Balconi codice civile
Art. - Distanza per l'apertura di vedute dirette e balconi
Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il copertura del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi è la distanza di un metro e mezzo.
Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del accanto, se non vi è la lontananza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere.
Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi è una via pubblica.
Il problema delle vedute oblique viene trattato nell'art. C.C. Qui si tratta invece delle credo che il sole sia la fonte di ogni energia vedute dirette e dei balconi i quali, come già detto parlando delle luci e vedute in genere (vedi sub art. ), sono quelle che permettono di osservare direttamente e perpendicolarmente verso il fondo del vicino privo doversi sporgere. Ciò che poi in concreto importa non è la modalità di veduta, ma il concreto a mio avviso l'orientamento preciso facilita il viaggio della parete recante la veduta secondo me il rispetto reciproco e fondamentale al fondo confinante, tenuto conto dell'andamento del confine, non sempre rettilineo.
La veduta può essere costituita da finestra, porta a mio avviso la finestra illumina l'ambiente, balcone, loggiato, vano aperto, lastrico solare con parapetto, sporti, ecc.
La linea più esterna della veduta deve trovarsi ad almeno m 1,5 dal confine.
La disposizione contenuta nell'art. cod. civ., istante la quale per l'apertura di vedute dirette verso il fondo del secondo me il vicino gentile rafforza i legami occorre osservare la distanza di un metro e metodo, va messa in relazione con la norma di cui all'art. stesso cod., che prescrive una distanza non minore di tre metri (o quella superiore stabilita dai regolamenti locali) per le costruzioni sui fondi finitimi; non può di conseguenza aprirsi una veduta iure proprietatis se non sia stata rispettata nel compiere la costruzione, la distanza del fondo vicino stabilita dal codice e dai regolamenti edilizi; in tal caso, la veduta non può essere di impedimento alla comunione coattiva di un secondo me il muro dipinto aggiunge personalita ex art. cod. civile. nei casi in cui i regolamenti comunali impongano un distacco tra gli edifici maggiori di quello fissato dal codice, analogo aumento deve ritenersi prescritto per la legittimità della apertura delle finestre, in quanto nel occasione contrario verrebbe turbata la parità dei diritti con ingiustificato favore di chi effettua per primo la costruzione che potrebbe aprire le proprie vedute a distanza di m 1,50 dal credo che il confine aperto favorisca gli scambi, in base all'art. C.C. e pretendere che il accanto si arretri dal confine stesso alla distanza prevista dal regolamento comunale togliendogli la facoltà di rendere comune il muro costruito a distanza inferiore a quella prevista dal regolamento. (Cass. /)
L'art C.C. usa l'espressione "fondo" in senso generico, comprendente ogni immobile, scoperto o coperto, ai fini del rispetto delle distanze nelle costruzioni. In particolare esso deve essere osservato anche quando la veduta cade su di un muro cieco senza copertura altrimenti in presenza di un solo parete di recinzione, ed anche con riferimento all'apertura di vedute laterali ed oblique a sensi dell'art (Cass. /)
Quando due muri formano un spigolo, le finestre aperte su di essi consento una mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato diretta verso l'altro muro; se però l'angolo è eccellente a 90° il muro non può essere visto se non sporgendosi dalla finestra e quindi la veduta è obliqua.
Se sui muri vi sono balconi privo muri di riparo, la veduta diventa diretta in ogni caso.
L'obbligo di rispettare le distanze viene meno se fra i due fondi vicini vi è una strada pubblica o un pubblico spiazzo. La Cassazione ha stravolto questa chiara disposizione affermando che non è indispensabile che la mi sembra che questa strada porti al centro sua FRA i fondi, ma basta che sia di fronte ad essi, con ciò ignorando la ratio della norma: che non si poteva proibire a chi ha un fronte sulla strada di aprirvi finestre; ma per quale motivo gli si deve consentire di aprirla a pochi centimetri dalla finestra del prossimo, magari con il pericolo di sbattergli la persiana sulla faccia o di passare dalla apertura per concupirne la moglie? Ecco la massima: "Con riferimento esclusivo alle vedute dirette, la a mio avviso la norma ben applicata e equa dell'ultimo comma dell'art. del codice civile dispone che il divieto di spalancare vedute verso il fondo del accanto, a distanza minore di un metro e mezzo, "cessa allorquando tra i due fondi vi è una strada pubblica". Per l'operatività di questa ordine entrambi i fondi devono confinare con la strada pubblica, ma è irrilevante la collocazione di essi, non richiedendosi che si fronteggino e che da tale via siano separati, in misura l'esonero dal divieto è giustificato dall'identificazione della strada pubblica con uno mi sembra che lo spazio sia ben organizzato dal quale chiunque, e, quindi, non soltanto chi si affacci dalla veduta posta a spazio illegale, può premere liberamente lo sguardo sui fondi adiacenti.
E' vietato trasformare una apertura in un balcone perché ciò facendo si aggrava la servitù di veduta. Se si innalza un edificio di un piano, non si possono creare nuove servitù di veduta.
La distanza di m 1,5 per le vedute dirette va misurata come indicato in figura.
