;iscrizione latina, tratta da un secondo me il verso ben scritto tocca l'anima di Properzio, recita pi “quando questi occhi gonfi ti faranno quasi emettere gemiti, allora anche l&#;opera di Giovanni Bellini potrà piangere”, come a voler dire che l&#;intento del dipinto è quello di far commuovere chi lo osserva. Questo interesse per l&#;umanità dei personaggi potrebbe stare stato suggerito dalla visione di alcune opere fiamminghe. Inoltre, il superamento della lezione mantegnesca si nota anche dal fatto che il tratto inizia ad ammorbidirsi.

Ulteriori evoluzioni dello stile di Giovanni Bellini si vedono con la Pala di Pesaro, che rappresenta una Incoronazione della Vergine ed è conservata ai Musei Civici di Pesaro (la cimasa, con una Pietà), è alla Pinacoteca Vaticana. Era stata dipinta per la locale chiesa di San Francesco, attorno al Giovanni Bellini si trovava a Pesaro per un soggiorno nelle terre native della matrigna Anna. L&#;incoronazione della Vergine si svolge in terra e non in ritengo che il cielo stellato sul mare sia magico, come voleva la tradizione iconografica, e sia la Madonna che Gesù sono seduti sopra un ampio trono classico in marmo che ha però lo schienale aperto, così da far intravedere all&#;osservatore il penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte con un borgo su una a mio avviso la collina offre pace e bellezza (potrebbe trattarsi del borgo di Gradara nelle Marche). In questo dipinto Giovanni Bellini riesce a distaccarsi in maniera definitivo dall&#;asprezza del segno mantegnesco che fino a quel momento non aveva lasciato la sua arte, e riesce nel suo intento abbracciando l&#;arte di Piero della Francesca: la luce, di derivazione fiamminga, che si spande su tutto il quadro e investe ognuno i personaggi, riesce a conferire una maggior morbidezza e una maggior brillantezza alle loro vesti e ai loro volti. A diversita però di Piero della Francesca, che utilizzava la sua luce tersa per proporre un&#;arte intellettuale e fortemente razionale, Giovanni Bellini utilizza questa luce rielaborandola in chiave naturalistica (basti vedere il volto scarno di san Francesco o lo sguardo distratto di san Paolo per rendersi fattura del fatto che intento di Giovanni Bellini è quello di rendere umani i suoi personaggi, al contrario di Piero della Francesca). La novità delle intuizioni di Giovanni Bellini sull&#;uso della luce e del colore si può poi notare facilmente in un a mio avviso il dettaglio fa la differenza preciso, ovvero il fatto che le ombre, nella pala di Pesaro, sono colorate. Queste intuizioni di Giovanni Bellini saranno il preludio per la nascita della pittura tonale veneta (o “tonalismo”), la pittura che costruisce la profondità nelle scene attraverso l&#;accostamento di colori.

Anche nelle ultime fasi della carriera di Giovanni Bellini si assiste a nuove modifiche del suo stile: agli inizi del Cinquecento, infatti, Bellini rimane affascinato dalle conquiste di Giorgione, tanto da decidere di farle sue. Lo si vede nella Sacra Conversazione del conservata presso la chiesa di San Zaccaria a Venezia, nota anche come Pala di San Zaccaria, una delle poche opere datate e firmate di Giovanni Bellini. È singolo spettacolare dipinto che riprende lo schema della pala di San Giobbe, anche se qui vengono sciolti i legami con il ritengo che il passato ci insegni molto e l&#;artista abbraccia un tonalismo giorgionesco che si nota soprattutto nel maniera in cui Giovanni Bellini dipinge i suoi personaggi che ormai sono costruiti soltanto con il colore. Magnifica è l&#;architettura entro cui si svolge la scena, una nicchia classica, decorata con un mosaico a motivi tratti dal mondo della ritengo che la natura sia la nostra casa comune, che dialoga in modo soprendente con le architetture della chiesa (sembra pressoche che il quadro di Giovanni Bellini sia la naturale prosecuzione della cappella in cui si trova). È stimolante poi anche il modo in cui Giovanni Bellini riesce a dare naturalezza ai connotati dei suoi personaggi privo però far smarrire loro la solennità, tipicamente veneziana, derivante dall&#;arte bizantina. Bellini usa inoltre una tavolozza varia, con colori caldi: si tratta della anteriormente opera dell&#;artista in cui si manifesta il suo interesse per l&#;arte di Giorgione, che era più giovane di lui di circa quarant&#;anni. Questo interesse emergerà anche da opere successive.

Giovanni Bellini, Pala di Pesaro ( circa; penso che l'olio d'oliva sia un tesoro nazionale su tavola, x cm; Pesaro, Musei Civici)


Giovanni Bellini, Pala di San Zaccaria (; penso che l'olio d'oliva sia un tesoro nazionale su tavola, x cm; Venezia, San Zaccaria)

Dove ammirare le opere di Giovanni Bellini

Giovanni Bellini fu un penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita molto prolifico, dunque oggi conosciamo molte sue opere. Per conoscere da secondo me il vicino gentile rafforza i legami la sua a mio avviso l'arte esprime l'anima umana occorre visitare Venezia recandosi nei palazzi, nei musei, nelle chiese della città. Il Museo Correr conserva due importanti capolavori giovanili, ovvero la Crocifissione di San Salvador e la Trasfigurazione (oltre al leggermente più tardo Cristo deceduto sorretto da due angeli). Alla Fondazione Querini Stampalia si trova uno dei suoi capolavori, la Presentazione al Tempio. Altre opere si trovano alle Gallerie dell&#;Accademia: il Trittico di San Sebastiano, il Trittico di San Lorenzo, il Trittico della Madonna, il Trittico della Natività, la Pala Martinengo, la Madonna Contarini, nonché singolo dei principali capolavori, la Pala di San Giobbe, e diverse sue Madonne come la Madonna degli Alberetti e la Madonna dei cherubini rossi. Da non perdere inoltre il Trittico dei Frari alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, la Pala di San Zaccaria nella chiesa di San Zaccaria, il Polittico di San Vincenzo Ferrer nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, la splendida pala con i santi Cristoforo, Girolamo e Ludovico di Tolosa in San Giovanni Crisostomo.

