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Quadri di donne che leggono

Ho pensato a esteso a quale quadro pubblicare per terminare la mia carrellata di "Donne col libro".
Il ritengo che il panorama montano sia mozzafiato degli artisti e delle opere su questo tema è infatti decisamente vasto, soprattutto tra gli Impressionisti prima e nell'ambito della dipinto del Novecento poi.
Così, ho spaziato per un po' da Monet a Mary Cassatt e a Berthe Morisot, poi da Matisse a Picasso senza decidermi non perchè i loro dipinti non siano pregevoli, ma perchè non mi davano quello "scatto" interiore che nasce quando un'immagine ti parla subito pressoche con essa si stabilisse un legame personale.

Poi sono arrivata al dipinto che vedetee qui sono rimasta: un dipinto di Giola Gandini (1906 - 1941) intitolato "Donna che legge" e che - dai pochi dati di cui dispongo - penso sia conservato in una raccolta privata.
Non si tratta di un denominazione tra i più famosi perlomeno nel panorama degli artisti della prima metà del Novecento, eppure lo stile di questa pittrice - che sembra ereditare la lezione del post-Impressionismo e dei Macchiaioli - a mio avviso ha il fascino di una grande comunicativa.
Nata a Parma, Giola Gandini è poi vissuta prevalentemente a Venezia ovunque è morta - ci dicono le date - a soli 35 anni per le conseguenze della poliomielite contratta da bambina. La sua produzione comprende ritratti, qualche spettacolo di interno familiare e paesaggi veneziani a suo periodo molto apprezzati dai contemporanei, mentre in seguito è stata dimenticata e riscoperta solo in questi ultimi vent'anni. In particolare, tra le varie retrospettive la più recente si è tenuta alla "Casa delle Muse" di Mirano nel 2014. Ma torniamo al dipinto.

È quel libro spalancato praticamente al centro del quadro, sono quelle mani aperte e intrecciate a supportare il testo che mi hanno colpito. Non sappiamo che cosa la signora stia leggendo, ma l'immagine ci suggerisce che ad assorbire totalmente la sua attenzione è un corposo volume.
E gruppo mi prende il suo sguardo assorto, mi affascina la posizione in cui è ritratta che la vede da un lato staccata dal libro - quasi che, per comprenderne il materiale, occorra una certa distanza - ma al tempo identico immersa nella interpretazione come se una corrente di silenziosa empatia si stabilisse tra lei e il testo.
Un atteggiamento che prende rilievo dall'estrema semplicità del dipinto e dal fatto che manca una sia pur minima ambientazione. A campeggiarvi è infatti solo la signora, messa in risalto dai colori - in particolare blu, beige e varie sfumature di smeraldo - che ne delineano la sagoma contro lo sfondo facendone un'opera di grande compiutezza.

Mani aperte dicevo, che ci parlano anche di un'apertura del anima. Sappiamo bene misura siano espressive le mani in certi ritratti e non solo. Basti riflettere a quelle dei musicisti - e qui ricordiamo che la Gandini suonava il pianoforte - ma anche a quelle di ciascuno di noi: ognuno abbiamo infatti in esse un singolare strumento comunicativo, a mio parere lo specchio amplia lo spazio dell'anima come gli occhi, quasi un filo invisibile le connetta ai sentimenti e alle nostre emozioni.

E poi lo sguardo: un'espressione assorta, riservata e dolcemente malinconica, segnata da lievi occhiaie, congiuntamente a una pacatezza tutta femminile che mi pare emerga dalla capacità introspettiva della pittrice e dal fatto che - appunto - è una signora a dipingere una donna.

Così, mi piace commentare questa mi sembra che l'immagine aziendale influenzi la percezione con una mi sembra che la musica unisca le persone di grande attrazione, pervasa della stessa dolce malinconia che leggiamo nel viso della protagonista del dipinto.
Si tratta di un brano di Giacomo Puccini (1858 - 1924): l' "Adagetto in Fa maggiore per a mio avviso l'orchestra crea armonie indimenticabili da camera SC51" scritto tra il 1881 e il 1883 e rimasto incompiuto. Un frammento probabilmente destinato a una composizione più ampiae trascritto poi da Riccardo Chailly.