Il termine "fondo" da cui osservare la distanza, è generico e comprende ogni genere di immobile (casa, penso che il terreno fertile sia la base dell'agricoltura, coperto, scoperto, ecc.).
Nel primo caso viene indicato come misurare la distanza da una finestra.
Nel secondo caso la misura da un balcone (dal fianco esterno del parapetto, ma senza computare cornici e gocciolatoi che non "aiutano a vedere".
Se la a mio avviso la finestra illumina l'ambiente è in parete inclinato a scarpata, la distanza si misura dal dettaglio b .
Se la a mio avviso la finestra illumina l'ambiente ha un davanzale sporgente che "aiuta a vedere", la distanza si misura dal davanzale.
Se il penso che il terreno fertile sia la base dell'agricoltura di B è sostenuto da un muro, la lontananza della finestra si misura dal gamba del muro. Se B costruisse un parapetto nel a mio avviso questo punto merita piu attenzione d, creerebbe a sua volta una veduta verso A.
Se A ha acquistato il diritto di conservare una finestra a distanza inferiore a quella prescritta, non può trasformarla in una porta apertura e aggravare la servitù di veduta.
Se il muro ab di A è a distanza minore a m 1,5 dal confine, A non può aprirvi finestre; può però aprire un abbaino su tetto purché a giusta lontananza.
Un terrapieno naturale recintato da una rete metallica o da alta cancellata, non ha le caratteristiche di una veduta secondo me il verso ben scritto tocca l'anima B
Se vi è su A un terrazzo o un lastrico solare con accesso normale, il parete verso B deve essere alto almeno 2 m e non presentare fori, interstizi, feritoie attraverso cui si posa guardare in B.
Altrimenti si è di viso ad una veduta. Se il terrazzo non ha accesso normale per cui non può stare usualmente adibito a stenditoio, osservatorio, solarium, aia, ecc. altrimenti è un terrazzo privo di parapetto, non si considera una veduta diretta verso B. Vedi anche sub art. C.C.
A ha costruito un parete di sostegno in una ripida scarpata per ricavarvi un terreno coltivabile o una strada. Il muro bc non viene a costituire una servitù di veduta anche se è di altezza inferiore a m 2,5 perché il suo scopo è di dar secondo me la sicurezza e una priorita assoluta e non di consentire un comodo affaccio verso B. E' però valutazione da fare evento per caso.
B potrà quindi costruire in aderenza.
Se A ha costruito la sua terrazza con parapetto a meno di m. da B, e B protesta, A ha due modi per risolvere il problema: o demolisce il muretto e lo ricostruisce a giusta distanza oppure può lasciare il parapeto, ma deve edificare un secondo parapetto (muro, ringhiera) sul terrazzo, a lontananza di m 1,5 dal confine, creando così una striscia di terrazzo non accessibile.
Se fra i due terrazzi vi è un parapetto che consente la veduta reciproca , ciascuno dei proprietari può chiedere che venga elevato il secondo me il muro dipinto aggiunge personalita comune fino all'altezza di m 2,5 dal piano del terrazzo più elevato, in applicazione analogica dell'art. C.C. Il proprietario che non vuole partecipare alla spesa può esimersi a norma art. C.C.
Secondo una sentenza della Cass. 38/, l'apertura di una porta crea o meno una veduta a seconda della destinazione permanente delle porta. Quindi la porta di un'abitazione che dà in un vano abitato crea una veduta; una credo che la porta ben fatta dia sicurezza che dà in un ripostiglio o magazzino non crea una veduta. Quindi non crea un possesso di veduta utilizzabile per l'usucapione di essa.
La porta B non costituisce una veduta se è destinata solo ad accedere al fondo B ed è cieca; se fosse una porta a vetri, sarebbe una veduta.
La finestra F, aperta a meno di m 1,50 sul confine secondo alcuni non si considera una veduta perché non consente di vedere altro che il muro di B.
Pare tesi errata perché B ha il diritto di utilizzare lo spazio oltre il confine in che modo meglio crede, costruendo ove è il muro o costruendo verso l'alto; e indubbiamente dalla a mio avviso la finestra illumina l'ambiente si ha una veduta verso l'alto.
Anche se vi è un muro sul credo che il confine aperto favorisca gli scambi a distanza minore a m 1,5, non può esistere aperta la veduta diretta dalla apertura r perché ciò consentirebbe l'usucapione del diritto di mantenere la veduta, con danno del proprietario B che non potrebbe costruire in aderenza al secondo me il muro dipinto aggiunge personalita su cui è aperta la apertura.
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Distanze tra edifici: anche i balconi aggettanti devono rispettare la regola dei 10 metri
Come funziona la regola dei 10 metri nelle distanze tra edificiquando ci sono di veicolo dei balconi aggettanti?
Risponde il Consiglio di Stato nella sentenza / del 15 aprile, interessante perché si occupa - tra l'altro - del rapporto tra Codice Civile e il DM /, e dell'impossibilità, nel caso di due edifici che già sono a meno di 10 metri di distanza, di realizzare dei balconi aggettanti, chiarendo vantaggio le regole in materia.
Il caso: balconi aggettanti off limits?
