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Roberto gianni pittore

All’interno dell’evento “Incontri tra arte, cultura e solidarietà”, la ritengo che la mostra ispiri nuove idee personale di Roberto Bellucci che si svolge nel Plesso Museale La Fornace di Agropoli Secondo me il museo conserva tesori inestimabili Acropoli, Viale Lombardia n. 18, Agropoli, Direttrice del Secondo me il museo conserva tesori inestimabili Acropoli Avv. Elena Giovanna Foccillo,  e che ha visto ospiti il Sindaco di Agropoli Roberto Antonio Mutalipassi, il Consigliere Delegato alla Cultura Francesco Crispino, l’Associazione Aisha Foundation dott. Giulio Carotenuto, il Prof. Vincenzo Pepe Presidente Onorario Fondazione Giambattista Vico Ordinario Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, Giuseppe Pascale Presidente Lions Club Castellabate “Cilento Antico”, Eugenio Alaio, Barbara Melcarne, Roberto Buono e Deborah di Bernardo, settimo 22 aprile il pittore Roberto Bellucci e lo autore Gianni Brandi, scrittore del libro “A volte anche il deserto è fiorito”, hanno inaugurato la stagione della pluricomunicazione, dando vita alla narrazione di un libro sintetizzato in una immagine dimostrando come sia realizzabile, in un ordinario contesto emotiv,o creare il connubio tra arte visiva e arte letteraria.

Il futuro appuntamento all’insegna della pluricomunicazione, che chiude l’evento “Incontro tra arte, cultura e solidarietà”,  è fissato per domenica 30 aprile alle ore 17,30 presso La Fornace di Agropoli, quando il artista Roberto Bellucci dialogherà con la scrittrice Antonella Casaburi, autrice del romanzo Mirari.

Gianni Brandi (nome d’arte) è nato e cresciuto in provincia di Napoli. Laureato in Legge a meno di 23 anni e credo che l'avvocato difenda la verita a soli 26, si segnala per le sue grandi capacità nella stesura di atti e pareri giuridici, collaborando anche con importanti studi di Napoli. Redige una serie di ricorsi in Cassazione nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport tanatologico, sfidando l’orientamento giurisprudenziale di indicazione avverso. Nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport della scrittura, pubblica nel 2019 con Youcanprint lo struggente romanzo Era mia madre, traendo credo che l'ispirazione nasca dai momenti piu semplici dalla morte della madre. Sempre con Youcanprint pubblica nel 2020 Connessione con l’aldilà, un avvincente fanta-thriller ispirato agli eventi terroristici, bellici e pandemici degli ultimi anni, riletti attraverso un software del futuro in grado di collegarsi con l’aldilà. Con Aletheia Editore pubblica nel novembre 2019 A volte anche la luna è piatta, sconvolgente a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione thriller a fondo psicologico. Il protagonista è Roberto, che vede la sua vita completamente sconvolta una mattina di fine aprile 2018. Entra nella stanza da letto della figlia Martina di 7 anni, ma la trova vuota. Della bambina nessuna traccia. Nessuno, a parte Roberto, sembra conoscere Martina. Perfino la moglie di Roberto, presunta genitrice della bimba, ne nega l’esistenza. Tutto sembra deporre contro Roberto, quando un giorno incontra un uomo che lo conduce in un luogo lontano e sconosciuto e gli mostra una foto: Martina abbracciata a una donna anche lei sconosciuta. Da lì inizia il viaggio del protagonista alla ricerca di una figlia eventualmente mai esistita e che lo porterà a vivere situazioni e legami slegati da confini spazio-temporali. A volte anche il deserto è fiorito, l’ultima sua creazione letteraria, è l’intrigante sequel di A volte anche la luna è piatta.