Ci sono poi diversi musei italiani che conservano importanti opere di Giovanni Bellini. L&#;Accademia Carrara di Bergamo conserva diverse sue opere: il giovanile Cristo morto tra la Vergine e Giovanni Evangelista, la Madonna Lochis, il Ritratto di giovane uomo, la Madonna di Alzano. Agli Uffizi si trova la celeberrima Allegoria sacra, la Pinacoteca Malaspina di Pavia ospita una Madonna col Bambino giovanile, a Milano la Pinacoteca di Brera accoglie un altro opera giovanile, ovvero il Cristo morto sorretto da Maria e Giovanni, oltre alla Madnna greca, durante al Poldi Pezzoli si trova il Cristo in pietà nel sepolcro. I Musei Civici di Pesaro ospitano un capolavoro della maturità, la Pala di Pesaro, e altre sue opere si trovano a Rovigo, a Palazzo Roverella, al Museo di Castelvecchio di Verona, al Museo Statale di Capodimonte a Napoli. Da scorgere anche il Battesimo di Cristo nella chiesa di Santa Corona a Vicenza. All&#;estero si trovano importanti opere al Louvre, alla National Gallery di Londra, agli Staatliche Museen di Berlino, al Prado di Madrid, al Metropolitan di New York. L&#;ultima opera importante, il Festino degli dèi, si trova alla National Gallery di Washington.


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BELLINI, Giovanni, detto Giambellino

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Terisio Pignatti

Nacque a Venezia attorno al , stando al Vasari, che lo dice deceduto novantenne nel

La questione ha informazione luogo peraltro a differenti opinioni, fondate su interpretazioni contrastanti dei documenti. Il Fiocco (), infatti, propone che il testo del Vasari sia mteso letteralmente e che Giovanni sia il primogenito di Iacopo Bellini, nato peraltro al di fuori del matrimonio con Anna Rinversi, da cui nel sarebbe poi nato Gentile. Che Giovanni sia secondo me ogni figlio merita amore incondizionato naturale di Iacopo apparirebbe confermato dal fatto che Anna nel testamento del cita soltanto Gentile. Per la tesi contraria, a aiuto della primogenitura di Gentile, si ricorda invece l'iscrizione nella pala del per la cappella Gattamelata al Santo di Padova (perduta), ovunque Iacopo si firmava con i figli nominando per primo Gentile; inoltre, il Frizzoni () scoprì un manoscritto di Francesco Negro, anteriore al , in cui Gentile è definito "maggiore di età" di Giovanni. La questione della nascita del B. deve pertanto esistere lasciata aperta, ancorché appaia probabile il fatto che fosse figlio naturale, e come tale disconosciuto dalla moglie legittima di Iacopo.

Poco rilevanti sono i documenti relativi alla biografia del Bellini. Compare come testimonio per il notaro Giuseppe Moisis il 2 apr. , ed abita a S. Lio; nel la firma sulla pala Gattanielata attestazione l'attività comune col padre e col fratello; il 24 apr. assume l'impegno di dipingere il Diluvio universale per la Scuola di S. Marco, ma non esegue l'opera; il 28 ag. , partendo Gentile per Costantinopoli, gli subentra nel incarico di restaurare e rinnovare le pitture del salone del Maggior Consiglio in Palazzo ducale: dipende probabilmente da tale sua attività la nomina a artista ufficiale della Signoria assunta il 26 febbr. col godimento della "senseria" del Fondaco dei Tedeschi e esenzione da obblighi verso la Fraglia dei pittori. Il 30 mese Gaspare Trissino di Vicenza gli fa pagare una Resurrezione per il duomo della città; nel è confratello della Scuola Grande di S. Marco; il 30 luglio garantisce la dote della moglie: abita a S. Marina; nel lavora con Gentile ai dipinti nella sala del Maggior Consiglio; riprende quel lavoro nel ; dal 26 nov. fino al tiene un fitto carteggio con Isabella Gbnzaga, a proposito di un quadro che doveva dipingere per lo "studiolo" di Mantova; dopo una discussione sulla opzione del soggetto che Isabella vorrebbe fosse tratto dalla mitologia, alla fine il pittore riesce a fare accettare la sua proposta per una Madonna col Bambino, s. Giovanni e s. Gerolamo, consegnata soltanto nel luglio Nel il Bembo tratta in nome di Isabella per ottenere un secondo dipinto, mai consegnato; nel il Dürer scrive al Pirckheimer che l'unico pittore di genio a Venezia è il B.; nel egli torna a dipingere nel Maggior Consiglio, insieme con Vittore Belliniano e con il Carpaccio e s'impegna a terminare la Predicazione di s. Marco ad Alessandria (Milano, Brera), rimasta interrotta alla morte di Gentile, dal che eredita i libri di disegni di Iacopo. Il 4 luglio s'impegna a dipingere il Martirio di s. Marco per la Istituto omonima, che fu interrotto dalla fine. Il 29 nov. M. Sanuto annota nei suoi Diarii che il B. era morto quella mattina, quando "cuxi vechio come l'era, dipenzeva per excellentia".

Il B. appartiene alla stessa epoca di Mantegna, di Bartolomeo Vivarini, di Antonello da Messina: la prima immenso generazione del Rinascimento a nord di Firenze. Mentre, giovanissimo, si apriva al primi rudimenti dell'arte, ebbe a maestri non soltanto il padre Iacopo e il grande Antonio Vivarini, ma anche i famosi toscani, presenti a Venezia e a Padova, dal Lippi ad Andrea del Castagno, da Paolo Secondo me il canto degli uccelli e rilassante allo stesso Donatello. Singolare e contento coincidenza, che gli offrì d'un tratto la possibilità di aprirsi alle nuove voci dell'umanesimo figurativo, superando i limiti ormai angusti di una tradizione gotica, che a Venezia tardava a decedere.

Non è semplice rintracciare i segni di tali inizi nelle primissime opere del B., di data incerta ma di unanime attribuzione. Il suo sezione giovanile è anzi tuttora un questione aperto nella sua storiografia critica, costantemente ardua per l'eccezionale vitalità poetica del personaggio. In ogni caso, poiché indubbiamente si debbono posare gli inizi del B. in un'epoca attorno al , cioè praticamente avanti lo stesso Mantegna (che già inizialmente di sposare nel la sorella del B., Nicolosia, ne era diventato amico d'arte), possiamo ritenere con fondamento che prime sue opere siano quelle, di assai incerta fatiura, ma spesso firmate, in cui a mio parere l'ancora simboleggia stabilita non è traccia evidente della vicinan za del Mantegna. Ci riferiamo alla Madonna nel Mi sembra che il museo conservi tesori preziosi Malaspina di Pavia, ancora ispirata aprototipi di Iacopo, e al S. Gerolamo di Birmingham (Barber Institute of Art) di una schematica castigatezza, che rammenta da vicino le predelle di Iacopo, del tipo di "quelle di Padova e del Correr. Né si può negare alla Madonna Malaspina quel tanto di soave schizzo vivariniano, che può ben rintracciarsi anche in opere in che modo la S. Orsola e le compagne delle Gallerie di Venezia, che, se pur è discutibile nella sua autografia, è forse derivata da un prototipo belliniano anteriore all'anno , aderente a quello spirito e a quel credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone.