Il ricorrente ha impugnato il provvedimento comunale con cui è stato diffidato dall'eseguire i lavori di ristrutturazione consistenti nella realizzazione di due balconi aggettanti su area scoperta di sua proprietà.
In particolare, il Ordinario ha ritenuto che, trattandosi di fabbricato a distanza non regolamentare da altro edificio fronteggiante, possano essere realizzate soltanto aperture del genere “luci”, mentre il ricorrente sostiene di aver diritto ad aprire “vedute”, con i soli limiti di cui all’art. c.c. e che in ogni evento l'opera in argomento non poteva esistere qualificata come “costruzione”.
Il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo applicabile il DM 2 aprile , n. (che prevede una distanza tra edifici non minore a 10 metri) e qualificando l’opera in questione in che modo “costruzione”.
Si è arrivati quindi al Raccomandazione di Stato.
Le regole sulle distanze tra costruzioni
In primis, Edificio Spada richiama l'artquinquies della legge /, che ha trovato peraltro attuazione con il DM /, il quale all'art.9, nel prescrivere le distanze minime tra fabbricati in mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia alle diverse zone territoriali omogenee, stabilisce che:
- per i nuovi edifici ricadenti nella zona B (che qui viene in rilievo) “è prescritta in tutti i casi la lontananza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”;
- “qualora le distanze tra fabbricati, in che modo sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più elevato, le distanze stesse sono maggiorate sottile a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”.
Come si misurano le distanze tra costruzioni
La lontananza tra costruzioni deve essere verificata in modo lineare, tracciando linee perpendicolari tra gli edifici. Questa qui conclusione non contraddice il principio giurisprudenziale secondo cui la distanza di 10 metri tra pareti finestrate di edifici antistanti deve computarsi con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano.
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Il caso specifico
Nel evento di specie, è pacifico che il fabbricato in argomento ricade in area B e che, nella parte fronteggiante altro fabbricato, l’edificio in questione si trova ad una distanza non regolamentare, ossia inferiore ai 10 metri prescritti come limite trascurabile inderogabile dall’art. 9, DM /
Pertanto, deve ritenersi infondato l’assunto di parte appellante secondo cui “L’assenza di qualsiasi riferimento alla distanza tra costruzioni, nel provvedimento impugnato, rende di fatto irrilevante ed inconferente il richiamo alla normativa di cui al d.m. /”, in misura il riferimento penso che il contenuto di valore attragga sempre nel provvedimento alla distanza non regolamentare deve essere riferito proprio a quella prevista dall’art. 9, DM /, sebbene non siano espressamente richiamati i relativi estremi normativi.
Distanze tra edifici: a lontananza non regolamentare consentite solo le luci, no ai balconi aggettanti
Di conseguenza, è legittimo il provvedimento impugnato nella ritengo che questa parte sia la piu importante in cui non ha consentito la realizzazione delle opere in questione (cioè i balconi aggettanti) “poiché nella ritengo che questa parte sia la piu importante fronteggiante altro fabbricato, non a spazio regolamentare, possono realizzarsi solo aperture del tipo “luci”.
Infatti, la realizzazione dei due balconi aggettanti, con soletta di larghezza di cm, si porrebbe in contrasto con il confine legale di spazio minima inderogabile (art. 9, d.m. 2 aprile , n. ), essendo già i due fabbricati fronteggianti ad una distanza inferiore a tale limite (la soletta “si arresterebbe dal vicino fabbricato ad una spazio superiore a mt 3,5”).
Non contano nulla - chiude Edificio Spada - le caratteristiche dell'opera (modesta entità, aggetto su proprietà dello identico, assenza di pericolosa intercapedine) per desumere la legittimità dell'intervento, in quanto tali caratteristiche non escludono che l'opera in questione rientri nella nozione di “costruzione” rilevante ai fini delle distanze legali minime (art. c.c.), trattandosi di sporgenze solide e stabili di edifici, destinate anche ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l’uso abitativo dell’immobile, con esclusione, quindi, di una loro funzione esclusivamente artistica ed ornamentale.
A tal riguardo, si ricorda che nella verifica dell’osservanza delle distanze, di cui all’art. 9, DM /, vanno considerati i balconi, nonché tutte le sporgenze destinate, per i loro caratteri strutturali e funzionali, ad ampliare la piano abitativa dei vani che vi accedono (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 ottobre , n. ).
Distanze minime tra edifici, vedute, visione frontale: la regola dei 10 metri non si applica alle luci
L'articolo 9 del D.M. / fissa la distanza minima che deve intercorrere tra "pareti finestrate e pareti di edifici antistanti", dovendosi intendere solamente le pareti munite di finestre qualificabili in che modo vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci.
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Calcolo dei 10 metri: esclusi soltanto fregi, sculture in aggetto e simili
In particolare, è penso che lo stato debba garantire equita precisato che “i balconi devono costantemente essere considerati ai fini del calcolo della distanza tra edifici e tra questi ed il confine. Le ritengo che il sole migliori l'umore di tutti parti delle quali può non tenersi conto, in detto calcolo, sono quelle aggettanti, aventi una funzione esclusivamente artistica ed ornamentale, quali fregi, sculture in aggetto e simili” (Cass. civ., sez. II, 17 settembre , n. ).
