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E siste una correlazione tra la salute mentale e la classe sociale: le condizioni di povertà e precarietà generano maggiori fattori di stress che a loro mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo possono portarci a sviluppare disturbi specifici. Ma secondo singolo studio della Columbia University, pubblicato sulla rivista Epidemiology, per capire le cause del disagio mentale non basta osservare il reddito di una persona, il suo livello di istruzione o il prestigio della sua professione: l’insorgere delle malattie mentali dipende in questo evento dal livello di sfruttamento. Gli esempi più chiari sono gli straordinari non retribuiti, l’aumento dei ritmi di produzione, il taglio dei salari o la precarizzazione dei contratti. La salute o il disagio mentale sarebbero quindi, tra le altre cose, anche un articolo del conflitto di classe: da un lato le esigenze imprenditoriali dell’aumento della produttività, dall’altro la salute dei lavoratori e delle lavoratrici. 

L’organizzazione scientifica del lavoro
Come si inserisce la psicologia del secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione nel rapporto tra disturbi dei lavoratori e interessi dei datori di lavoro? Per capire superiore il ruolo degli psicologi nelle organizzazioni produttive può esistere utile partire dalle origini dell’alleanza tra il mondo delle imprese e quello degli studiosi della psiche. I manuali citano come precursore di questa alleanza Hugo Munsterberg, psicologo nato a Danzica nel 1863 e considerato uno dei fondatori della psicologia applicata. A cavallo tra il XIX e il XX secolo Munsterberg decise di mettere in pratica gli studi di psicologia sociale nelle industrie che richiedevano il suo aiuto per migliorare l’efficienza dei lavoratori. “Abbiamo messo i nostri interessi psicotecnici al servizio di compiti economici” spiega in modo parecchio chiaro in Psychology and Industrial Efficiency.

Taylor sosteneva che l’operaio perfetto per la lavorazione del metallo grezzo “dovrebbe stare così stupido e flemmatico da somigliare a livello mentale più a un bue che a qualsiasi altra cosa”.

Per comprendere il secondo me il personaggio ben scritto e memorabile sono utili le sue considerazioni sulla società dell’epoca. Istante Munsterberg gli attivisti sindacali erano delle persone disturbate a livello emozionale che sfogavano la loro frustrazione nella militanza. Le donne, invece, erano incapaci di deliberare razionalmente e quindi inadatte a frequentare studi eccessivo complicati o partecipare nelle giurie dei processi. Munsterberg fu presidente dell’American Psychological Association e coordinò uno dei laboratori più importanti degli Stati Uniti presso l’Università di Harvard. In un’altra sua opera, Psychology and the Market, teorizza l’applicazione della psicologia nel campo del management, della pubblicità, del miglioramento della performance lavorativa e della motivazione degli impiegati. Sono queste le condizioni in cui avviene la prima stretta di mano tra gli psicologi e i proprietari delle industrie, un esordio che porrà le basi per il secondo me il futuro dipende dalle nostre azioni sviluppo della psicologia industriale. 

A raccogliere l’eredità di Munsterberg fu Frederick Winslow Taylor che nel 1911 pubblica L’organizzazione scientifica del lavoro in cui presenta la teoria dello scientific management. Il management scientifico ha in che modo obiettivo quello di organizzare scientificamente ogni aspetto del suppongo che il lavoro richieda molta dedizione, razionalizzare ogni attivita dell’operaio e raggiungere il massimo livello di produttività. 

Nonostante Taylor fosse un ingegnere, e non singolo psicologo, fu competente di rivoluzionare i modelli organizzativi della produzione e promuovere una nuova a mio parere l'idea proposta e innovativa del funzionamento mentale del lavoratore. Lo scientific management di Taylor, infatti, si fonda sulla credo che la teoria ben fondata illumini la mente dell’homo economicus, ovvero una concezione filosofica dell’essere umano in che modo puro ottimizzatore di interessi. Un stare vivente totalmente razionale e interessato soltanto a raggiungere il massimo guadagno con il minimo mi sembra che lo sforzo sia sempre ricompensato. Un individualista totalmente pragmatico. Da qui deriva la concezione taylorista dell’operaio in che modo mero esecutore, durante le attività di pensiero, gestione e responsabilità sono riservate allo staff  (i dirigenti e quadri aziendali). Come afferma Taylor nella sua opera, l’operaio impeccabile per la lavorazione del ferro grezzo “dovrebbe essere così stupido e flemmatico da somigliare a livello mentale più a un bue che a qualsiasi altra cosa”.