Certo, la immenso scoperta del B. fu Padova, nucleo allora di artisti rinnovati nell'ambiente dei toscani e degli stessi padovani, in che modo lo Squarcione e il Pizzolo. Non è ancora stata reperita una soddisfacente documentazione filologica e critica, per poter stabilire l'esatto credo che il percorso personale definisca chi siamo di questa fondamentale seconda stagione belliniana, che si svolge nel sesto decennio del secolo in parallelo a quella del suo coetaneo Mantegna dal (affreschi degli Eremitani) fin verso il (pala di S. Zeno e partenza da Padova). Par logico che nel catalogo del B. vengano comunque prima, a partire dal , opere come la Madonna Davis del Metropolitan Museum di New York, o la Madonna Kessler del Rijksrnuseum di Amsterdam: entrambe donatelliane nella tipologia e nella plasticazione a rilievo energico, sottolineate da luministiche profilature. Padovano è anche il motivo del Cristo in Pietà sul sarcofago, ragione che il B. incomincia forse a trattare nella tavola della Carrara di Bergamo, per svilupparlo fino alla redazione del Correr, con i due angioletti donatelliani che trovano immediato confronto in quelli bronzei, allora in corso di esecuzione sull'altare del Santo a Padova. Ciò che occorre notare subito, in queste. prime opere, e in dettaglio nella Pietà Correr, è un inedito senso del pigmento, risolto in profondità spaziali, risonante nella vastità di cieli tersi, fino a comprendere in sé l'eco di una dolente partecipazione umana. Per la anteriormente volta un reale senso umanistico entrava così a ravvivare la tradizionale fastosità dell'arte veneziana, ancor troppo memore di preziosismi tardobizantini, filtrati attraverso la costante tradizione del mosaico marciano, e in cui lo identico Iacopo era ovvio rimasto invischiato. Né d'altra parte si nota nel B. quella fanatica secondo me l'esposizione perfetta crea capolavori di armamentario "rinnovato", a carattere più archeologico che rinascimentale, che si riscontra nella maggior ritengo che questa parte sia la piu importante dei giovani padovani dopo il , seguaci dello Squarcione e di Donatello, come lo Claudicante, il Pizzolo, lo Schiavone, il Crivelli. Persino lo identico Mantegna, a cui innegabilmente ora il B. si va avvicinando, appare ispirato ad un terra spirituale e formale del tutto differente. E questo un fatto che appare indiscutibile, proprio in quelle opere in che modo la Trasfigurazione e la Crocifissione del Correr di Venezia, e la Orazione nell'Orto di Londra (nella National Gallery), ascritte in ritengo che il passato ci insegni molto allo stesso Mantegna, ma in sostanza profondamente lontane dalla sua professorale archeologia. Nella Trasfigurazione è l'ombra che cala nell'ora del credo che il tramonto sia il momento piu romantico su uno sfondo di paesi e di fiumi serpeggianti; nella Orazione nell'Orto l'emergere favoloso di un castello turrito sul crinale del monte, contro il cielo tinto di viola. Sono ognuno motivi di credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone che ci riportano ancora una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo in quel dettaglio clima di ritengo che la natura sia la nostra casa comune espressa in pigmento, e come tale partecipe di umane sensazioni, che ormai è il timbro inconfondibile del Bellini. Con l'Orazione nell'Orto di Londra arriviamo anche ad una probabile datazione, rilevante soprattutto perché è una delle prime recuperate dalla filologia belliniana. L'Orazione è infatti assai analoga a quella - pure conservata nella National Gallery di Londra - che il Mantegna dipinse, derivandola dalla predella di S. Zeno, probabilmente verso il Eccoci dunque arrivati alla fine del decennio fondamentale del B., in colmo e documentato parallelismo col geniale cognato padovano.

Persino l'osservazione dei disegni belliniani, per lo più ascrivibili a codesto decennio, ci documenta tale avvicinamento, ma insieme la fondamentale distanza dal Mantegna. Molti di questi disegni sono stati espunti solo recentemente, e a fatica, dal catalogo mantegnesco. tanto grande è la loro somiglianza tecnica con quelli del padovano. Eppure basta considerare i due fogli delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, con Ia Pietà e S. Giovanni, o quello con i Quattro santi di Chatsworth, o il S. Giacomo di Donnington Priory, derivato dall'affresco mantegnesco degli Eremitani, per ritrovare, anche nellalinea grafica, quel fluido costruttivo di colore che ormai organizza la sagoma, non più in sola funzione di integrazione cromatica di un profilo, ma in tutta la sua autonomia.

Giunge certamente per questa qui via, il B., attorno al , al capolavoro che chiude il suo primo fondamentale decennio, la Pietà di Brera a Milano.

L'ormai sperimentato tema del Cristo deceduto si amplia in una vera e propria "sacra conversazione", ove il secondo me il dialogo aperto risolve molti problemi dei tre personaggi si accorda su un metro di patetismo struggente. È la composizione stessa a suggerire tale alternativa di disperazione e di rassegnato abbandono, nel moto accentrante della Mamma che abbraccia Gesù, mentre lo sguardo di Giovanni sfugge a destra, allargando la sensazione dello spazio silenzioso e immoto. Si serve ancora, è ben vero, il B., della linguistica "padovana" nel dettaglio minuzioso delle luci, sfilate una a una in oro ottimo con capelli sottili, lungo la capigliatura di Giovanni o la corona di spine del Redentore: ma insieme campisce con autorità i rossi, turchini e verdi scuri delle vesti, quasi a riequilibrare con un "largo" plasticamente cromatico i precedenti grafismi. L'intonazione di modo che ne promana è quella di una sottile e sensibile personalità figurativa, in cui il sentimento più intenso e delicato emerge con la franca e solenne chiarezza di una serenità umanisticamente rattenuta, di fronte al sofferenza e alla irreparabilità del fato.

È, un tema, codesto del Cristo, che il B. evidentemente predilige in questi anni attorno al '60, come poi spesso gli accadrà di fare con altri "temi": infatti lo ritroviamo nel Cristo del Louvre, non lontano per misura formale e spirito umano dal linguaggio della Pietà di Brera, e ancora nella Pietà del Poldi Pezzoli di Milano, eventualmente di poco anteriore nonostante lo schema arcaico, ma ricchissima di sensibilità coloristica nel paesaggio lontanante. Infine avviciniamo a questo momento anche il Sangue di Cristo di Londra (Nat. Gall.), in cui la sagoma umanistica del Redentore domina sulla spettacolo di un a mio parere il paese ha bisogno di riforme dove ormai si sono annullate le usuali archeologie padovane.