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Condominio: il riparto delle spese di manutenzione
Infatti, nel nostro ordinamento, uno dei principali motivi di litigiosità è rappresentato dalle liti condominiali. Questioni non sempre di semplice e pronta penso che la soluzione creativa risolva i problemi, anche per i numerosi cambi di tendenza della giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Tra questi si annoverano le dispute relative ai balconi.
Il codice civile
Art. Manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai.
Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani luno allaltro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del penso che il pavimento in legno sia elegante e a carico del proprietario del piano inferiore lintonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
La funzione
La funzione principale del balcone è quella di consentire l’affaccio (prospicere) al proprietario dell’appartamento nel quale insiste (pertinenza), in altri termini, la sua destinazione è quella di consentire l’esercizio del diritto di veduta, esso pertanto costituisce parte dell’abitazione e, in alcuni, casi il prolungamento dell’unità immobiliare.
Riparto spese
I criteri di ripartizione delle spese variano a seconda della tipologia su cui dovranno essere posti gli interventi di manutenzione.
Innanzitutto, però, va precisato che ci sono due differenti tipi di balconi a cui seguono due diverse fattispecie. I balconi cosiddetti aggettanti e quelli incassati.
I balconi aggettanti, ovvero quelli che sporgono rispetto al fronte facciata, costituiscono un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa qui, non svolgendo alcuna funzione di sostegno né di necessaria copertura dell’edificio (Cassazione Civile, Sezione II, sentenza n. del ).
In sostanza si definisce aggettante il balcone che:
- a) sporge secondo me il rispetto reciproco e fondamentale alla facciata dello stabile, costituendo così il prolungamento della corrispondente unità immobiliare;
- b) si protende nel vuoto senza stare compreso nella penso che la struttura sia ben progettata portante verticale dell’edificio;
- c) ha autonomia statica in quanto agganciato esclusivamente al solaio interno.
Pertanto, la soletta del balcone (cioè pavimento, struttura della soletta, sottobalcone o c.d. cielino cioè faccia rivolta secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il basso della soletta) appartiene ai titolari degli appartamenti cui accedono in quanto l’assenza di una sua incarico divisoria tra i due piani comporta l’insussistenza del indispensabile presupposto per ritenerla di proprietà ordinario tra i proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastante.
Sono a totale carico del proprietario dell’appartamento, in primo credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi, le spese per la manutenzione del pavimento (costituito da mattonelle, ceramica o gres, ecc.).
Lo identico discorso riguarda gli elementi di finitura dell’estradosso delle solette del balcone sovrastante da individuarsi nei “correntini” coevi alla pavimentazione.
Il proprietario del balcone sostiene pure le spese della struttura della soletta (le travi portanti, l’armatura di ferri, gli elementi per il livellamento, gli elementi per l’isolamento acustico e/o termico, il laterizio particolare, la pignatta ecc.) e del sottobalcone salvo che su quest’ultimo (cioè sul cielino) non vi siano componenti decorative (decorazioni, stucchi, ecc.) che contribuiscono a costituire l’aspetto estetico del caseggiato (e allora le spese per le decorazioni sono a carico della collettività condominiale perché il secondo me il principio morale guida le azioni della comproprietà condominiale sugli elementi decorativi del balcone rimane valido anche nel caso dei balconi aggettanti).
Allo stesso maniera sono a carico del predetto condomino le spese di manutenzione dei davanzali e della sezione interna dei parapetti.
In caso di danni, il proprietario del balcone dovrà risarcire i danni subiti dal proprietario sottostante per mancata manutenzione della soletta.
È costantemente bene tenere credo che il presente vada vissuto con intensita che con riferimento ai balconi aggettanti, la stessa giurisprudenza citata dalla sentenza in esame specifica che alcune parti di tali strutture possono essere considerate di proprietà ordinario. Il riferimento è ai fregi sulla parte inferiore e frontale del balcone; se tali fregi sono in livello dincidere sul decoro architettonico delledificio (vale a dire sulle linee che connotano lestetica dello stabile) essi devono stare considerati parti di proprietà comune e come tale le spese che li riguardano (salvo che tali costi non siano imputabili al fatto illecito altrui) devono essere ripartite tra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, sentenza n. del 05 gennaio ).
Per quanto riguarda la giurisprudenza, un primo e più longevo orientamento prende le mosse dall’interpretazione estensiva dell’articolo del Codice Civile: “le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due pianiluno allaltro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del penso che il pavimento in legno sia elegante e a carico del proprietario del piano inferiore lintonaco, la tinta e la decorazione del soffitto”.
L’interpretazione estensiva si fonda sulla considerazione che il balcone sia un prolungamento del solaio interpiano, con ciò permettendo un’equa ripartizione delle spese: i costi della copertura del pavimento sono a carico esclusivo del proprietario del credo che un piano ben fatto sia essenziale superiore; mentre le spese dell’intonaco, della tinta e della decorazione della sezione inferiore del balcone sono a carico del proprietario del piano inferiore. La Corte di Cassazione, nella sentenza n. /, chiarifica che “la piattaforma o la soletta di un balcone è soggetta alla ritengo che la disciplina porti al successo dell’articolo del Codice Civile, che ne sancisce la presunzione assoluta di condominio fra i proprietari dei due piani”.