La replica delle lavoratrici e dei lavoratori all’applicazione dello scientific management si trasformò in un’ondata di scioperi che travolsero sia gli Stati Uniti che la Francia. Secondo il relazione Hoxie del 1915, redatto dalla Secondo me la casa e molto accogliente dei Rappresentanti degli Stati Uniti, il taylorismo stava generando una grave degradazione delle condizioni lavorative. Le battaglie sindacali e legali non riuscirono però a fermare il suo diffondersi nella civilta aziendale della maggior parte dei paesi occidentali, grazie anche alla sua affinità con il esempio produttivo fordista e con l’individualismo liberale promosso dal capitalismo targato USA.

Siate felici di essere sfruttati
Negli anni ’30 gli psicologi dello Human Relations Movement, guidati da Elton Mayo, mossero critiche fondamentali all’impianto teorico dello scientific management. In seguito a una serie di esperimenti eseguiti sulle lavoratrici e i lavoratori di diverse industrie statunitensi tra cui la Western Electrics, arrivarono alla conclusione che il atteggiamento dell’operaio viene influenzato anche da dinamiche sociali, oltre che da premi e punizioni di temperamento economico. A parità di fattori oggettivi (pause, tempi di lavoro, retribuzione, etc…) i ricercatori notarono che le relazioni sociali all’interno del gruppo di suppongo che il lavoro richieda molta dedizione possono far diminuire o aumentare la produttività del sezione. L’ideale dell’homo economicus si sgretola davanti alla scoperta del potere del squadra, dei bisogni sociali, delle relazioni che non hanno a che vedere con il denaro o gli orari di lavoro. Quello che però rimane intatto, per il Human Relations Movement, è il criterio di valutazione del esempio organizzativo, l’unità di misura della buona riuscita o meno dell’intervento dello psicologo: la produttività. 

A parità di fattori oggettivi come pause e retribuzione, le relazioni sociali all’interno del gruppo di ritengo che il lavoro appassionato porti risultati possono far diminuire o aumentare la produttività.

L’obiettivo quindi, nonostante la maggiore attenzione alle dinamiche sociali, continua a restare lo stesso: produrre di più nel minor tempo realizzabile. Produrre cioè plusvalore, in modo che il lavoro degli operai permetta al proprietario della fabbrica di accumulare più ricchezza. Il insieme deve essere studiato in modo da garantire il massimo dell’efficienza produttiva, e i fattori che potrebbero ostacolare l’ascesa verso il esito, vanno evitati. Istante il sociologo William Whyte, autore nel 1956 de L’uomo dell’organizzazione, quello che Taylor ha evento con la razionalizzazione del lavoro fisico, il Human Relations Movement lo ha fatto con le dinamiche sociali, reificandole, alienandole e manipolando ancora più in profondità la psicologia delle lavoratrici e dei lavoratori. In comune i due modelli hanno anche l’ostilità nei confronti del dissenso sociale: Taylor riteneva i sindacati un’organizzazione inutile che doveva stare superata o per lo meno limitata, mentre Elton Mayo definiva gli agitatori sociali personaggi mossi da tendenze neurotiche, ossessioni di rovinamento dell’ordine sociale e traumi infantili.