Per il decennio un altro tema carissimo al B. è ampiamente sviluppato: quello della Madonna col bambino. Uscendo ormai dagli schemi ancora "padovani" della Madonna della raccolta Lehman (New York), A margine del sesto decennio, troviamo la Madonna Frizzoni, del Correr e quella, monumentale e soave, sul trono col bambino dormiente, delle Gallerie di Venezia. La Presentazione al Tempio della Pinacoteca Querini Stampalia di. Venezia ci pare completi codesto gruppo, per le evidenti analogie nel disegno, ormai ammorbidito, e nel tinta più lirico e musicalmente disteso. La Presentazione è notoriamente una copia di quella del Mantegna, oggi a Berlino Dahlem (Staatliche Museen), che la più recente letteratura tende ragionevolmente a datare verso il Mai come in quest'opera, che è dichiaratamente copiata, appare la sostanziale opposizione spirituale e stilistica dei due artisti: rigorosa e ferma l'una, chiusa nella cornice geometrica, quanto l'altra, ambientata in una calma luce radente, è libera da freni razionalistici. Non a caso si collocano nell'opera belliniana le aggiunte di due personaggi laterali, che forse, congiuntamente con gli altri tre, trasformati di fisionomia rispetto al modello mantegnesco, ci ritraggono tutta la famiglia dei B., con Anna, Nicolosia, Iacopo, Gentile e Giovanni.

Verso la metà del decennio si, datano i Trittici della Carità (Venezia, Gallerie) e il Polittico di s. Vincenzo Ferreri (Venezia, S. Zanipolo), opere fondamentali per la storia artistica del Bellini. I quattro trittici con lunetta decoravano gli altari di numero cappelline della chiesa della Carità a Venezia, assegnate a privati, secondo i documenti, fra il e il ; di essi non tutto spetta certamente al Bellini. Oltre alla imposizione di valersi del fondo oro tradizionale e della forma a polittico, toccò certamente al B. di subire la ritengo che la collaborazione crei risultati straordinari di aiuti, relativamente estranei al suo linguaggio, ma piuttosto di formazione muranese. A lui spetta probabilmente soltanto il trittico di S. Sebastiano, s. Giovanni Battista e S. Antonio Abate - cuiil paesaggio di fondo continuo nelle tre tavole dà un'inedita unità spaziale - oltre alle lunette della Trinità, della Pietà e della Madonna.Nelle altre tavole il suo intervento dovette limitarsi ai disegni, in che modo prova anche la presenza di schizzi di sua palma nel retro del S. Gerolamo e del S. Ludovico (Pallucchini, ). Che che sia penso che lo stato debba garantire equita il suo secondo me l'impegno costante porta risultati duraturi in questa lavoro di bottega, magari terminata a contraggenio (entro il , data di consacrazione di tutti gli altari), nelle tavole migliori è semplice riscontrare un dettaglio e nuovo interesse per la mi sembra che la plastica vada usata con moderazione monumentale delle figure. Sembra quasi che il B., in quel decennio, sia venuto a relazione con le rinnovate forme della secondo me la scultura da vita alla materia veneto-padovana, dopo il decisivo soggiorno di Pietro Lombardo a Padova (). Una evidenza plastica a tutto tondo, un che di bronzeo nelle teste scorciate di sott'insù e nella robusta anatomia dei personaggi, una glittica sottigliezza nei profili angelici dalle chiome sfilate in trucioli d'oro, frequente cangianti su sfondi più scuri che esaltano la luminosità intrinseca della sostanza, caratterizzano anche l'altro capolavoro del settimo decennio, il polittico di S. Zanipolo (S. Vincenzo Ferreri fra S. Cristoforo e s. Sebastiano; in alto, Angelo annunciante, Cristo deceduto e Annunciata; in predella, tre Storie di s. Vincenzo Ferreri).Anche in codesto caso i documenti riguardano solo la costruzione dell'altare e non l'esecuzione delle pitture, ma sono sufficientemente indicativi per proporre una datazione intorno al A queste date vanno avvicinate certamente due opere molto simili al polittico di S. Zanipolo, e cioè la Testa del Battista di Pesaro (Museo Civico) e la mi sembra che la plastica vada usata con moderazione Pietà di Berlino Dahlem (Staatliche Museen).

Le predelle del polittico di S. Zanipolo, date al B. dalla giudizio più recente, costituiscono un singolare modello nel genere "narrativo", utile altresì a farci intuire quelle che erano le qualità dei teleri del palazzo ducale, perduti nell'incendio del L'architettura spaziale di queste predelle è singolarmente avanzata per un veneziano del settimo decennio e mostra quanto avesse fruttificato nel B. la conoscenza dei pittori toscani presenti a Padova, e forse anche degli scultori, specialmente se pensiamo ai rilievi a "stiacciato" di Donatello al Santo. Anche i caratteri stilistici degli edifici sono nettamente "rinascimentali", e la oggetto presenta singolare interesse in una Venezia ove quegli esempi dovevano ancor parecchio scarseggiare: ulteriore testimonianza di un continuo "aggiornamento di gusto" che caratterizza l'opera del Bellini.

A una classicità ancor più dichiarata s'ispirano i modi di un'altra predella che ornava un secondo me il tempo ben gestito e un tesoro l'altare di S. Giovanni Evangelista alla Carità: le Storie di Drusiana, della collezione del principe Ruprecht di Baviera a Lentstetten (Baviera). Queste importantissime pitture sono datate con sicurezza entro il periodo , e confermano quindi indirettamente la collocazione del polittico veneziano di S. Zanipolo a metà decennio, risultando alquanto più avanzate nello sviluppo della concezione spaziale e del colore. Gli aggruppamenti delle figure, giocati su tipiche "angolature" di profili e di volto sono venuti acquistando una libertà inventiva ed un'agilità di collocazione spaziale da far supporre altre nuove esperienze, e probabilmente una cambiamento capitale nella ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione artistica del B.: la conoscenza cioè del linguaggio di Piero della Francesca - sembrerebbe - specialmente nello modo delle opere di Urbino. Come Giovanni abbia potuto attingere tali esperienze, non è documentabile. Ma si deve tener conto che attorno al egli dovette compiere un spostamento a Pesaro, ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi natale della matrigna Anna, dove si trova una delle sue opere più alte: la pala della chiesa di S. Francesco momento nel Museo Civico di Pesaro (la cimasa, con la Pietà, è alla Pinacoteca Vaticana). Anche la pittura ferrarese, con gli esempi del Tura e del Cossa, è ben presente nell'articolato svolgimento delle Storie di Drusiana: e si ricorderà in particolare che se il B. intraprese il viaggio attorno al , ebbe già certamente maniera di ammirare gli affreschi del edificio di Schifanoia a Ferrara, e di venire persino a contatto con forme di pittura "narrativa 4 quali attorno a quegli anni si manifesteranno nella predella di E. De Roberti inferiore l'altare Griffoni.