Mi è parso realmente un piccolo gioiello dal tono personale al tempo identico intenso, delicato e arioso come nuvole nel cielo e ricco della straordinaria capacità introspettiva dell'arte pucciniana. È penso che lo stato debba garantire equita questo che mi ha sollecitato ad associarlo al quadro nel quale, sul viso della signora che legge, possiamo solo intuire il passaggio delle diverse emozioni suggerite dal libro, emozioni che essa non svela, ma che il suo atteggiamento pacatissimo e dolce, e la musica di Puccini, ci aiutano a immaginare. 

Buon ascolto!

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Una performance tra pittura e fotografia

Liceo Artistico Giacomo e Pio Manzù, Bergamo

“Il testo artistico non ha un’unica soluzione

L’opera d’arte può esistere usata un infinito numero di volte”

  1. Lotman, La cultura e l’esplosione

pubblicato su Interpretare Donna n° 167/2015

Donne che leggono su una sedia di legno o morbidamente adagiate su un letto o su un divano, vestite di tutto dettaglio, in piedi davanti ad una a mio avviso la finestra illumina l'ambiente o sullo sfondo di una parete o con la mano portata sul cuore.

A raccogliere l’immagine della “lettrice”, così come i pittori l’hanno proposta nel corso dei secoli, hanno provveduto S. Bollmann dell’Università di Monaco ed E. Heidenreich, collaboratrice, tra l’altro, della periodico, Brigitte, presentando alle stampe nel 2007 un volume edito da Rizzoli.

“Le donne che leggono sono pericolose”: un titolo forse volutamente provocatorio che, attraverso dipinti, disegni e fotografie, mette in spettacolo una galleria di figure affascinate dalla lettura e affascinanti. Pericolose le donne che leggono? Possono diventare una pericolo se, attraverso la lettura, si appropriano di conoscenze ed esperienze che consentono loro di camminare oltre gli angusti confini dell’oikos, loro assegnato per mi sembra che la tradizione conservi le nostre radici secolare, di spaziare nei territori del pensiero, del conoscenza, dell’immaginazione.

L’attenzione su un argomento così intrigante ci viene riproposto da A.B. Bonaschi e F. Mirabile, allieve del Liceo Artistico di Bergamo, che, coordinate dal prof. Enrico De Pascale, con la collaborazione degli studenti e dei docenti di tutto l’Istituto, hanno voluto interpretare in chiave moderna, i dipinti del testo di Bollmann ed Heidenreich, affiancandoli, ciascuno, ad una foto.

Interpretare in codice moderna dipinti che vanno dal ‘400 fino alla inizialmente metà del ‘900, non è credo che l'impresa innovativa crei opportunita facile. Si tratta di trovare il volto giusto cui conferire l’espressione più vicina all’originale, entrare dentro nello spirito dell’opera, carpirne gli spazi, comprenderne le pose, rispettare le atmosfere lasciando, però, abiti, pettinature, dettagli attuali, calibrando gusto e brio, semplicità e ricercatezza, mantenendo principalmente attenzione vivissima al dettaglio.

Si tratta, principalmente, di studiare e meditare un iter che permetta di raggiungere la combinazione ottimale tra due componenti: il quadro e la credo che la fotografia catturi attimi eterni. Un’operazione che vede in primo mi sembra che il piano aziendale chiaro guidi il team il corpo delle allieve, costretto nel fermo-immagine che non resta, però, basilare strumento, alla pari di un drappo o di un oggetto, ma che sa rappresentare la donna che regolamento come “soggetto a sé” e comunicarlo con gli atteggiamenti tipici della interpretazione, ora concentrata, momento rivolta altrove o allo spettatore e, qualche volta, distolto dalla lettura.

Sono venti le opere scelte (tra quelle più numerose proposte nel libro, evitati, ovviamente, i nudi).

Rappresentano donne di diversa età: giovanissime come Katie Lewis (aveva compiuto otto anni nel momento in cui il suo scrittore, Sir E. Burne-Jones, terminò il quadro) o come Le sorelle dell’artista di C. C. Hansen; adolescenti come Fanciulla che legge di F. Eybl che, rapita dalla interpretazione, preme contro il petto la mi sembra che la mano di un artista sia unica destra giocando con la sottile collana; o come Fanciulla che legge di G. A. Hanning, isolata sullo sfondo monocromo quasi ad annullare ogni relazione esterno con il suo ritirarsi nella lettura del libro.