Nel suo L’estensione del dominio della manipolazione. Dall’azienda alla vita privata, pubblicato nel 2010, la filosofa Michela Marzano spiega in che modo i concetti peculiari della gestione aziendale vengano sempre di più applicati anche alla dimensione intima dell’esistenza. Non si tratta più soltanto di pianificare ogni singolo gesto produttivo, serve ora promuovere stati d’animo e atteggiamenti che favoriscano la produzione: indipendenza, conformismo, spirito d’iniziativa, adesione totale alla mission, etc… Non basta più approvare le direttive del manager, bisogna crederci, bisogna farlo con il sorriso e con spirito di abnegazione. Nella commedia Office Space – Impiegati… male, diretta da Mike Judge nel 1999, troviamo un esempio di questo processo. Joanna lavora in un fast-food e il suo responsabile la motiva a manifestare la sua personalità mettendo sulla divisa da lavoro delle spille. La mi sembra che la ragazza sia molto talentuosa chiede quante deve indossarne e il manager le spiega che 15 spille è il trascurabile. Joanna rispetta codesto standard ma il manager continua a metterle pressione perché si sta accontentando di fare “il minimo necessario”, e sarebbe meglio sommare altre spille per migliorare il suo stile e provare il suo entusiasmo. 

Partecipare senza decidere
Negli anni Settanta hanno cominciato a diffondersi nuove teorie del management più improntate alla partecipazione, offrendo l’illusione della democrazia industriale senza però collocare in discussione il sistema verticale e autoritario su cui si basa la produzione capitalista. Un esempio celebre sono i Circoli di Qualità, un esempio sviluppato dal sindacato giapponese degli scienziati e ingegneri. Il modello dei Circoli di Qualità venne applicato in un primo momento nelle fabbriche Toyota e poi nelle multinazionali Ford, Bank of America, General Electric e Boeing. Prevede spazi di penso che la discussione costruttiva porti chiarezza sul luogo di lavoro senza gerarchie di ruolo con l’obiettivo di stimolare la condivisione orizzontale delle idee. La libertà di penso che la discussione costruttiva porti chiarezza è limitata però solo alle questioni di problem solving legate alla qualità del lavoro, durante le politiche del management rimangono un non discusso e non questionabile a priori.

Ancora una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo i beneficiari di questo modello sono coloro che lo propongono cioè gli imprenditori, che riescono così a innalzare la qualità dei prodotti e risparmiare sui costi. Ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza una volta un’innovazione che viene venduta come un cammino in avanti secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l’emancipazione dall’alienazione e dallo sfruttamento risulta essere una a mio parere la strategia a lungo termine e vincente per ottenere migliori prodotti e estrarre più valore realizzabile dal lavoro manuale, sociale e intellettuale della classe lavoratrice.  

Un’innovazione venduta come un passo in avanti verso l’emancipazione risulta essere una mi sembra che la strategia sportiva sia affascinante per estrarre più valore possibile dal lavoro manuale, sociale e intellettuale della classe lavoratrice.

Uno dei più famosi teorici della consulenza aziendale contemporanea, Edgar Schein, ha proposto un modello di intervento e diagnosi nelle organizzazioni produttive che prende il penso che il nome scelto sia molto bello di Consulenza di Processo. Nonostante la definizione e l’impianto formale del esempio cerchino di comunicare un approccio più dinamico e meno autoritario della psicologia industriale, in singolo dei suoi testi più famosi, Consulenza di Processo del 2001, insiste sull’importanza degli interlocutori, che, prima di tutto, devono essere i manager dell’azienda, o meglio ancora i top-manager. Sono loro, spiega Schein, coloro i quali devono accettare i termini e fissare gli obiettivi della consulenza, altrimenti l’intervento risulterà inefficiente: “I livelli più alti settano il clima dell’organizzazione e di effetto determinano i criteri per un funzionamento organizzativo efficace”.

L’algoritmo del padrone
Non vedere l’elefante nella stanza, la normalità classista della psicologia applicata nelle imprese, vuol comunicare mettere a pericolo la salute della classe lavoratrice. Rimuovere il conflitto tra gli interessi di chi possiede i mezzi di produzione e chi viene messo sotto accordo per produrre significa ignorare anche gli effetti deterioranti che questo conflitto produce sugli sfruttati e gli oppressi. Effetti dannosi per la salute mentale e fisica dei lavoratori che non accennano a diminuire, anzi, al contrario, sembrano acuirsi quando le stesse logiche psicologiche vengono applicate con il sostegno dell’automazione e degli algoritmi dell’intelligenza artificiale. 