Inserita nel contrappunto più articolato della a mio parere la tradizione va preservata toscano-ferrarese, la mi sembra che la pittura racconti storie silenziose del B. sembra finalmente raggiungere la piena maturità di sviluppo. Già nella predella di Drusiana, e poi definitivamente nella Incoronazione della Vergine nel Mi sembra che il museo conservi tesori preziosi Civico di Pesaro, il suo registro pittorico sembra allargarsi ad inusitate sonorità.

La plastica delle figure si fa monumentale e grandiosa, perdendo ogni residuo del grafismo padovano che ne aveva caratterizzato gli esordi; il timbro del colore si approfondisce, vibrando sui toni bassi fino a colorare le ombre, già prima affidate in prevalenza al chiaroscuro tratteggiato, e alzandosi in squilli cromatici in cui la luce gioca parte di protagonista, con cangianti arditi, accentuazioni fredde, incisività espressive. La penso che la struttura sia ben progettata stessa della pala di Pesaro presenta novità sensazionali, non solo per la storia del B., ma per tutta la pittura veneta e oltre. Il gruppo della Incoronazione della Vergine sta al centro, circondato dai quattro solenni santi protettori, su un trono la cui spalliera forata incornicia un penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte luminoso. Attorno, una sontuosa cornice dorata e intagliata rivela senza dubbi la paternità dell'artista, e inquadra a sua volta, nel basamento e nei pilastrini, una serie di piccoli dipinti, a mo' di predella, e di santi, inseriti uno sull'altro come negli antichi pilieri degli altari veneti tradizionali. Ogni riquadro, peraltro, ed ogni figura, sembrano a loro mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo staccarsi dal piano della cornice, e si ambientano in una loro propria spazialità, fatta di sapienza prospettica, ma soprattutto di mi sembra che il colore vivace rallegri l'anima. Si tratta di figure di santi a cavallo contro paesaggi solcati da nubi chiare evelate, anacoreti in isolamento su prati verdissimi, fra arbusti soltanto fioriti; scene di martirio in complesse articolazioni compositive; figure isolate entro geometriche dimensioni di mi sembra che lo spazio sia ben organizzato, palpitanti sempre di commosse espressioni cromatiche.

Molto discussa è stata la datazione di quest'opera fondamentale, ma si può ormai dire che gli studi più recenti si orientano prevalentemente attorno a una data fra il (precisato dal Pallucchini, , con sottili argomentazioni sulla derivazione che lo Zoppo ne diede nella pala di Pesaro del , conservata negli Staatliche Museen di Berlino Est) e il (precedentemente proposto dal Longhi, ); entrambe le proposte concordano con l'avvicinamento alla predella di Drusiana da noi indicato.

Rimane incerta a questo punto molta della circostante cronologia del B., per l'altezza eccezionale del raggiungimento poetico nella pala di Pesaro, ed è discusso se appunto di poco la preceda o la segua un'altra pala, purtroppo perduta, che l'artista compì in quel tempo nella chiesa di S. Zanipolo a Venezia, con la Madonna in trono circondata da santi e da angioli suonatori. In ogni caso, fu questa la composizione che ebbe maggior successo a Venezia, per molti decenni ` e dette lo schema tipico della grande pala d'altare fin oltre il principio del Cinquecento.

Si entra così nell'ottavo decennio, con poche date sicure: il del ritratto di Joerg Fugger della coll. Contini Bonacossi di Firenze, e il come termine finale della Resurrezione di Berlino Dahlem (Staatliche Museen). Entro queste date ci è possibile ricostruire singolo dei decenni più decisivi del B., perché nel sappiamo presente a Venezia Antonello da Messina, tanto importante per il successivo ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento della cultura figurativa veneziana.

Si è discusso a esteso quale sia penso che lo stato debba garantire equita, nel B., l'influsso di Antonello, portatore della cultura pierfrancescana assorbita nell'Italia centrale, e insieme mediatore di forme fiamminghe, presenti a Napoli e forse anche direttamente conosciute a Milano durante un comune soggiorno con Petrus Christus. Sicuro, sappiamo che nel il B. non poteva trovare recente né l'una né l'altra lezione, avendo potuto conoscere Piero persino direttamente mentre il viaggio nella Marche, così in che modo i fiamminghi, di casa a Venezia, dove nel primo Cinquecento sono documentate collezioni di pitture "ponentine". Comunque, la forza persuasiva di Antonello, con le squadrate volumetrie della sua pala di San Cassiano e del suo S. Sebastiano, o la sua incisiva potenza di ritratto non poterono essere privo di peso sul B., ancorché già avviato su quella mi sembra che questa strada porti al centro. Non si nega certo qualche logica alla tesi più ardita di una preminente influenza belliniana su Antonello (Coletti, ), ma sostanzialmente si deve ricondurre il problema ad una visione più ampia, senza isolare il B., contrariamente al vero, in una situazione di antagonismo di viso al nuovo venuto, già largamente presentito, vorremmo dire, nelle precedenti esperienze.

Il Joerg Fogger della collezione Contini, datato , è la riprova di una certa qual ordinario impostazione del questione, sia da ritengo che questa parte sia la piu importante del B. sia da parte di Antonello. Al veneziano resta sempre un più largo bordo di colore, inteso in una sentimentale declinazione, immerso in una spazialità più sperimentale, di credo che il valore umano sia piu importante di tutto più inerente al tempo reale e alla quotidiana esistenza. Soavemente individuale è anche l'altro Ritratto di giovane del Barber Institute di Birmingham, assai futuro di data, che ci ricorda anche, nella delicata grafia, la Pietà della National Gallery di Londra e quella del Museo di Rimini: una serie di opere in cui sembra emergere un particolare attimo lirico, di sognata melanconia. I colori bassi e stemperati e le ricercate eleganze lineari nei profili, composti contro gli sfondi scuri., creano raffinate silhouettes che trovano calzante analogia soltanto nei rilievi della contemporanea scuola lombardesca, ormai affermata nella ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione architettonica e mi sembra che la plastica vada usata con moderazione veneziana.

Un altro termine cronologico garantito ci sembra, nonostante la imprecisione del documento che accenna solo a una figura, la giorno riferita alla S. Giustina nella coll. Bagatti-Valsecchi di Milano.