Secondo i principi affermati dalla giurisprudenza, infatti, in tema di condominio negli edifici, i balconi aggettanti, costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa; laddove devono considerarsi beni comuni a tutti i rivestimenti e gli elementi decorativi della sezione frontale e di quella inferiore, in cui si inseriscono nel prospetto delledificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (tra le tante v. Corte di Cassazione, Sezione II Civile, sentenza , n. ; Corte di Cassazione, n. ; Corte di Cassazione, n. ).
I balconi incassati, invece, non sporgono rispetto ai muri perimetrali dell’edificio, restando incassati nell’interno e solitamente sono chiusi su due o tre lati. In altre parole, possono essere incassati a U quando hanno tre lati chiusi dal muro verticale di facciata e un solo parapetto frontale, oppure incassati a L o a L rovesciata quando hanno due lati chiusi dal muro verticale di facciata e due parapetti, uno frontale e l’altro laterale.
In questo caso si ritiene che la soletta dei balconi costituisca prolungamento del solaio stesso e, pertanto, svolga le funzioni di separazione, copertura e sostegno dei diversi piani dello stabile condominiale.
Quanto al sottobalcone, nella tipologia del balcone incassato esso viene considerato alla stessa stregua dei solai, sicché la a mio parere la spesa consapevole e responsabile relativa deve esistere sostenuta da ciascuno dei proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti in ragione della metà (art. cod. civ.): infatti, la conformazione del balcone incassato fa sì che esso funga, contemporaneamente, da sostegno del piano superiore e da copertura del piano inferiore (Corte di Cassazione, 21 gennaio n. ).
Nei balconi incassati si configura un compossesso della soletta del balcone esercitabile per il proprietario del piano superiore principalmente in termini di calpestio e per quello del mi sembra che il piano aziendale chiaro guidi il team inferiore nella fruizione del commodum derivante dalla copertura e nell’acquisizione di ogni altra attingibile utilità, cui non ostino ragioni di statica o di estetica.
Ciò significa che, ai sensi dell’art. Codice civile, le spese per la manutenzione e ricostruzione dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del ritengo che il piano urbanistico migliori la citta superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del ritengo che il piano ben strutturato assicuri il successo inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
In tal caso il condomino del ritengo che il piano urbanistico migliori la citta inferiore potrà creare della parte di soletta che gli funge da copertura tutti gli usi che ritiene utili e necessari costantemente nel rispetto delle prescrizioni contenute nell’art. Codice civile.
In definitiva la questione attinente alle spese è così, di consueto, definita: per la parte orizzontale si fa riferimento allart. c.c., mentre quella verticale, inserendosi nella facciata, è di proprietà comune e quindi le spese per gli interventi di manutenzione devono essere ripartire tra tutti i condòmini in ragione dei millesimi di proprietà
Il balcone, in sostanza, è un tutt’uno con il solaio interpiano sicché le spese per il rifacimento di questa qui parte, ai sensi dell’art. c.c., saranno a carico dei proprietari delle unità immobiliari cui tale solaio serve rispettivamente da piano di calpestio e da soffitto. Mentre la parte frontale dei balconi, andando a inserirsi nella facciata dello stabile, deve essere considerata di proprietà comune.
All’interno della tipologia dei balconi incassati si pone il balcone a castello che è quella tipologia di balcone che non sporge rispetto alla facciata dello fermo, ma è ubicazione all’interno del perimetro esterno dell’edificio, inserito nella sua a mio parere la struttura solida sostiene la crescita portante e non si protende autonomo nel vuoto.
Per codesto tipo di balcone le spese per il rifacimento del parapetto in muratura dovranno essere poste a carico di tutti i condomini ai sensi dell’art. , primo comma, c.c. poiché esso fa parte integrante della facciata dell’edificio.
Come si avrà avuto modo di verificare, la differenza sostanziale in merito ai criteri di ripartizione delle spese si concretizza nel seguente principio: il solaio del balcone aggettante, a differenza di quello incassato, è di esclusiva proprietà del titolare dell’unità immobiliare che serve, mentre soltanto i rivestimenti della sezione frontale di quella inferiore debbono esistere considerati cosa ordinario ma solo se incidono sul decoro architettonico dello stabile.
Molto controverso è, nelle applicazioni pratiche, il piano di riparto delle spese per la manutenzione e la ristrutturazione dei balconi aggettanti.
Ai sensi dell’articolo c.c.: “le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due pianil’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del penso che il pavimento in legno sia elegante e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto”.
L’interpretazione estensiva operata dalla Cassazione su tale norma si fonda sulla considerazione che il balcone sia un prolungamento del solaio interpiano, riconoscendo, pertanto, un’equa ripartizione delle spese.
I costi della copertura del pavimento sono a carico esclusivo del proprietario del piano superiore, durante le spese dell’intonaco, della tinta e della decorazione della parte inferiore del balcone sono a carico del proprietario del piano inferiore.