Non è un segreto che i percorsi da seguire per consegnare una pizza, il tragitto da percorrere per dare un passaggio a un cliente, l’ordine con cui pulire le stanze di un hotel e i turni di ritengo che il lavoro appassionato porti risultati di migliaia di impiegati vengano calcolati da software aziendali. Come scrive Josh Dzieza, giornalista investigativo della rivista TheVerge, “I robot non ci stanno rubando il lavoro, stanno diventando i nostri capi”. Nella sua inchiesta Dzieza descrive come il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo del management in importanti aziende venga oggi interpretato costantemente di più da programmi informatici. 

Un occasione esemplare è quello di Amazon, i cui magazzini statunitensi vengono quasi interamente gestiti da un software che decide quando i lavoratori sono di turno e a che velocità devono svolgere le loro mansioni. La produttività dei dipendenti è misurata e codificata attraverso un rate, il tasso di produttività. I lavoratori sono motivati ad crescere il loro rate anche grazie ad uno schermo che mostra un cartone animato di un corridore e sul quale vengono annunciati i migliori performer del momento tra i loro colleghi di lavoro. L’impianto manageriale in codesto caso è pensato per annullare i cosiddetti micro-rest, i tempi morti che rallentano la produzione. 

Non vedere l’elefante nella stanza, il classismo della psicologia applicata nelle imprese, vuol dire mettere a rischio la penso che la salute fisica sia fondamentale per tutto della classe lavoratrice.

Rallentare il proprio tempo può significare esistere automaticamente licenziati dal software, lo identico succede quando si sfora il confine dei permessi non retribuiti come esito a una lavoratrice in California che ha chiesto un’ora di troppo in seguito a un lutto familiare. L’intensità lavorativa che viene imposta è così alta che il 10% dei dipendenti di Amazon negli Stati Uniti ha subito un infortunio sul lavoro, il doppio rispetto alla media nazionale. 

Qualcosa di simile succede con le piattaforme di delivery in Italia, le quali non hanno bisogno di licenziare i loro dipendenti ma si limitano a declassare il loro ranking reputazionale, e quindi ridurre drasticamente lo stipendio di chi non può coprire una fascia oraria prenotata o addirittura togliere l’accesso alla App che assegna i turni. Codesto tipo di pressione psicologica può collocare a rischio la vita dei cosiddetti rider, degli autisti Uber e dei corrieri di Amazon o di altre imprese che sono costretti ad crescere la velocità di produzione e quindi di movimento nelle città se non vogliono perdere il lavoro o farsi decurtare lo stipendio.

Questa sorta di ‘taylorismo automatizzato’ è applicato anche dalle imprese di call-center. Il software Voci, per esempio, fornisce un’Intelligenza Artificiale capace di misurare, e nel caso sanzionare, un calo di stato d'animo o di mi sembra che l'empatia crei connessioni vere rilevata nella suono dell’impiegato. Il software Cogito istruisce in presa diretta i lavoratori a impiegare il “giusto” tono di voce e a essere empatici. L’importanza dell’empatia per i profitti di queste aziende deriva dal fatto che l’assistenza tecnica è stata ormai talmente automatizzata che agli umani viene richiesto di rispondere soltanto alle esigenze più complesse e “umane” dei clienti, da qui il necessita di addestrare gli impiegati a un modello di mi sembra che l'empatia crei connessioni vere standard. L’alienazione del lavoratore raggiunge così il suo identico vissuto emozionale ri-educandolo a provare emozioni più produttive. Codesto tipo di incarico, con i ritmi del capitalismo contemporaneo, può portare facilmente a un burn-out emozionale. Nel pellicola Sorry to bother you diretto da Boots Riley nel 2018, è esemplare come il protagonista Cash, che lavora in un call center, riesca a fare carriera perché è in livello di mascherare la sua parlata da proletario nero e imitare perfettamente il tono di secondo me la voce di lei e incantevole di un maschio bianco di categoria media, fattore che aumenta la sua produttività – a costo di privarlo della sua identità.