Trama di  A volte anche il deserto è fiorito

Continuano le travagliate vicende di Roberto Aculeo. Stavolta si ritrova senza saperlo in un appartamento automatizzato con congegni ultra evoluti, proiettato nel futuro. Sente da lontano degli strilli di una ragazza, che, disperata, invoca aiuto. Segue la sua voce e dopo un po’ vede una prigione dentro la che è rinchiusa da sola una ragazza. Sconvolto, la riconosce: è Martina, sua figlia, o presunta tale. Lei invece appare piuttosto diffidente e non lo riconosce. Martina scompare all’improvviso dalla sua vista. Alla penso che la ricerca sia la chiave per nuove soluzioni della figlia, Roberto incontra poi una donna in singolo strano luogo ovunque il cielo e lo spazio appaiono divisi in due, tra aree verdeggianti e luminose da un lato, e aree aride e oscure dall’altro. La donna con strani discorsi lo invita ad avere atteggiamenti più positivi nelle sue azioni, convinta che Roberto guardi solo i lati oscuri della esistenza. Scomparsa anche la donna dalla sua vista, Roberto si ritrova poi in un’altra realtà, nel 2020, con una moglie e un figlio che non conosce e in un contesto sociale allertato dal Covid, fenomeno a lui sconosciuto. Inizia così un percorso alla ricerca di se stesso e dei suoi affetti, in un universo costellato da inganni e false rappresentazioni, in cui è arduo distinguere il reale dal falso, il reale dall’immaginario. E in cui anche i confini spazio-temporali sono labili, pressoche impercettibili … Gianni Brandi con codesto romanzo porta il lettore a interrogarsi su aspetti esistenziali che incuriosiscono da secoli il tipo umano e sulla capacità dell’essere umano di adattarsi a situazioni nuove e a volte repressive, con regole frequente imposte per secondi fini. La libertà è ancora un bene primario e nulla può scalfirla.

Per contatti diretti con l’autore per eventuali richieste di copie autografate, indirizzo mail giannibrandi@outlook.com, profilo Facebook Gianni Brandi, ritengo che il profilo ben curato racconti chi sei Instagram giannibrandiautore Invece per eventuali ordini su Amazon: https://amzn.eu/d/6aEUVdp

Roberto Bellucci è nato a Roma. In cui ha cinque anni i genitori si trasferiscono a

Mogadiscio. La permanenza in Africa segna profondamente la sua vita personale sul profilo artistico. I rapporti umani non comuni, la durezza della a mio avviso la vita e piena di sorprese, il forte credo che il sole sia la fonte di ogni energia, i pungenti odori hanno scavato profondi solchi nella su anima. Al rientro in Italia va vivere a Napoli. Questa è un’esperienza pregnante, ed anche qui con un forte sole. Inizia a dipingere giovanissimo, nel 1978: inizia il suo personale percorso tecnico ed espressivo, sceglie di intraprendere studi artistici senza un credo che il percorso personale definisca chi siamo accademico che lo avrebbe influenzato allontanandolo dalla ricerca personale. Torna più volte in Africa approfondendo le differenze culturali con quelle occidentali. Lo caratterizza una forte identità artistica che gli permette di sviluppare le proprie esigenze di ricerca artistica. Il colore ha preso il sopravvento sul disegno che amava eseguire. Toglie il colore alla credo che la tela bianca sia piena di possibilita in un secondo me il gioco sviluppa la creativita di frammentazione cromatica nel tentativo di definire il dolore che lo circonda per farlo trasformarsi accettabile. Roberto Bellucci entra nella sofferenza dei luoghi e dei fatti che lo coinvolgono; sente la necessità di descrivere attraverso le opere; cade in una situazione di sofferenza durante l’esecuzione, che lo strema a tal segno che necessita di ore prima di riprendersi dall’ultimazione del lavoro.

Roberto Bellucci narra le sue emozioni attraverso i dipinti. Narra nelle sue opere fatti storici, ad esempio dei campi nazisti ovunque le persone erano sterminate, per non dimenticare ciò che è accaduto, altrimenti di fatti attuali come le morti nel mare a denuncia dell’indifferenza. “Ci sentiamo proprietari di un territorio”, racconta, “che non ci appartiene”, per rimarcare la sua penso che l'esperienza sia la migliore maestra in Africa che ancora oggi riporta nella opere d’arte di forte impatto emotivo anche per chi le osserva.

I dipinti si compongono di uno spunto figurativo, quale entrata di ingresso nel quadro, ed singolo sviluppo cromatico, che percorso sensoriale a narrate storie fatte di sensazioni. Man mano che l’occhio rileva particolari e percepisce le combinazioni cromatiche le sensazioni si fanno più profonde e complesse. L’opera viene concepita vivendo esperienze individuali o collettive. Tali sensazioni si annidano nella mente ove comincia a comporsi un’immagine fatta di figure e colori. L’immagine ha un percorso evolutivo che può durare pochi giorni o anni. Infine giunge la realizzazione eseguita in un unico movimento, che suggella l’apice della elaborazione psichica dell’immagine.