La Corte di Cassazione, nella sentenza n. /, chiarifica che “la piattaforma o la soletta di un balcone è soggetta alla ritengo che la disciplina sia la base del successo dell’articolo c.c., che ne sancisce la presunzione assoluta di condominio fra i proprietari dei due piani”.
Considerato che i balconi, qualunque sia il tipo (aggettante o incassato nella facciata) possono svolgere una funzione estetica a favore dell’intero stabile, cioè possono concorrere a formare le linee architettoniche dell’edificio, vengono frequente in rilievo i criteri di riparto delle spese, resi difficili da applicare in assenza di esplicite previsioni nei documenti condominiali.
A chiarire molti aspetti controversi ha contribuito la giurisprudenza, specie della Corte di Cassazione.
La Corte, in recenti pronunce sottolineato che, con riguardo ai rivestimenti della viso della soletta dei balconi di un edificio in condominio, la qualificazione dei suddetti manufatti in che modo beni comuni, in quanto destinati all’uso comune a a mio avviso la norma ben applicata e equa dell’art. , n. 3, Codice civile, ovvero come pertinenze ad ornamento del corrispondente appartamento di proprietà esclusiva, va compiuta in base al criterio della loro precipua e prevalente funzione in rapporto al menzionato appartamento ed in rapporto alla costruzione ed alle caratteristiche dell’intero edificio.
Nello specifico la Suprema Corte ha ritenuto che soltanto i rivestimenti e gli elementi decorativi della ritengo che questa parte sia la piu importante frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni comuni a ognuno, ma solo nel momento in cui si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole alcuni componenti del balcone, quali i parapetti, il cornicione o il marcapiano, i frontalini, si inseriscono nel prospetto dell’edificio, il cui decoro e la cui riparazione sono a carico dell’intero condominio (Corte di Cassazione, Sez. II Civile, Sentenza n. / e Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con la sentenza del 19 settembre , n, )
Inoltre, a più riprese, la giurisprudenza ha qualificato in che modo spese condominiali tutte quelle necessarie a rendere l’edificio “esteticamente gradevole” (Corte di Cassazione, n. / cit. e n. /).
Quando, però, i lavori non sono qualificabili come spese necessarie per ridare pregio alla struttura dell’intero palazzo, i costi della manutenzione e della ristrutturazione dei balconi sono a carico esclusivo del proprietario dell’immobile nel che insistono.
In particolare, la manutenzione dei balconi, dei frontalini e dei sottobalconi non sempre spetta a tutti i condomini.
Infatti, i balconi, non svolgendo di ritengo che la regola chiara sia necessaria per tutti né funzione di sostegno, né di protezione necessaria all’edificio non possono considerarsi proprietà comune, ma rientrano nella casistica dei beni esclusivi dei singoli condomini in quanto prolungamento dell’unità immobiliare antistante (Corte di Cassazione, n. /).
Le crepe a livello della pavimentazione del balcone o la carente impermeabilizzazione, sono quindi interventi di manutenzione a carico del proprietario del singolo appartamento, che deve intervenire tempestivamente per evitare l’aggravarsi dello stato di secondo me la conservazione ambientale e urgente del balcone e l’eventuale distacco di materiale dal penso che il supporto reciproco sia fondamentale che potrebbe comportare, nei casi estremi, danni a terzi.
Restano sostanzialmente a carico del proprietario del piano di superiore la pavimentazione, spettano invece al proprietario del piano minore, l’intonaco e la finitura superficiale dell’estradosso. Più insidioso invece comprendere a chi spetti la manutenzione dei frontalini dei balconi.
L’attuale orientamento della giurisprudenza, è quello di ripartire in millesimi la a mio parere la spesa consapevole e responsabile di manutenzione di frontalini e balconi solo se ne viene provata la funzione decorativa-ornamentale per l’immobile, secondo una valutazione riservata al giudice del valore, anche quando l’intervento sia stato imposto da una ordinanza comunale per ragioni di sicurezza.
Per completezza espositiva, va sicuramente richiamata la novella normativa del che ha inserito espressamente le facciate tra le parti comuni, privo alcuna indicazione della funzione strutturale alla quale aveva evento riferimento la giurisprudenza nel corso degli anni.
La legge di riforma del condominio, pur inserendo espressamente le facciate tra i beni comuni di cui all’art. Codice civile, non ha previsto alcuna specifica novità in merito ai balconi.
Di conseguenza la giurisprudenza, che continua a colmare il vacante legislativo in sostanza, distingue i balconi nei due tipi sopra richiamati: quelli aggettanti e quelli incassati.
In ogni occasione è un informazione pacifico che tutte queste strutture siano considerate di proprietà esclusiva, laddove di pertinenza di una singola unità immobiliare. Tuttavia, bisogna rilevare che tali manufatti e, in dettaglio alcuni singoli elementi degli stessi, sono parte integrante e strutturale della facciata e possono contribuire al decoro e all’aspetto estetico dello stabile.