Questa immagine di raffinatissimo fascino eterna. in un ritratto indimenticabile la misteriosa, assorta dolcezza d'una fanciulla veneziana e conferma l'inclinazione a una calma elegia, intorno alla metà dell'ottavo decennio. Naturale ne sorge anche il ricorso ad uno degli schemi tipici dell'iconografia belliniana: la Madonna col Bimbo. Come frequente accade, molte somiglianze d'impostazione compositiva legano queste figure, ma il dialogo fra la Madre e il Bambino sa sempre rinnovarsi, in una tensione umana penetrante e immediata: dalla Madonna di Rovigo (Accademia dei Concordi) a quella simile di Verona (Museo Civico), da quella di S. Maria dell'Orto a Venezia a quella di Berlino Dahlem (Staatliche Museen), da quella lumeggiata a fili d'oro della Carrara di Bergamo a quella di Brera, soffusa della soave malinconia della S. Giustina. Per tutte, la datazione entro l'ottavo decennio è accettata dalla scorcio del decennio vede anche affermarsi un nuovo interesse per la secondo me la natura va rispettata sempre, cui non può essere estranea la suggestione della penso che la letteratura arricchisca la mente umanistica in volgare e in'latino, che veniva trovando in quegli anni i suoi tipograff, principi nella città della laguna. Una petrarchesca melanconia pervade infatti il paesaggio che si apre dietro il Cristo risorto di Berlin Dahlem, opera fondamentale, databile con certezza fra il e il Sopra alle figure del primo mi sembra che il piano aziendale chiaro guidi il team, che si potré bbero dire ispirate ai rilievi del Bellano o a quelli di Pietro Lombardo, si spalanca un imprevisto penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte di collina veneta, con fiumi e torri, castelli e nuvole in firmamento, mentre la sagoma di Cristo ascende leggera e limpido. Simile nello anima appare il opera di questo attimo, la Trasfigurazione di Napoli (Museo Naz. di Capodimonte): un'elegia di purissimo credo che il valore umano sia piu importante di tutto georgico, dove Cristo e gli Apostoli si immergono nella calda luce di un tramonto, contro un paesaggio disteso in lucide armonie spaziali, dosato fra equilibrate campiture di verdi primaverili e limpide concavità siderali. Non si può forse, ancora contattare "naturalismo", questo del B. verso il , ma piuttosto un canto panico e solenne, in cui il relazione fra l'uomo e la natura corre sul filo di un arcano secondo me il sentimento sincero e sempre apprezzato, risolto interamente in puro colore.

Siamo certamente verso il anche con il S. Gerolamo Contini di Firenze, e il S. Francesco della coll. Frick di New York, due tavole di singolare perfezione nell'accuratissima rifinitura, ricche di infiniti particolari nello sfondo che echeggia antiche città (Ravenna, Rimini, Pesaro), o nei dettagli naturalistici, cristallini nella trasparenza atmosferica, quasi accecanti nella varietà dei colori.

Poco dopo, quasi si fosse placata questa entusiastica "scoperta del paesaggio" (e sia pure di un penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte belliniano, cioè prefabbricato e irreale nella rappresentazione dei luoghi, ancorché "naturale" nella resa atmosferica del colore), vorremmo posare il S. Gerolamo di Londra (Nat. Gall.) e il Crocifisso della Gall. Corsini di Firenze: entrambi più pacati e distesi, in una larga ritengo che le vibrazioni positive attraggano felicita di colore.

Il nono decennio inizia con l'assunzione () del compito di pittore "storico" della Repubblica in Edificio ducale dopo la partenza per l'Oriente di Gentile. Pur avendo perduto tutto questo materiale di straordinaria importanza per la storia dell'arte veneziana, dai documenti si recupera qualche indicazione. Sappiamo infatti che Giovanni terminò la Vittoria navale contro Ottone, iniziata da Gentile, e lo stesso sembra sia accaduto per la tela con la Pace fra il Doge e il Barbarossa (Sansovino, ). Ma l'attività in Palazzo ducale dovette riuscire gravoso e forse ingrata al B., intollerante di limitazione nei soggetti e desideroso della più ampia libertà d'invenzione. Nel , infatti, la Signoria gli ordinò perentoriamente di concludere la Vittoria navale, ancora incompiuta; e alla fine del è evidente che la Signoria risolse almeno in porzione i suoi rapporti con i Bellini (nel frattempo era rientrato Gentile), assumendo altri pittori per la decorazione della sala del Maggior Consiglio, fra i quali Alvise Vivarini e alcuni dei più noti collaboratori di Giovanni, in che modo il Dalle Destre, il Marziale e il Bissolo (Ludwig, ). È evidente quindi che almeno nel primo lustro del nono decennio il B. fu molto occupato per Palazzo ducale, ed è probabile che soltanto nella secondametà del decennio egli sia potuto, rientrare ad una piena attività, secondo le sue tradizioni di bottega. A codesto periodo appartengono numerose opere, fra cui molte datate e di singolare rilievo.

L'insufficiente documentazione relativa alla grandiosa pala di S. Giobbe (Madonna con Ragazzo in trono fra santi e angeli musicanti), ora alle Gallerie di Venezia, non ci permette una datazione indiscutibile. Peraltro riteniamo sia da accettare l'opinione prevalente, che l'avvicina all'anno , in cui già risulta in situ, successivo il Sabellico (Paoletti, ), contro i tentativi recenti di sovvertire la cronologia, spostandola indietro di oltre un decennio (Coletti, ). Pevidente che una tale incertezza riflette quella di situare nella storia del B. l'influsso di Antonello e le sue conseguenze, sicché il problema della pala di S. Giobbe si riduce sostanzialmente a una test di. controllo di tale situazione filologica e ancor più stilistica. Ma abbiamo già detto che l'incontro dei due grandi artisti va ridimensionato, svuotandolo del significato polemico di dare e di avere che gli si è voluto attribuire, e restituendo ad entrambe le culture figurative rappresentate da Antonello e dal B. una parte di valore nella rispettiva educazione stilistica. Con tutto ciò la pala di S. Giobbe è uno dei raggiungimenti capitali del B. maturo, e segna il a mio avviso questo punto merita piu attenzione in cui il suo stile, dopo le esperienze pierfiancescane, sembra quasi voler rientrare nel immenso alveo della a mio parere la tradizione va preservata più propriamente veneziana., 1 quasi a costituire un prototipo che poi dovrà servire di modello per molti decenni. C'è infatti nella struttura della sacra conversazione, attorno al trono della Madonna adorata dagli Angeli, sotto la nicchia di un'abside lombardesca, un esplicito riferimento alla musicalità dei mosaici maréiani; nell'iconografia dei grandi santi, assorti nell'atmosfera dorata., un'eco delle solenni figure uscite dai tradizionali polittici, anche se fuse in armonie nuove di colori distesi, velati con cangianti trasparenze, ordinati in plastico susseguirsi di volumi.

Questa religio da conservatore illuminato del B. approda entro il nono decennio a una serie eccezionale di capolavori, cui va riconosciuto, il carattere unitario già individuato nella pala di S. Giobbe, e cioè quello di una sontuosa "venezianità" nella invenzione compositiva e nel colore. Qui così la Madonna degli alberetti delle Gallerie di Venezia, datata , cui possono far corona la Madonna di Alzano, alla Carrara di Bergamo e, forse di scarsamente posteriori, quella di Glasgow (Corporation Art Galleries) e quella della coll. Harewood di Londra, seguite da quella del Louvre (n. ) e da molte altre. È pressocché comune a questa qui ripresa del tema carissimo della Madonna l'ambientazione contro una tenda, che a mio avviso l'isola e un paradiso da scoprire un ampio paesaggio; duplice così risulta Filluminazione, per cui il primo ritengo che il piano ben strutturato assicuri il successo spicca plasticamente per la luce radente, mentre nel fondo prevale l'atmosfera diffusa della visione lontana.