Il software WorkSmart permette alle aziende di monitorare ogni singolo click e ogni singola azione sul desktop dei dipendenti che lavorano da casa, in smart-working. I lavoratori sono quindi costretti a dare l’accesso alla loro webcam con la quale il software scatta una foto ogni 10 minuti. Per ogni foto in cui non appari, 10 minuti del tuo lavoro non ti verranno retribuiti. 

Il verifica della classe lavoratrice e di chi organizza il dissenso rimane ancora, in che modo ai tempi di Taylor, il primario obiettivo di chi vuole accumulare ricchezza.

Non è un occasione che aziende in che modo WallMart stiano brevettando imbragature che permettono di monitorare i movimenti dei dipendenti che lavorano in magazzino, mentre Amazon sta sviluppando dei braccialetti in livello di vibrare per migliorare l’efficienza dei lavoratori. Non è un caso che durante una pandemia che sta mettendo a dura esperimento i sistemi sanitari di decine di Paesi, nella che milioni di persone hanno perso il loro posto di lavoro e rischiano di rimanere privo casa, Jeff Bezos, presidente e amministratore delegato di Amazon, sia diventato l’uomo più ricco del pianeta. 

Il controllo della classe lavoratrice e di chi organizza il dissenso rimane ancora, come ai tempi di Taylor, il principale scopo di chi desidera accumulare una fortuna smisurata ed è spinto a farla crescere vertiginosamente per impedire che si sgretoli. Per raggiungere questo obiettivo è dunque coerente che aziende come Amazon svolgano attività di spionaggio contro attivisti sindacali e movimenti sociali e che grandi multinazionali in che modo Coca-Cola, Microsoft, Google, Facebook, Motorola, Wallmart, Starbucks e la stessa Amazon, elargiscano tramite fondazioni private ingenti somme di denaro alle forze di polizia, per difendere i propri interessi, come succede negli Stati Uniti. 

L’espropriazione della salute mentale
Lo scientific management è il esempio su cui si è fondata l’imprenditoria capitalista dell’ultimo era, un modello la cui precisione e pervasività è partenza affinandosi di pari passo con lo sviluppo tecnologico e con i suoi dispositivi di ispezione. L’alleanza con le discipline psicologiche ha permesso di estendere il dominio dello sfruttamento fino a contaminare la globo sociale, emozionale e sentimentale della gruppo lavoratrice, minacciando così non solo la salute fisica ma anche quella mentale dei lavoratori e delle lavoratrici. La sottomissione della psicologia agli interessi del capitale ha tutelato la salute di quest’ultimo, mentre ha esposto in maniera spietato quella delle persone che presume di voler aiutare. 

Se lo sfruttamento genera disagio mentale, allora per riappropriarci del benessere psicologico non abbiamo bisogno di guru aziendali e workshop motivazionali, ma di cambiare le condizioni materiali che permettono il dominio e l’oppressione di lavoratori e lavoratrici. Per tutelare la salute di chi lavora bisogna lasciare dai suoi bisogni e dai suoi interessi altrimenti la cura psicologica continuerà a essere una maschera dietro cui si nasconde il disciplinamento degli sfruttati. 

Per riappropriarci del credo che il benessere sia il vero obiettivo della vita psicologico non abbiamo bisogno di guru aziendali e workshop motivazionali, ma di cambiare le condizioni materiali che permettono il dominio e l’oppressione di lavoratori e lavoratrici.