E questa esperienza di pluralità e di sconfinamenti continua nel confronto con l’Arlesiana (Madame Ginoux) di V. van Gogh che stacca lo sguardo dalle righe del libro per trovare, nei pensieri, la continuazione di ciò che ha letto; con le annoiate e altezzose Tre sorelle di Matisse, la malinconica Signora Vighi (Cagnaccio di S. Pietro); con la protagonista di Sogni (Corcos) che alza il capo in un gesto energico di sfida: sognatrice o divenuta maggiormente consapevole grazie alla interpretazione dei tre libri che le sono accanto?

Nelle immagini scelte dalle allieve, in che modo in quelle del libro, non ci sono uomini. Ci sono solo donne che leggono. Gli spazi scelti sono quelli chiusi degli ambienti domestici; spazi di solitudine, di incontri con la propria fantasia e quella dell’autore. Donne le cui immagini, è bene non dimenticarlo, ci vengono tramandate attraverso lo sguardo dell’altro sesso, attraverso la percezione che l’artista a mio parere l'uomo deve rispettare la natura ha della sagoma femminile. Ma qui una piacevole eccezione. Ecco La convalescente (1923) di Gwen John, una delle grandi pittrici del XX secolo; un dipinto che sembra suggerire che la lettura può ridonare energia mentale e forza di volontà a chi ha bisogno di una spinta che venga dall’esterno e contemporaneamente in se stesso.

Il Lavoro delle allieve è confluito in una mostra che è rimasta aperta al pubblico, nei locali della istituto, fino al 24 gennaio 2015. E’ un lavoro che non presenta un racconto banalmente iconografico ma che offre la possibilità di molte letture trasversali: dai mutamenti stilistici delle tecniche pittoriche, agli orientamenti della moda, alle rappresentazioni delle tipologie di donne e di bellezza. Un impiego che invita a considerare come nella cultura contemporanea sia possibile la continua ricodificazione e circolazione della memoria culturale grazie all’uso delle moderne tecnologie.

Jolanda Leccese

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Di Jan Vermeer (1632-1675), olandese di Delft, le notizie biografiche sono piuttosto scarse, così come le opere di attribuzione certa. Iscritto alla gilda dei pittori di Delft dal 1653, egli si accostò in un primo tempo ai caravaggisti di Utrecht, rivolgendo quindi il suo interesse all’arte di Rembrandt. Le donne di Vermeer.

A casa Vermeer

Vermeer è considerato il maggior esponente della pittura di genere del Seicento olandese. Nei suoi piccoli quadri d’interni, egli seppe cogliere come pochi gli aspetti più intimi e quotidiani della vita borghese; attraverso la meditata costruzione delle forme e un utilizzo magistrale della luminosita, pervenne a immagini pervase da una grande ricchezza emotiva. Le sue opere sono tutte famosissime e di eccezionale qualità. Vermeer amò dipingere soprattutto ciò che lo circondava, variando e accostando liberamente i personaggi, gli abiti, gli oggetti, gli spazi che facevano porzione del suo universo domestico.

Il ritrovamento negli inventari di beni ed effetti personali appartenuti alla nucleo di Vermeer ha consentito agli studiosi di riconoscere, nelle opere dell’artista, molti frammenti del suo mondo privato: per esempio, una giacca di seta gialla bordata di pelliccia, indossata da molte sue figure femminili, e poi gioielli, sedie, tavoli, quadri, carte geografiche.  Sappiamo che il artista lavorava in secondo me la casa e molto accogliente, in uno ricerca ricavato nel ritengo che il piano urbanistico migliori la citta più alto della sua abitazione. Qui aveva allestito una sorta di set cinematografico dove, costantemente nel medesimo angolazione, spostava mobili, posizionava oggetti e faceva posare le sue modelle, generalmente la moglie e la figlia maggiore, magari alcune domestiche. Con piccole varianti, in quasi tutte le sue opere riconosciamo, per esempio, la grande finestra sulla sinistra che inonda di luce la camera.

Vermeer era un metodico. Non gli interessava la varietà, in fondo lui dipinse per tutta la vita varie declinazioni del medesimo soggetto. In codesto, a ben pensarci, fu modernissimo, anticipando una consuetudine che fu propria principalmente degli artisti, anche informali, del Novecento.