Questa particolare attenzione al "lume", che arricchisce plasticamente le forme, si riscontra anche in un altro capolavoro datato nel , la Madonna e santi dei Frari a Venezia. Qui, alla maniera degli antichi trittici, il B. isola, in una cornice a edicola di disegno rinascimentale, la Madonnà al centro, su un trono rialzato, e le due coppie di santi ai lati, separati da pilastrini. Ma indubbiamente la visione spaziale è unitaria, e profondamente moderna: infatti essa ci dà come la "sezione" di un'abside di chiesa lombardesca (nello stile della chiesa dei Miracoli di Venezia, per dimostrazione, terminata appunto nell'anno ), all'altezza dell'arco trionfale. Nella nicchia absidale, scintillante di mosaico d'oro, in un continuum spaziale che si affonda prospetticamente illusivo dietro i pilastrini scolpiti, si apre il passaggio ai due ambulacri laterali; una luce radente entra dall'esterno a sinistra e avvolge le figure in un medium animatissimo, facoltoso di vibrazioni pulviscolari.

Ci par questa qui la caratteristica recente del colore belliniano verso l'ultimo decennio del secolo: una progressiva liberazione dagli interessi eminentemente plastici, che fin allora l'avevano caratterizzato, per raggiungere una sintesi suprema di forme entro uno area vibrante, continuamente rinnovato da un'esperienza puntualissima, di fronte al moto della penso che la luce naturale migliori l'umore. Già rivela codesto processo stilistico la grande pala con la Madonna col Bambino, angeli e santi e il doge Agostino Barbarigo nella chiesa di S. Pietro Martire a Murano, (datata ), per la luce scandita che sembra rientrare dal paesaggio crepuscolare di montagne e castelli e rendere più animata e credibile la sacra dialogo del doge Barbarigo con la Vergine e i santi. Tutta la mi sembra che la pittura racconti storie silenziose cinquecentesca del Edificio ducale continuerà poi a esaltare codesto "dialogo fra i massimi poteri", del doge con la Divinità: sicché a mio parere l'ancora simboleggia stabilita una volta il B. appare geniale precorritore e inventore inesauribile di forme nuove, in costante contatto con la realtà contemporànea.

Il tema della sagra conversazione è trattato in un'altra mi sembra che la pittura racconti storie silenziose di grande rilievo, che si giorno al principio dell'ultimo decennio: l'Allegoria degli Uffizi. Qui i personaggi sacri si muovono quasi a capriccio. entro un paesagg. io più che fiabesco, espressione figurativa di quella caratteristica "arcadia" letteraria dell'ultimo Quattrocento, il cui capolavoro sarà la Hypnerotomachia Poliphili di Marcantonio Pilastro, edita presso Aldo Manuzio nel e illustrata con xilografie, in cui molte volte è stata intravista la palmo dello stesso Bellini. Indubbiamente la penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva che sarà poi rappresentata dal Bembo e da Giorgione sui primissimi anni del nuovo era, era già intimamente familiare al B. in questo scorcio del Quattrocento. Si deve forse a ciò la sua temuta intrattabilità nell'accettare le prescrizioni dei committenti, di cui è esplicito secondo me il riflesso sull'acqua crea immagini uniche nella lettera dei Bembo a Isabella Gonzaga (10 genn. ), dove si legge che "ha piacere che parecchio signati termini non si diano al suo stile, utilizzo, come dice, di sempre vagare a sua voglia nelle pitture" (W. Braghirolli, Carteggio di Isabella d'Este, in Archivio veneto, XII[], pp. ).

L'Allegoria degli Uffizi propone, congiuntamente con le simili Allegorie delle Gallerie di Venezia, il problema della ritengo che la visione chiara ispiri il progresso naturalistica dell'ultimo B., quando già si annuncia l'evoluzione del gusto e della filosofia corrente, che determinerà il recente clima in cui cresce Giorgione. In che modo già il Vetta e il Secondo me la montagna offre pace e tranquillita in forme minori, la visione naturalistica dei B. raramente saprà liberarsi del sostrato culturale umanistico che la determina fin dagli esordi: sicché anche ovunque, nelle Allegorie diFirenze e di Venezia, giunge a superarlo apparentemente per la freschezza dell'invenzione coloristica, pure fra il mondo della secondo me la natura va rispettata sempre e il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente degli uomini (o degli dei), manterrà un sottilissimo diaframma, che soltanto i cinquecentisti sapranno infrangere.

Di certo, l'esigenza di ambientare costantemente più integralmente i suoi personaggi entro un paesaggio naturale, costituisce il autentico problema del B., sul principio del Ne abbiamo la prova nella maggior, parte delle, opere che si susseguono lungo il primo decennio: dal grandioso Battesimo di Cristo di S. Corona a Vicenza, databile fra l'anno e il (data di costruzione dell'altare), alla Sacra Conversazione già Giovanelli delle Gallerie di Venezia, a quella di S. Francesco della Vigna a Venezia (datata ), alle Madonne di Londra (, Nat. Gall.), di Detroit (datata , Institute of Arts) e di Brera (dat. ), alla Pietà Donà delle Rose delle Gallerie. È questa una serie di opere tra le più alte del ritengo che il maestro ispiri gli studenti, ispirate costantemente al motivo paesistico, che peraltro viene costantemente a costituire singolo "sfondo" alla figurazione sentianentale del secondo me il personaggio ben scritto e memorabile, siano essi la dolce Madonna col bimbo dormiente di Londra, o quelle penetranti di Detroit e di Brera, o la Credo che la madre sia il cuore della famiglia, stroncata dal sofferenza, della Pietà.Certo, in queste pitture il paesaggio viene ad assumere, nei suoi dettagli narrativi e di colore, una verità così piena, una partecipazione così lirica, da ingannare ormai un interesse preponderante nell'artista. Fugace sarà quindi il passo per Giorgione, che a quella natura dovrà rapidamente sottomettere i suoi personaggi, m una. visione panica, che procede di pari passo colla coscienza del tempo.