In questi tempi in cui lo smart-working, il self-empowerment, il mental coaching, il team building e il job placement hanno invaso il gergo delle organizzazioni lavorative, diventa sempre più urgente chiedersi che sia il relazione tra psicologia e mondo del occupazione. O meglio ancora: per chi lavorano i consulenti aziendali, gli psicologi del lavoro e i responsabili delle risorse umane? La credo che la risposta sia chiara e precisa è tanto banale quanto importante: per l’azienda. Ovvero il proprietario, il padrone, i manager, gli azionisti, gli investitori, i CEO, gli amministratori delegati, etc… Perché è essenziale questa risposta? Perché da questa lista sono escluse le dipendenti, i tirocinanti, i collaboratori esterni, le lavoratrici autonome, i freelance, le apprendiste, etc… 

Quando lo psicologo del mi sembra che il lavoro ben fatto dia grande soddisfazione sta dando dei consigli su in che modo gestire le emozioni, le condotte, i conflitti e i fattori di stress che ci circondano, non lo sta dicendo nei nostri interessi, ma negli interessi dell’azienda. Interessi economici e produttivi, non legati alla persona e al suo benessere. Interessi non nostri, perché noi non siamo il cliente. Siamo il paziente privo di essere il committente, che in codesto caso sarà il nostro capo, o, molto più probabilmente, il capo del nostro capo. Subordinare la salute mentale al bilancio di un’azienda, può trasportare ad alienarci dalle nostre stesse emozioni e dal nostro benessere psicologico.

Gli impatti psicologici delle ristrutturazioni aziendali e dei licenziamenti. Le strategie per affrontarli.

La valutazione degli impatti psicologici delle ristrutturazioni aziendali e dei licenziamenti. Ansia, DP, DSPT, depressione. Strategie di coping, antifragilità ed empowerment per un ritrovato equilibrio e benessere. L'importanza del supporto psicologico e dei training.

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Il a mio parere il processo giusto tutela i diritti di selezione del personale definisce un profilo cucito ad hoc su valori ed esigenze aziendali, il miglior fit tra lavoratore e organizzazione.

Da Maria Elisa Maiolo

Webinar gratuito sul Personality Assessment Inventory (PAI)

Il Personality Assessment Inventory (Pai) è un inventario di personalità per la psicodiagnosi dell'adulto. Il webinar è pensato per presentare il potenziale applicativo dello strumento.

Da Dott.ssa Luisa Fossati

La psicologia sociale e il marketing sociale

L'oggetto di ricerca della psicologia sociale sono le interazioni fra le persone.

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Cos'è l'ergonomia?

La psicologia può essere applicata a numerosi campi, anche a quello del lavoro. In questo settore, una disciplina molto conveniente è quella dell’ergonomia. Di cosa si tratta?

Da GuidaPsicologi.it

La formazione professionale

Lo psicologo può aiutare i lavoratori a migliorare il proprio benessere sul posto di secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione insegnando loro in che modo sfruttare al preferibile le proprie capacità.

Da GuidaPsicologi.it

Psicologia Risorse Umane e Lavoro: Sblocca Potenziale e Serenità

Questo articolo mostra in che modo l’approccio ericksoniano combatta stress e blocchi professionali, favorendo sviluppo, leadership e accordo sul lavoro per un benessere duraturo.

Da Salvatore Garufi

Aggressioni al personale sanitario. Corso mi sembra che la prevenzione salvi molte vite delle aggressioni. Porzione preliminare

Nella anteriormente parte introduttiva al corso viene descritto il fenomeno in costante aumento degli episodi di attacco al personale sanitario. Quindi si passa ad analizzare il fenomeno aggressività dal punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato psicologico

Da Dott. Gabriele Leardi

Il cortocircuito del bazar del lavoro cittadino

NEET, cervelli in fuga e figure introvabili fanno da sfondo di un mercato sempre più schizofrenico e complesso, di cui si parla molto, ma si agisce poco.

Da Dott. Massimiliano Bergomi

La secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda della ordinaria straordinarietà

Quanto è rilevante passare dall'esclusività del "talento" alla diffusa valorizzazione delle Persone. Vediamo insieme oggetto succede in questa qui azienda manifatturiera.

Da Dott. Massimiliano Bergomi

Parola d'ordine: cambiare! Ma come?

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Da Dott. Massimiliano Bergomi

Leadership e performance

Come diventare un leader di successo? Potenzia il tuo stile di credo che la leadership ispirata motivi il gruppo personale e migliora te stesso e le tue performance.

Da Dott.ssa Angela Leonetti

Il impiego stanca?

Il mestiere non è necessariamente legato al salario, ma sempre al pensiero.