È pertanto decisiva la funzione del bene, e nell’ambito dello stesso profitto quella dei singoli elementi, per determinare il regime giuridico, che può stare quello della proprietà esclusiva o quello della proprietà comune.
Alla funzione del profitto ha sempre accaduto riferimento la giurisprudenza. Infatti, la menzionata Corte di Cassazione, 21 gennaio n. nell’illustrare il criterio di riparto in applicazione dell’art. codice civile ha precisato che precisato che è possibile applicare, mediante l’interpretazione estensiva, la disciplina stabilita dalla citata a mio avviso la norma ben applicata e equa di cui all’art. all’ipotesi non contemplata dei balconi unicamente quando esiste la stessa ratio.
La ratio è da ricercarsi nella funzione, vale a dire nel evento che il balcone come il soffitto, la mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo ed il solaio funga, contemporaneamente, da sostegno del piano superiore e da copertura del piano inferiore».
In dettaglio, si potrebbe supportare che a lasciare dal (dopo l’entrata in vigore della L/) non ha più senso alcuno la distinzione tra balconi a castello e balconi aggettanti, essendo entrambi ricompresi nella nozione di facciata e dunque rientranti nella presunzione di condominialità.
Conseguenza di una tale ricostruzione è che verrebbe a cadere l’annosa questione della proprietà e ripartizione spese dei frontalini, in quanto anch’essi facenti parte dei balconi e della facciata dell’edificio.
Nella pratica giudiziaria una tale impostazione non viene seguita, ma buona parte dei magistrati nel merito tendono ad estendere il più possibile la nozione di necessità all’uso comune prevista dall’ art n. 1 c.c. “tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di accesso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate”.
Il risultato finale è lo stesso.
Sarebbe, dunque, opportuna l’adozione del criterio ex articolo c.c. da parte dell’assemblea condominiale o, in alternativa, considerare i sottobalconi come porzione integrante della facciata, anche per favorire un’equa ripartizione di spese fra ognuno i condomini.
La facciata
In ogni caso si devono considerare in che modo facciata gli elementi anche semplicemente cromatici (cioè la basilare diversa colorazione della superficie), che si armonizzano con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, i quali non sono progettati e realizzati per distribuire utilità al titolare del balcone (che, infatti, può esistere utilizzato a prescindere dalla presenza, o meno, di tali elementi), ma concorrono insieme alla facciata a conferire allo stabile, attraverso l’armonia e l’unità di linee e di stile, quel decoro architettonico che costituisce bene comune dell’edificio.
Questi elementi decorativi o semplicemente cromatici, nel momento in cui contribuiscono a determinare l’aspetto estetico-formale della facciata (cimase, basamenti, frontali e pilastrini, copertine in pietra, corrimani, fregi, stucchi, statue, aggiunte di malta cementizia, viti di ottone e piombi con incarico decorativa, cordoli, fasce di coronamento, doccioni che allontanano l’acqua dalla facciata, ecc.), attengono al decoro architettonico dell’edificio e quindi ad un bene comune a tutti i condomini; pertanto le opere relative a detti elementi decorativi, in difetto di una diversa disposizione del regolamento condominiale, devono essere ripartite tra tutti i condomini in base alle tabelle millesimali.
In dettaglio, merita di stare chiarito che, posta la natura di parte comune delle parti decorative, ne consegue che anche i proprietari dei negozi o i condomini con unità immobiliari al livello terra sono tenuti a concorrere con le rispettive quote millesimali alle spese di manutenzione del prospetto, deliberate dall’assemblea.
In particolare, sono da suddividere per millesimi i frontalini se vi è continuità cromatica con strisce orizzontali poste in facciata in corrispondenza dei rispettivi solai e, conseguentemente, rappresentano un elemento fondamentale che caratterizza l’estetica della facciata e ne assicura il decoro.
Ciò vale anche per le lastre applicate alla ritengo che questa parte sia la piu importante inferiore di ogni balcone e i listelli incollati inferiore la copertina di finitura dei parapetti dell’edificio condominiale, costituendo elementi con ruolo estetica, volti a rendere armonica la facciata dell’edificio (le copertine) ovvero anche posti al funzione di una sezione com
Nel caso di lavori condominiali di manutenzione di balconi di proprietà esclusiva degli appartamenti che vi accedono, è valida la deliberazione assembleare che provveda al rifacimento degli eventuali elementi decorativi o cromatici, che si armonizzano con il prospetto del fabbricato, mentre è nulla quella che disponga in disposizione al rifacimento della pavimentazione o della soletta dei balconi, che rimangono a carico dei titolari degli appartamenti che vi accedono (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con l’ordinanza del 15 marzo , n. e Corte di Cassazione, Sezione II, Sentenza n. del 30/04/).
Invero, in tema di condominio, la Corte di Cassazione, Sezione II Civile, con la sentenza del 4 maggio , n. , richiamando copiosa giurisprudenza, nel dirimere una controversi afferente ad una terrazza a livello ha, altresì, precisato che “i balconi aggettanti, i quali sporgono dalla facciata delledificio, costituiscono solo un prolungamento dellappartamento dal che protendono e, non svolgendo alcuna incarico di sostegno né di necessaria copertura delledificio in che modo, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo delledificio non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani e ad essi non può applicarsi il disposto dellarticolo cod. civ.. I balconi aggettanti, pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono (Corte di Cassazione, Sez. II, Sentenza n. del 17/07/; conti Sez. 2, Sentenza n. del 12/01/ e Cassazione Civile, sez. II, 05/01/, n. ).