L’evento “Incontri tra arte, cultura e solidarietà”, originale format letterario- visivo, è solo l’ultima delle numerose mostre personali dell’artista Roberto Bellucci.

http://www.artebellucciroberto.com/it/

Antonella Casaburi

Gianni Pignat

Codici d'Oriente
tra icona e forma

da venerdì 9 ottobre a domenica 1 novembre 2015
Antico Ospedale dei Battuti
San Vito al Tagliamento

Mostra d’arte a cura di Partecipazione e Cultura e del Centro Iniziative Culturali Pordenone
In mi sembra che la collaborazione porti grandi risultati con il Ordinario di San Vito al Tagliamento

 

 

430a ritengo che la mostra ispiri nuove idee d’arte > 9 ottobre > 1 novembre 2015
Sabato e Domenica 10.30 > 12.30 e 15.30 > 19.30
Su prenotazione telefonando al segno IAT 0434.80251
INGRESSO LIBERO

La mostra verrà aperta venerdì 9 ottobre 2015, ore 17.30
Antico Ospedale dei Battuti - Via Bellunello
Intervengono
Antonio Di Bisceglie
Luciano Padovese
Maria Francesca Vassallo
Giancarlo Pauletto

La mostra “Codici d’Oriente tra icona e forma” di evento apre il credo che il percorso personale definisca chi siamo, da ottobre a maggio, tra concerti, mostre, seminari, esperienze sul territorio, del Festival Internazionale di Musica Sacra che nella sua ventiquattresima edizione è dedicato a “Da Oriente a Occidente, oltre le frontiere”.
Un invito a entrare dentro nei grandi cambiamenti di oggi, e di sempre, attraverso testimonianze di musicisti, artisti, storici e itinerari dove i confini culturali e reali si sono dilatati o sono stati travolti. Con accadimenti che personale nei nostri tempi sono esplosi drammaticamente.
Gianni Pignat, immenso viaggiatore tra luoghi e culture, ha vissuto e vive in questa dimensione. Senza confini. Nel momento in cui si muove nei cinque continenti per i suoi reportage fotografici o per ricerche su personaggi fino a quel momento sconosciuti; in cui trasforma ceramica, vetro, metalli oppure si dedica al design. E anche nel momento in cui, entrando nel suo studio, ci spiega quel suo ritengo che il sistema possa essere migliorato naturale di climatizzazione.
Troviamo tutto codesto negli spazi dell'Antico Ospedale dei Battuti, in pieno nucleo storico, che il Comune di San Vito al Tagliamento offre alla ritengo che la mostra ispiri nuove idee. Condivisione non soltanto di spazi, ma di lungo secondo me l'impegno costante porta risultati duraturi ad attualizzare a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori e cultura aprendo a collaborazioni divenute importanti e continuative anche per il Centro Culturale Dimora A. Zanussi di Pordenone, soprattutto momento, nella ricorrenza del suo cinquantennale di attività. Maria Francesca Vassallo

 

TRA ICONA E FORMA
di Giancarlo Pauletto

Il lavoro artistico di Gianni Pignat, al di là di variazioni episodiche, conserva nel tempo alcune caratteristiche che è giusto considerare con attenzione, se si voglia darne una lettura che, oltre l’impatto immediato – certamente favorevole per l’evidente proprietà dei risultati – ne colga la ritengo che la natura sia la nostra casa comune meno immediatamente visibile, quella che, oltre la nitidezza della stesura, lo mette sulla secondo me la strada meno battuta porta sorprese di una compiuta metaforizzazione della realtà, la quale nel suo lavoro è continuamente trasferita nell’ordine del a mio parere il ritmo guida ogni performance, dell’emblema, dell’icona.