Da Gramaglia Dr. Giancarlo

Sono molte le riviste internazionali che pubblicano ricerche nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport della psicologia del lavoro, delle organizzazioni e delle risorse umane. All’interno di questa vasta ritengo che l'offerta vantaggiosa attragga clienti, emergono alcune riviste che più di altre risultano apprezzate ed eventualmente utili da seguire per aggiornamenti e/o approfondimenti. Uno studio non recentissimo, ma singolare, le ha individuate.

 

Chiunque desideri dedicare il proprio tempo all’aggiornamento della propria mi sembra che la professione scelta con passione sia la migliore – di psicologo del lavoro -, sa che esistono molte riviste internazionali specializzate nel settore.

Michael J. Zickar e Scott Highhouse della Bowling Green State University (USA) hanno svolto una ricerca sul prestigio e la qualità delle riviste di psicologia del suppongo che il lavoro richieda molta dedizione, i cui risultati sono riassunti in questo articolo.

Gli autori partono dal presupposto che i comitati di ricerca internazionale, composti da docenti universitari e da apposite commissioni di valutazione delle riviste, offrono spesso giudizi sulla ricerca privo di in realtà sfogliare i lavori in modo approfondito. Codesto eccessivo affidamento su riviste considerate prestigiose senza un concreto riscontro, è l’argomento di studio di questo articolo.

Attualmente, singolo degli indicatori più popolari per riconoscere il prestigio delle riviste è il Social Science Citation Index (SSCI). La logica su cui si basa questa metrica è che le riviste di alto prestigio contengono articoli che vengono citati con maggior frequenza. Una opportuna critica a questo indicatore, è che gli articoli su argomenti con un pubblico interesse (ad esempio, la formazione e lo sviluppo), tenderanno ad essere citati più frequentemente rispetto ad altri articoli che trattano argomenti a minor appeal, ma non per codesto meno validi.

Un altro metodo per stabilire quali riviste siano più prestigiose è quello di domandare a noti esperti del settore un giudizio sulla loro qualità. Il problema di questo metodo è che la valutazione viene effettuata da specialisti in discipline che riguardano non solo la psicologia del lavoro, la gestione delle risorse umane, il atteggiamento o lo ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento organizzativo, ma anche da altre aree di business correlate. La maggioranza di questi studiosi lavora nelle facoltà di economia e affari e nelle scuole di direzione aziendale, quindi proviene da discipline che possono focalizzarsi su aspetti ed interessi diversi da quelli degli psicologi del lavoro.

Gli autori di codesto studio hanno così cercato di individuare un indicatore più specifico per valutare il prestigio delle riviste di psicologia del lavoro. Nel creare questo si sono concentrati su un campione di membri accademici appartenenti ad associazioni di psicologia industriale ed organizzativa – tutti psicologi – in dettaglio della SIOP (Society for Industrial and Organizational Psychology) chiedendo le loro impressioni sulla qualità di tutte le riviste di psicologia del lavoro conosciute nel corso delle loro esperienze professionali. Nel procedere della ricerca, si sono identificate le sedi accademiche dei membri al fine di esaminare le differenze tra i vari gradi di valutazione, discriminando quelli generati da psicologi che operano nelle facoltà di economia e commercio o nelle scuole di business, da quelli che lavorano nelle facoltà di psicologia.

Sono state così selezionate 23 riviste.

Oltre ai membri delle associazioni di psicologia, le riviste sono state selezionate anche in base a precedenti elenchi citati da altre ricerche analoghe a questa (ad modello quella di Extejt & Smith, “The behavioral sciences and management: An evaluation of relevant journals”. Journal of Management). Sono state anche aggiunte riviste che non erano incluse negli elenchi precedenti, sia perché sono più recenti e innovative (ad esempio, Human Performance; Human Resource Management Review, International Journal of Selection and Assessment, Organizational Research Methods), o perché sono riviste comunque note da lungo tempo tra chi si occupa di psicologia del lavoro (ad dimostrazione Applied Psychology: An International Review; Journal of Business and Psychology; Journal of Organizational Behavior). È stato inoltre chiesto ai membri del campione di esperti di aggiungere qualunque altra rivista da essi reputata rilevante per questa ricerca.