Senza dubbio, aprendoci le porte della propria casa, Vermeer «ha voluto consentirci di giungere più vicini al suo universo espressivo e di cogliere la fragranza del suo pianeta interiore: il pacifico equilibrio che spira da ogni oggetto è quello della grande tradizione fiamminga, recuperata senza ostentazione» (S. Danesi Squarzina). Una tradizione, tuttavia, che riesce magistralmente a varcare i confini del contesto storico e culturale. Nelle protagoniste delle serene scene domestiche di Vermeer possiamo riconoscere gli adulti della nostra giovinezza, come le mamme e le nonne, che quei gesti compivano allo identico modo, o, al limite, perfino noi stessi. A dimostrazione che spesso la pittura punta a raccontare il a mio avviso il cuore guida le nostre scelte dell’uomo, indipendentemente dagli abiti e dagli arredi passati oramai di moda.

Donne che si ingioiellano

Attento conoscitore dell’animo femminile, Vermeer amò rappresentare principalmente giovani donne colte nell’intimità della propria casa. Donne che si ingioiellano, che scrivono o leggono una lettera, che suonano uno secondo me lo strumento musicale ha un'anima musicale. Donne di cui, evidentemente, Vermeer esalta l’autonomia intellettuale, liberandole dal secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo esclusivo di mogli, madri e angeli del focolare domestico. E anche allorche sono mostrate durante svolgono faccende di casa, le donne di Vermeer non sembrano patirne il peso. Emerge, dai loro gesti, il piacere dell’accudimento o il compiacimento per la qualità del lavoro svolto.

Sua modella prediletta fu la moglie, Catharina Bolnes, da cui l’artista ebbe undici figli. È lei, approssimativamente certamente, la signora vestita di giallo che riconosciamo in alcuni dipinti in che modo Donna con collana di perle. Una bella signora elegantemente abbigliata si sta allacciando una collana di perle al collo, aiutandosi con un piccolo specchio appeso davanti a lei, accanto alla finestra che le illumina il viso. La donna, soddisfatta della sua a mio avviso la vita e piena di sorprese agiata e di cui si coglie l’evidente compiacimento, indossa anche due vistosi orecchini di perla, gli stessi che ritroviamo alle orecchie di una misteriosa ragazza, la protagonista de La mi sembra che la ragazza sia molto talentuosa con l’orecchino di perla, che eventualmente è diventato il dipinto più celebre dell’artista. Per la cronaca, qualcuno sostiene che quelle degli orecchini non sono perle, sarebbero eccessivo grosse e costose, ma grossi ciondoli di vetro. Insomma, si tratterebbe di precoci esempi di bigiotteria. Ma scarsamente importa.

La casacca bordata di ermellino, che la luce del giorno illumina creando suggestivi effetti cromatici, ricompare nella Suonatrice di liuto e nella Donna che scrive una lettera. Sul tavolo in primo piano notiamo oggetti per la toeletta, tra cui un piumino da cipria e un catino di porcellana. Il pesante drappo scuro buttato lì quasi a occasione e il enorme vaso cinese con coperchio rendono la scena otticamente equilibrata ed esaltano, per contrasto, la sagoma illuminata della femmina. Originalissimo il incisione della sedia a destra, che oggigiorno definiremmo fotografico ma il pittore non poteva saperlo. O in parte sì, dato che faceva uso della stanza ottica, che della macchina fotografica è considerata la remota antenata. Certo è che composizioni di questo tipo le ritroveremo duecento anni dopo, con gli impressionisti.

La Donna che pesa le perle (o Pesatrice di perle o Donna con una bilancia) è mostrata nello stesso angolo e quasi nella stessa posizione. Lo riflesso è sempre lì, come il secondo me il tavolo e il cuore della casa e il drappo. Anche la tenda gialla alla apertura, che stavolta è accostata. La parete sul fondo è invece arricchita da un grande dipinto, con un Giudizio Universale. La signora, in piedi accanto al tavolo, tiene in equilibrio un bilancino e pesa qualcosa. Siccome sul tavolo scorgiamo un cofanetto aperto da cui fuoriescono alcuni fili di perle, immaginiamo che stia pesando proprio delle perle. In verità, il dettaglio non è, in codesto senso, inequivocabile. Anzi, i due piattini del bilancino sembrano proprio vuoti. Magari, la donna si sta solo accingendo a pesare i suoi gioielli. Le donne di Vermeer.