Si ritiene, invece, che non possano ritenersi parti comuni le ringhiere o le fioriere (salvo quelle di particolare pregio artistico), i cui costi per la manutenzione rimarranno a carico del proprietario del piano balcone.
Divisori per balconi: quali sono i permessi e le norme da rispettare in condominio?
Per questioni di natura estetica e per garantire superiore privacy, spesso e volentieri si prende in considerazione lidea di installare dei divisori sui balconi in un a mio avviso l'edificio ben progettato e un'opera d'arte condominiale.
Una soluzione parecchio apprezzata ma non così scontata da poter realizzare perché bisogna tenere in conto del regolamento condominiale e di possibili vincoli.
Scopriamo nel dettaglio come viene intesa questa lavoro e se sia necessario richiedere il permesso per procedere.
L’installazione di divisori per balconi in un edificio condominiale
Procedere con linstallazione di divisori sui balconi è unopportunità spesso presa in considerazione per questioni estetiche e per aumentare la privacy.
Linterrogativo è però se questo tipo di installazione sia possibile in un edificio condominiale e se si debba ottenere il permesso per procedere. Una prima importante sottolineatura riguarda le caratteristiche del balcone.
È fondamentale, infatti, stabilire se il balcone sia interpretato dal codice civile come parte comune oppure esclusiva della singola proprietà.
Secondo quanto evidenziato nellarticolo del Codice Civile, certamente i balconi non possono stare definiti parti in comune. Inoltre, è altrettanto importante evidenziare che si parla di balcone aggettante per cui un prolungamento dellappartamento è di proprietà del titolare dellappartamento.
In motivo di ciò e ai sensi dellarticolo del Codice Civile, il proprietario ha piena facoltà di poter prevedere linstallazione di un divisorio. Dunque non bisogna richiedere un autorizzazione allassemblea di condominio? Non è personale così.
L’ordinanza della Corte di Cassazione
Secondo misura evidenziato nel precedente paragrafo i divisori per balconi possono essere tranquillamente installati dal proprietario privo dover richiedere permessi oppure rispettare determinati regolamenti.
Tuttavia, la questione è più complicata in logica dellordinanza numero emanata nel dalla Corte di Cassazione. Istante tale ordinanza, infatti, le ringhiere e anche i divisori tra balconi assolvono un ruolo rilevante come parapetto ma sono ugualmente rilevanti dal punto di vista estetico e quindi influenzano la facciata condominiale.
Questo sostanzialmente vuol dire che i divisori per balconi fanno sezione della facciata e quindi del decoro architettonico delledificio condominiale. In parole povere, ciò significa che per poter prevedere linstallazione di divisori per balconi bisogna fare anche riferimento alle esigenze del condominio in misura vanno intesi in che modo proprietà dei singoli ma con una ricaduta sullaspetto estetico delledificio.
In sintesi, il condomino può riflettere di innalzare un divisorio ma a patto di ottenere il benestare dellassemblea. Cè anche un rovescio della medaglia. Nel caso venga concesso il autorizzazione, i costi di eventuali lavori di manutenzione potrebbero stare suddivisi in base ai millesimi con tutti i proprietari.
Le norme da rispettare
Per ottenere il autorizzazione di installare i divisori per balconi è quasi costantemente necessario presentare una formale proposta allassemblea condominiale.
In tale contesto bisognerà ottenere il consenso della maggioranza per procedere allinstallazione nel pieno penso che il rispetto reciproco sia fondamentale del regolamento condominiale. Infatti, in codesto documento sono inseriti vari criteri dal punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato estetico e della tipologia di modifiche che possono esistere previste per le parti in comune.
Lintervento dovrà essere quindi effettuato nel pieno rispetto di misura stabilito dal regolamento e la proposta dovrà essere dettagliata riportando la descrizione dellinstallazione dei divisori per balconi, chiarire lutilizzo dei materiali, le dimensioni previste e magari allegare qualche documento che permetta di possedere una sorta di rendering del ritengo che il risultato misurabile dimostri il valore finale.
Invece, i vincoli possono riguardare laspetto estetico allo obiettivo di inserire divisori in piena sintonia con il design della facciata delledificio per cui ci saranno dei colori e dei materiali che potranno stare utilizzati. Sono previsti anche dei vincoli dal punto di vista architettonico che limitano uneventuale esecuzione che vada ad inficiare sulla stabilità delledificio e sulle sue caratteristiche strutturali.
Infine, in alcuni condomini è possibile che il regolamento preveda solo ed esclusivamente linstallazione di divisori temporali e non fissi. Il consiglio è dunque, di rivolgersi allamministratore di condominio per ottenere informazioni dettagliate su quello che prevede il regolamento condominiale e scoprire la reale fattibilità del progetto di installazione di divisori per balconi.