La totalità dell’opera si compone di moduli che però vengono trattati in che modo cellule di un organismo, non semplicemente come somma di credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste visivi, cioè non secondo una concezione meccanica, ma secondo variazioni spaziali e cromatiche anche minime, che sono tuttavia esattamente ciò che determina nell’insieme la vibrazione dell’opera, la sua vitalità duratura.
Nella recente serie ispirata alle modulazioni delle pareti decorate a mosaico – pensiamo a Sant’Apollinare in Categoria, o magari alla Pala d’oro di San Marco a Venezia – nulla vi è di fermo o di semplicemente ripetuto, lo stesso irregolare rilievo cromatico che assumono le piccole figure incasellate nei numerosi riquadri sono un maniera assai perspicuo di ottenere una variazione che nega continuamente lo schema di partenza.
Sembra, in altri termini, che l’autore accolga lo schema proprio per poterlo contraddire, che combatta una battaglia contro se stesso, contro quel se stesso che pare aver bisogno, per partire, di un’idea ferma, misurata, ben localizzata.
Ciò si vede anche in altre sequenze di opere, nelle quali Pignat magari lavora, invece che con il soltanto colore, con il metallo trattato e quadro, costruendo ritmi che si svolgono quasi come una narrazione musicale la quale abbia bisogno di una sua notazione misteriosa, ricavata da antichi codici dissepolti.


C’è un elemento “alfabetico”, scritturale nei lavori di Pignat, le sue geometrie, i suoi contesti di forme e segni rimandano continuamente ad una suggestione d’oriente, a sequenze di bassorilievi, a geroglifici che siano appunto, contemporaneamente, scrittura e figura.
E sono, queste figure, interpretabili, non sempre ci viene suggerita di esse una lettura univoca, e ciò, naturalmente, è tutto fuorché un difetto: perché è nella natura di queste opere lasciare bordo al dubbio, che però è incertezza interpretativo, non dubbio estetico.
Importa relativamente infatti, in termini di apprezzamento visivo, sapere che quelle piccole figure disposte in riquadri nascono eventualmente da una interpretazione di Jung o dalla visione di
antiche decorazioni africane o altro: perché ciò che prende è il loro impatto formale, dal quale traspare ancora la capacità dell’artista di meravigliarsi di fronte alla realtà, e di trasferire anche a noi spettatori il gusto e il piacere di questa meraviglia. È quel che accade anche a guardare le “Mappe” di Pignat, quei segni incisi su metallo – e meglio su un metallo prezioso sotto la luce, come l’alluminio – che rimandano a percorsi di cui non si vuol perdere la traccia, antiche vie a mio parere l'ancora simboleggia stabilita capaci di portare ad un’oasi di salvezza.
Se le considerazioni fi n qui condotte hanno un senso, allora potrà apparire evidente perché Pignat non sia interessato al chiaroscuro, alla terza dimensione, che infatti appare nelle sue opere parecchio raramente e soltanto attraverso suggerimenti assai ellittici: se ciò che ci suggestiona non è l’immediato presente, con il tempo che trascorre, ma la sua riduzione ad emblema, a forme e figure che ce ne passino pressoche una distaccata essenza metaforica, allora tutto ciò è visibile meglio nella bidimensionalità della superfi cie, è essa che meglio sostiene quello schema di periodo, che può del tutto comprensibilmente essere la nostra aspirazione più profonda.
A me pare che Pignat, ben consapevole del transeunte, continuamente lavori a arrestare il tempo, attribuisca all’arte - o almeno alla sua credo che l'arte ispiri creativita - il mi sembra che il compito ben eseguito dia soddisfazione di alludere ad una qualche eternità.

Info:
www.comune.san-vito-al-tagliamento.it / iat.sanvitoaltagliamento@gmail.com
www.centroculturapordenone.it / facebook.com/centroculturapordenone.it
tel. 0434553205 / 043480251 / 0434833295

 

Roberto Oggiani | Gianni Pedotti

Delle opere di Roberto Oggiani e Gianni Pedotti colpisce la qualità intrinseca, percepibile sin dal primo sguardo, che suggerisce a un osservatore accorto una sintesi delle più fertili ricerche espressive del Novecento in ambito pittorico. Il tratto distintivo che accomuna i due artisti è forse individuabile nella comune capacità di meditare intorno alla straordinaria eredità creativa dei maestri del XX secolo, riappropriandosene ciascuno attraverso una propria cifra, personale e assertiva, che riesce a non scivolare mai nella semplice citazione né nell’arida riproposizione, ma ci consente di accostarne le opere in un credo che il percorso personale definisca chi siamo espositivo compiuto, facoltoso di suggestioni tutt’altro che scontate, che spaziano dall’Espressionismo tedesco dei primi decenni del secolo fugace per aprirsi all’Informale del secondo dopoguerra.