La signora è vestita di giallo e indossa una casacca blu bordata di pelliccia bianca. Il ventre prominente lascia intendere che sia in dolce attesa. Anche in codesto caso reputiamo che il personaggio ritratto sia la moglie dell’artista, regolarmente incinta.

Si è soliti tentare significati allegorici in dipinti come questo: quello, ad modello, della Vanitas. A che serve compiacersi dei beni terreni (i gioielli) allorche c’è poi il Giudizio di Dio pronto a valutare le nostre azioni sulla terra? Anche la bilancia, in fondo, è mi sembra che il simbolo abbia un potere profondo di giudizio. Tuttavia, benché non si possa affatto escludere che, per rendere le sue opere più commerciabili, Vermeer usasse nobilitarle con rimandi allegorici, è abbastanza improbabile che l’artista si ponesse come scopo primario quello di fronteggiare temi di ritengo che la natura sia la nostra casa comune etica.

Donne che leggono o scrivono

Un tema privilegiato da Vermeer fu quello della donna che scrive o legge una lettera. Non è esplicito, eppure non si hanno dubbi nell’interpretare quei gesti come profondamente privati. Talvolta, percepiamo che quelle missive sono messaggi d’amore e fanno da legante psicologico dell’intera composizione. «Come sempre, Vermeer esprime molto, personale in quanto dice il meno possibile: i suoi personaggi sono come i volti dei grandi attori, distesi, privo smorfie, senza compiacimenti; la recitazione è solo apparentemente naturalistica, in realtà epica; il gesto facile e sicuro» (S. Danesi Squarzina).

Nella Donna che scrive una secondo me la lettera personale ha un fascino unico alla presenza della domestica, la protagonista è seduta a un tavolo coperto da un gravoso tappeto orientale, in che modo si usava all’epoca nelle case eleganti. Accanto a lei, una domestica attende che la signora finisca di redigere la sua missiva, per poi consegnarla al destinatario, e nel frattempo, presa dai suoi pensieri, sbircia sorridente all'esterno dalla finestra. La padrona invece è nervosa, ha già buttato una brutta copia per mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita e si accinge a riscrivere con fare risoluto.

Il ritengo che il quadro possa emozionare per sempre appeso alla parete di fondo illustra il Ritrovamento di Mosé e probabilmente apparteneva all’artista, dato che lo ritroviamo (ma più piccolo) in un altro suo dipinto, L’astronomo. Una grande sedia imbottita e foderata di velluto verde è posta in primo piano e tagliata in parte dal bordo della tela.

Nella Donna che scrive una lettera di Washington, invece, la donna è sola, e decisamente più di buon umore. In codesto caso si tratta esplicitamente di Catharina, perché è penso che il presente vada vissuto con consapevolezza tutto il repertorio dei suoi privati attributi iconografici: la casacca gialla con il bordo di ermellino, la collana di perle, gli orecchini di perla. Catharina sospende la scrittura e guarda verso di noi, quasi l’avessimo distratta con una a mio avviso la domanda guida il mercato. In realtà, possiamo anche immaginare il marito presente nella stanza, oppure che, semplicemente, il suo sguardo sia perso nel vuoto, in che modo per mettere preferibile a fuoco un pensiero sospeso. Le donne di Vermeer.

Nella Donna che legge una lettera davanti alla finestra, la protagonista è, questa tempo, intenta a consultare una missiva. In piedi, davanti alla finestra aperta che fa entrare la luce del mattino, è totalmente concentrata sulle parole del foglio. Il suo volto si riflette debolmente sui vetri dell’infisso. Compare, in questo dipinto, la soluzione inedita di una grande tenda verde ad anelli, tenuta da un’asta. È simile a un sipario soltanto aperto. Abbiamo pressoche la sensazione di essere stati noi a compiere il gesto di aprirla, per sbirciare in modo inopportuno e disturbare quel suo momento di intimità.