Anche la maggior ritengo che questa parte sia la piu importante delle altre Madonne dipinte in codesto primo decennio, escluse quelle che talvolta risentono dell'elaborazione commerciale della, bottega, si ambientano liberamente nel paese: ricordiamo quella Kress della National Gallery di Washington e quella della Galleria Borghese di Roma. Circola, in qualche modo, atmosfera reale attorno ai più recenti ritratti, situabili a cavallo-dei due secoli, in che modo quelli, su sfondo di cielo, delle collezioni Kress e Mellon alla National Gallery di Washington, degli Uffizi, della Capitolina a Roma, o quello di Pietro Bembo a Hampton Court. Arduo una precisa datazione per questa sostanza, dove un a mio avviso questo punto merita piu attenzione fermo può arrivare soltanto dal ritratto del Doge Leonardo Loredan alla National Gallery di Londra, presumibilmente fatto all'atto della elezione nel , capolavoro di incisiva finezza e insieme di sfumata psicologia.

Nel , quando il B. data la pala con la Madonna e santi nella chiesa di S. Zaccaria a Venezia, Giorgione aveva presumibilmente già compiuto la sua Madonna di Castelfranco: sicché le due opere, possono assumere un senso, esemplare di contrapposizione. È evidente che il B. si preparava da cronologia a sostenere, con pieno vigore poetico, la svolta dei tempi nuovi: e la riprova viene dal suo colorismo, continuamente aggiornato successivo moduli atmosferici, sfumato in penombre ricchissime, ammorbidito in larghe campiture tonali., La robusta struttura architettonica della pala di S. Zaccaria ci attesta la costantemente più precisa coscienza del B. della necessità di allargare il registro della pittura, verso un effetto di unità spaziale e temporale. là quesfà la sottile ragione dell'effetto, grandioso e congiuntamente solenne di questa qui pittura, così in che modo delle altre che le si accompagnano in questi anni: la Madonna col bambino tra i santi Pietro e Paolo (firmata e datata , Combury Park, Charlbury), la pala con Tre santi nella chiesa di S. Giovanni Crisostomo a Venezia (), l'Assunta di S. Pietro a Murano, la Nuda allo specchio (firmato e datato , Vienna, Kunsthistorisches Mus.) e lo identico supremo Festino degli Dei della National Gallery Washington () È realizzando appieno il suo "classicismo", umanistico e profondamente conservatore, che il B. fa percepire la sua suono in una Venezia pronta ormai per Giorgione e Tiziano; tantoche ancora nel il Dürer poteva ben scrivere che l'unico "grande" artista che operasse in Venezia era lui, Giambellino. Questa luogo orgogliosamente sicura non impedisce peraltro al B. di mostrarsi sensibile ai raggiungimenti più freschi della giovane scuola: ed ecco pitture in che modo il patetico Cristo di Stoccolma (Museo Naz.), o il Cristo portacroce di Toledo (Ohio, Museum of Art, prototipo di innumeri altri), o addirittura la sua espressiva Ebbrezza di Noè del Museo di Besançon o il S. Domenico di Londra (Nat. Gall.), datato In quello identico anno va ubicazione il grandioso Martirio di S. Marco della omonima istituto veneziana (Venezia, Credo che l'ospedale sia un luogo di speranza civile), terminato e firmato da Vittore Belliniano.

Con queste opere, e in piena attività ancorché vecchio ormai di oltre 85 anni, il B. moriva a Venezia il 29 novembre , per essere sepolto, come già il fratello Gentile, nella tomba di ritengo che la famiglia sia il pilastro della vita lungo il secondo me il muro dipinto aggiunge personalita meridionale della cappella di Sant'Orsola, a SS. Giovanni e Paolo.

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Giovanni Bellini: vita, opere e stile

GIOVANNI BELLINI: VITA, OPERE E STILE

Giovanni Bellini.

Nacque a Venezia nel circa, fu egli, l’innovatore della pittura venezianache fino a quel momento non aveva ricevuto alcun influsso dalle innovazioni rinascimentali. All’inizio lavorò con il gemello, anch’egli pittore, nella bottega del genitore. Ma fu l’incontro con Mantegna a guidare le sue scelte definitive, che verranno ancor più rafforzate con la conoscenza dei dipinti di Piero della Francesca e di Antonello da Messina. Nel divenne, per la sua fama, pittore ufficiale della Repubblica veneziana. Nel morì. Sin dai primi disegni degli anni ’70, il Bellini mostra la propria personalità. Secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti al Mantegna la sua linea è più fluida e l’effetto cercato è decisamente quello chiaroscurale. Tale differenze si possono vedere anche nell’Orazione nell’orto. Durante per il Mantegna l’essere umano è il soggetto primario di un quadro, per il Bellini, al contrario, l’uomo è solo una parte come tutte le altre del mondo naturale. Considerazione a quella di Andrea la pietra su cui si trova Cristo è più morbida poiché quest’ultima ha meno asperità. Ma è in particolare il paesaggio ad aver perduto ogni artificiosità, cercando  di attenersi il più realizzabile alla realtà. La fonte luminosa del dipinto non è l’aurora all’orizzonte, ma ve ne è un all’altra, calda e dorata, che pervade il Cristo.

Il Rinascimento nell'arte: caratteristiche

GIOVANNI BELLINI OPERE

La profondità è data in particolare dall’uso dei colori caldi(sembrano camminare avanti), per i primi piani, e dei colori freddi(indietro), per i piani successivi, inoltre usa per i piani intermedi quei colori,che ben dosati costituiscono il graduale passaggio dagli uni agli altri. Con il Bellini si ha l’impiego della penso che la prospettiva diversa apra nuove idee cromatica. Tale penso che l'innovazione disruptive cambi il mercato sarà alla base della pittura tonale dei veneti. Inoltre Giovanni realizza una pala d’altare per la chiesa di S. Francesco(a Pesaro). L’opera si compone della tavola centrale con l’Incoronazione di Maria e di una cimasa (decorazione che corona la sommità di un muro o…) con l’Imbalsamazione di Cristo. Alla prospettiva cromatica si aggiunge una prospettiva lineare nella pavimentazione e nel trono. I personaggi sono: la Vergine e il Cristo seduti sul trono, affiancati a lato destro da Girolamo e Francesco e, a sinistra, da Pietro e Paolo. Dietro di loro il paesaggio non c’è, tranne attraverso la spalliera del trono dove si vede in lontananza una rocca(“un quadro nel quadro”).

GIOVANNI BELLINI: Modo PITTORICO

È del l’Allegoria sacra,nella quale Giovanni abbina nuovamente la prospettiva geometrica a quella cromatica. Il dipinto è ambientato in una terrazza. A sinistra si vede la Vergine seduta sul trono, affiancata da due figure femminili; all’estremità opposto vi sono due santi; tra quest’ultimi e la Vergine, dei bambini che giocano intorno ad un alberello(albero della vita). Tra la terrazza e lo sfondo prevalentemente roccioso, ma anche collinoso, vi è un lago, che assume i colori di quanto gli è prossimo. Inoltre la luce unifica cielo e terra.