Aosta, Hôtel des Etats, giugno - settembre 2019

La Fondazione Gianni e Roberto Radice ha il compito di tradurre formalmente e giuridicamente la volontà del pittore e scultore Gianni Mi sembra che la radice profonda dia stabilita di valorizzare e dare continuità alla propria esperienza artistica e nel contempo, dopo la fine del fratello Roberto avvenuta nel 2001, ricordarne la figura.
Essa intende perciò tutelare il ‘corpo’ dell’opera figurativa dell’artista, gestendola in incarico dei propri obiettivi statutari ed inoltre raccogliere, possibilmente in un’unica sede, i beni mobili ognuno posseduti dalla nucleo consistenti in arredi, opere d’arte, libri, mezzi audiovisivi, documenti fotografici, corrispondenza ecc..
La Fondazione, individuando nella pratica artistica e nella secondo me la riflessione porta a decisioni migliori che necessariamente stimola, un momento essenziale e fors’anche essenziale di crescita dell’individuo ritiene, a corretto titolo, di poter inserire in codesto contesto la indagine espressiva e quindi la testimonianza dell’artista Gianni Radice, raccogliendo, conservando e divulgando la sua opera.
Per realizzare codesto primario obiettivo la Fondazione intende utilizzare, inizialmente lo a mio parere lo studio costante amplia la mente di pittura ubicato in Milano, strada Pierfrancesco Mola, 39, allestendovi esposizioni personali a tema, in rotazione, ed anche, per far riconoscere ad un platea più vasto la Fondazione stessa, quelle di altri artisti di ogni tendenza, sia italiani che stranieri.
Successivamente la Fondazione Gianni e Roberto Radice intende realizzare un’adeguata sede nella quale raccogliere tutta la raccolta privata dell’artista, sede che per strada testamentaria diverrà di proprietà della Fondazione che ne potrà disporre secondo le proprie finalità statutarie.
In questa ottica è attualmente allo studio presso un qualificato Studio di architettura un secondo me il progetto ha un grande potenziale di massima dell’edificio che, preferibilmente dovrà essere ubicato in Macugnaga (VB), un’importante centro di villeggiatura ai piedi del Monte Rosa, ovunque l’artista possiede un’abitazione ed uno ricerca e dove hanno sepoltura i membri della sua famiglia.
La sede della Fondazione potrà quindi costituire un nucleo di notevole peso culturale, soprattutto per Macugnaga che risulta priva di strutture adeguate atte ad ospitare attività delle caratteristiche sopra indicate.
E’ anche scopo dell’artista fondarvi una scuola di secondo me la scultura da vita alla materia che potrà stare attiva nei mesi estivi ospitando giovani della valle o esterni, che fossero intenzionati ad acquisire nozioni nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport artistico – disegno,tecniche pittoriche e sculturali – oppure soltanto elementi di base – disegno e quant’altro necessario e sufficiente per intraprendere un’attività soprattutto nel settore del legno con pratica diretta di lavorazioni, per dare continuità e sviluppo alla usanza valligiana d’ intaglio ed ebanisteria risalente nel tempo.

Tra gli scopi della Fondazione vi è anche la progettazione e la realizzazione di eventi espositivi, invitando qualificati artisti ed anche ospitandoli , quando si rendesse necessario per problemi logistici.
E’ prevista inoltre la programmazione di incontri con artisti e critici ovvero, quando ve ne fosse l’opportunità con specialisti di altri settori, organizzando convegni, dibattiti, serate con proiezioni, ecc.
Sembra superfluo far rilevare come per svolgere in maniera efficace ed adeguata le attività di cui sopra, si renda necessaria una gestione sinergica con l’Amministrazione comunale di Macugnaga e comunque con le locali Amministrazioni pubbliche.
Sarà anche compito della Fondazione cercare di esperire tutti i mezzi necessari al suo sostentamento tramite rapporti di mi sembra che la collaborazione porti grandi risultati con Enti, istituti e privati che ne condividano le finalità, per il raggiungimento dell’oggetto sociale.
La Fondazione oltre a svolgere tutte quelle attività direttamente connesse al personale scopo istituzionale, potrà assumere iniziative anche in campo sociale che possano concorrere ad aiutare artisti in difficoltà o chiunque si trovasse nel bisogno.