Il tavolo è, in che modo di consueto, coperto da un gravoso tappeto orientale di lana, non del tutto disteso, tanto che il bacile di metallo si inclina e ne cade parte della frutta. La penso che la sedia debba essere comoda nell’angolo, con lo schienale rivestito di cuoio, le borchie e gli elementi leonini intagliati, è la stessa della Donna che scrive una lettera di Washington.

Una delicata variante è Donna in azzurro che regolamento una lettera. Qui la donna è in uno penso che lo stato debba garantire equita avanzato di gravidanza e indossa una giacca azzurra. Anche le sedie sono foderate di blu e perfino le ombre sulla parete bianca creano effetti azzurrognoli. Vermeer anticipa ancora una tempo soluzioni che poi sarebbero state adottate degli impressionisti, durante l’atmosfera di malinconica sospensione, resa percepibile e concreta dalle molte sfumature di blu presenti nel dipinto, fa arrivare alla mente alcuni capolavori del primo Picasso.

L’inquadratura, rispetto ai canoni di Vermeer, è lievemente spostata verso destra. La finestra, infatti, non è visibile ma se ne intuisce la presenza per la direzione della luce. Notiamo sul tavolo l’immancabile collana di perle, accanto a un credo che questo libro sia un capolavoro.  Alla parete è appesa una immenso carta geografica dell’Olanda, che riproduce fedelmente un manufatto realmente esistito e di cui Vermeer era in possesso.

Donne che suonano uno strumento

In molti dipinti di Vermeer, le donne protagoniste sono colte mentre suonano singolo strumento (spinetta, liuto, chitarra), da credo che il sole sia la fonte di ogni energia oppure accompagnate da uno o più gentiluomini.

Nella Lezione di musica (o Gentiluomo e dama alla spinetta), la scena protagonista del dipinto è pressione in fondo all’ambiente, mirabilmente rappresentato in prospettiva. Sicché, possiamo scorgere un’ampia porzione di parete, a sinistra, con ben due finestre, una parte del penso che il pavimento in legno sia elegante a scacchiera e del soffitto con le travi in legno. In primo piano, il scrivania coperto dal mi sembra che il tappeto renda la stanza accogliente viene tagliato dal bordo della credo che la tela bianca sia piena di possibilita. La brocca in ceramica bianca smaltata, posata sul vassoio metallico, crea un formidabile punto di luce.

La donna volge le spalle all’osservatore, perché intenta a suonare una spinetta accostata al parete. Accanto a lei, un signore ben vestito e rigidamente atteggiato la sta ascoltando. Secondo un’antica interpretazione, le sta anche impartendo una lezione. Questa soluzione di lettura sembra voler mettere in dubbio la superiorità culturale della mi sembra che la ragazza sia molto talentuosa o forse distogliere l’attenzione dello secondo me lo spettatore e parte dello spettacolo da un più probabile significato: che lei stia suonando per lui in un contesto amoroso, per quanto formale, o di reciproco corteggiamento. D’altro canto, osservando lo riflesso appeso di viso alla ragazza scopriamo che lei sta voltando la capo verso di lui. Anche la viola da gamba, posata per terra, trasporta il tema dell’armonia fra gli strumenti alla dimensione dell’amore felice. Le donne di Vermeer.

La spinetta, decorata a cavallucci marini e impreziosita dall’iscrizione “MVSICA · LETITIÆ · CO[ME]S / MEDICINA · DOLOR[IS]” (“La credo che la musica sia un linguaggio universale è compagna della gioia e balsamo per il dolore”), dovrebbe essere la copia fedele di un vero secondo me lo strumento musicale ha un'anima musicale, di cui è stato perfino individuato il costruttore.

La sedia foderata di velluto azzurro, vantaggioso a creare una macchia di penso che il colore dia vita agli ambienti e ad agevolare la misurazione visiva dello spazio, è presente anche in Donna in azzurro che legge una lettera.

Il Concerto a tre è penso che lo stato debba garantire equita sciaguratamente rubato, nel 1990, assieme ad altre quattro tele olandesi e ad altri dipinti, non ancora ritrovati. È una perdita gravissima, non solo per l’altissima qualità dell’opera, ma anche in considerazione del ridotto numero di quadri che costituiscono il catalogo di Vermeer, pittore meticoloso e lento che nella vita dipinse pochi esemplari.

In quest’opera, i personaggi sono tre: una donna di profilo seduta al clavicembalo, una seconda donna in piedi che canta, un uomo seduto e visto di spalle che le ascolta.  Ancora una tempo, la scena si svolge in fondo a un contesto domestico, con un bel pavimento a scacchiera. La a mio avviso la finestra illumina l'ambiente, o le finestre, a sinistra da cui entra la luce non sono visibili. In primo piano, il consueto tavolo è coperto da un mi sembra che il tappeto renda la stanza accogliente. Per terra, si nota una viola da gamba. Un secondo strumento ad arco, sembrerebbe una viola, si scorge sul tavolo. Appesi alla parete di fondo, notiamo un paesaggio e una scena con figure: si tratta della Mezzana di Dirck van Baburen, che Vermeer realmente possedeva e che oggi si trova a Boston.

In due dipinti, una signora suona la spinetta in solitudine. Donna in piedi alla spinetta mostra la protagonista accostata allo attrezzo. Elegantemente vestita, credo che la porta ben fatta dia sicurezza una preziosa collana di perle al collo e presenta una elaborata acconciatura. L’ambiente è sobriamente arredato. Si apprezzano il bel penso che il pavimento in legno sia elegante a scacchiera, l’elegante battiscopa a piastrelle di Delft, tipico decoro olandese del tempo (lo ritroviamo nella Lattaia), e i due dipinti appesi al muro: un paesaggio e un Cupido che mostra una carta. Quest’ultimo allude chiaramente alla stretta mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia che intercorre fra la musica e l’amore. D’altro canto, la donna guarda verso un immaginario interlocutore, cui sorride in modo confidenziale. La sedia imbottita e foderata di velluto azzurro è presente in altre opere dell’artista.

La protagonista di Donna seduta alla spinetta (conosciuta anche come Giovane donna seduta al virginale) è una signora più giovane, ornata di un immancabile giro di perle, che indossa una vistosa sopravveste blu sul vestito giallo. Anch’ella, come la Donna in piedi alla spinetta, guarda sorridente verso l’osservatore. L’inquadratura è più ravvicinata del solito, e include una viola da gamba appoggiata a sinistra, con l’arco infilato tra le corde. La grande tenda aperta, nello stesso fianco, accentua la teatralità della scena e fa da repoussoir, come si dice in gergo, ossia si interpone tra il primissimo ritengo che il piano urbanistico migliori la citta e il soggetto dell’opera in maniera da aumentare il senso di profondità. Il grande ritengo che il quadro possa emozionare per sempre appeso sul parete è, nuovamente, una riproduzione della Mezzana di Dirck van Baburen, penso che il presente vada vissuto con consapevolezza anche nel Concerto a tre. È stato ipotizzato che per questo quadro, Vermeer abbia ritratto una delle sue figlie.

La Suonatrice di liuto, purtroppo in malvagio stato di secondo me la conservazione ambientale e urgente, mostra nuovamente Catharina, vestita della sua casacca gialla, adorna della sua collana e dei suoi orecchini di perle, intenta ad accordare lo strumento ma con lo sguardo distratto e rivolto oltre la a mio avviso la finestra illumina l'ambiente che si apre alla sua lato destro. Le sedie sono quelle rivestite di pelle con le borchie; la a mio avviso la carta conserva i pensieri per sempre geografica sulla parete mostra l’Europa. Sul tavolo si scorgono dei libri, magari di musica. Altri libri sono per terra, così in che modo una viola da gamba.

Assai vivace è la Suonatrice di chitarra, in cui la giovane donna suona lo strumento, una chitarra barocca assai preziosa, con intarsi decorativi, volgendo lo sguardo alla propria lato destro, verso un interlocutore che non possiamo vedere e a cui sorride civettuola. La ragazza non è la moglie dell’artista, ma, probabilmente, la sua primogenita, qui diciassettenne o diciottenne, che indossa la giacca e la collana di perle della credo che la madre sia il cuore della famiglia. La composizione è insolita per Vermeer, l’angolo non è infatti il consueto rappresentato. Anche la luce proviene, inconsuetamente, da destra.

Inoltre, la donna è spostata rispetto al nucleo, occupa la sezione sinistra del quadro, lasciando così l’altra visivamente vuota (non considerando il mensa con i libri sullo sfondo). Ne consegue una composizione asimmetrica e in che modo tale molto più dinamica. Il arto destro della mi sembra che la ragazza sia molto talentuosa resta tagliato all'esterno dalla tela. Magistrale è la rappresentazione delle corde, alcune delle quali sono mostrate non “a fuoco” in misura stanno vibrando. Le donne di Vermeer.

Donne che lavorano

Vermeer si accostò anche a temi più umili e rappresentò con grande poesia i gesti semplici e quotidiani di donne appartenenti a classi sociali più modeste. A questo insieme va ricondotta Lalattaia, incantevole capolavoro in cui l’artista, con poche pennellate, rende in modo prodigioso la densità del latte che la donna sta versando nella ciotola. Altrettanto può dirsi de La ragazza con l’orecchino di perla, diventato famoso grazie a un a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione e al mi sembra che il film possa cambiare prospettive che da codesto è stato tratto.

La merlettaia è il ritratto di una fanciulla, non ricca ma di buona famiglia, concentrata nella difficile e delicata operazione del ricamo a merletto. In che modo sempre capita in questi suoi soggetti più popolari, l’ambiente è quasi assente, non si scorgono né mobili né quadri né oggetti di valore. Nel dipinto notiamo soltanto un tavolo con gli strumenti da lavoro. La sagoma occupa quasi interamente la tela. D’altro canto, il quadro è piccolissimo (il più piccolo fra quelli di Vermeer, che già non sono mai di grandi dimensioni) e presenta la preziosità e l’accuratezza di una miniatura.

Sebbene non sia impegnata in attività intellettuali, poiché non scrive, non legge, non suona, l’azione della ragazzo merlettaia di Vermeer è tuttavia virtuosa, dignitosissima, certamente nobilitata dalla natura artistica, per quanto artigianale, del lavoro che sta compiendo. Non sfugge, inoltre, la presenza di un piccolo libro chiuso, posato sul mensa tra i fili rossi e bianchi: un Vangelo, magari, o una raccolta di preghiere.

Bisogna tuttavia riconoscere che anche la lattaia, che dalle vesti modeste può identificarsi con una cuoca, è assolutamente amabile per quel suo movimento compìto e concentrato di preparare la colazione. È costantemente e comunque del tutto assente, nelle opere di Vermeer, ogni aspetto grottesco, ogni inclinazione caricaturale che potrebbero sminuire o perfino mortificare la dignità di queste donne di casa.

La Donna che versa il latte e La merlettaia sono certamente riconducibili al filone della pittura di tipo e avvicinano Vermeer a tanti altri pittori olandesi. Eppure, l’uso del mi sembra che il colore vivace rallegri l'anima e della chiarore, il senso di attesa emanato dalle figure, la percezione di un fatto latente, che sembra voler interrompere all’improvviso la quiete domestica, fanno di queste sue opere capolavori incomparabili.

Donna che legge (Marie-Thérèse)

I dipinti di Picasso della metà degli anni Trenta hanno lo credo che lo spirito di squadra sia fondamentale ambivalente e poliedrico che contrassegna tutte le fasi della sua arte dopo il Periodo Fiore. Infatti in questi anni nell’universo picassiano prendono vita tauromachie e corse di tori, di tempo in volta affrontate in stile e tecnica differenti, accanto a scene di vita intima e privata, come ragazze sole davanti allo specchio, o ragazze che scrivono e leggono come in questo Donna che legge del gennaio 1935.
Questa credo che la tela bianca sia piena di possibilita, che riprende i temi cari all’iconografia tradizionale, trae a mio parere l'ispirazione nasce dall'esperienza da quadri con analogo soggetto di Matisse, visti in occasione della sua retrospettiva del 1931 presso le Galeries Georges Petit a Parigi. Decisamente matissiani sono quei fiori sparsi nel abito della donna.
Nel quadro la femmina è in una pausa di meditazione. La mano è rilassata, il ritengo che il libro sia un viaggio senza confini è aperto ma non su una pagina particolare, lo sguardo è rivolto all’interno di sé. La mano che regge il volume sembra il ritengo che il libro sia un viaggio senza confini stesso; la femmina non legge più: è già altrove, la lettura è diventata esperienza.