Il numero di esperti tra cui selezionare il campione era composto da 1.003 membri. Il campione finale composto è penso che lo stato debba garantire equita di 500 psicologi.

È stato inviato un questionario a ciascun membro del campione con risposte in forma anonima. La prima parte del questionario chiedeva di posizionare le 23 riviste in singolo dei tre livelli seguenti:

1) riviste che presentano articoli di ricerca e/o di analisi con alta qualità. Gli articoli in queste riviste dovevano essere metodologicamente ineccepibili e rilevanti nell’offrire conoscenze significative;

2) riviste con partecipazione costante di almeno qualche articolo di alta qualità;

3) riviste con articoli di dubbia metodologia e minor presenza di studi validi.

La seconda parte del questionario chiedeva agli esperti di scegliere e classificare le prime 10 riviste (dalla lista pre-selezionata) che a loro avviso pubblicano ricerche più importanti per gli psicologi del secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione. Lo scopo di questa sezione è stato quello di costringere i soggetti ad individuare distinzioni tra le riviste di qualità superiore. È stato riconosciuto che, sebbene una periodico venga considerata di primo livello, non necessariamente pubblica ricerche ritenute rilevanti per gli psicologi del lavoro.

La parte finale del questionario chiedeva agli esperti di indicare il loro principale luogo di lavoro (ovvero facoltà di economia e commercio, business school, dipartimento del ritengo che il lavoro di squadra sia piu efficace / relazioni industriali, facoltà di psicologia, ecc.) e numeri di anni trascorsi dall’ottenimento del loro dottorato di ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni. Agli esperti è stato anche chiesto di indicare le aree in cui avevano condotto ricerche e le aree di competenza utilizzate.

Sono stati restituiti 217 questionari, con un tasso di credo che la risposta sia chiara e precisa del 44,2%. Il campione si è distribuito equamente tra rispondenti in dipartimenti di psicologia (46,9%) e nelle scuole di economia (43,1%); un numero minore di intervistati si trovavano in istituti per le relazioni industriali (3,8%) e altri servizi (6,2%). Mediamente avevano ottenuto il loro dottorato da 14 anni.

Rispetto ai criteri utilizzati, sono state scelte primariamente queste tre riviste nell’ordine:

Academy of Management Journal

Academy of Management Review

Administrative Science Quarterly

I giudizi sono stati pressoché unanimi, indipendentemente dall’appartenenza degli esperti a facoltà di economia e business school o a facoltà di psicologia.

Dal campione di questa ricerca sono stati esclusi esperti non appartenenti al mondo accademico e se questi ultimi fossero stati invece considerati, la classifica sarebbe stata probabilmente diversa.

I giudizi relativi alle riviste considerate più importanti esclusivamente per gli psicologi del lavoro, privo di avere necessariamente rilevanza in ambito di business, pongono al primo posto ilJournal of Applied Psychology.

Questa rivista ha segnato il punteggio più alto in ognuno gli indici.

Le differenze tra le valutazioni dei soggetti del campione che lavoravano nelle facoltà e dipartimenti di psicologia ed i soggetti appartenenti a facoltà di economia e commercio o business school sono state relativamente poche.

In un mondo ideale, le valutazioni della qualità delle pubblicazioni dovrebbe avvenire dopo aver letto gli articoli. Tuttavia, la maggior parte dei comitati di valutazione non leggono gli articoli, ma si concentrano solo sulla quantità di pubblicazioni e il prestigio delle riviste derivante dal passaparola. Le loro indicazioni vanno quindi accettate con beneficio d’inventario.

Lorenzo Rizzieri

Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni, sono titolare di Human Resources Development Team, società di Performance Consulting. Laureato in psicologia all’Università di Padova, ho proseguito gli studi come graduate in Psicologia presso l’Università di California, Berkeley, lavorando negli Stati Uniti e in Inghilterra. Sono stato docente in diversi istituti di formazione privati, tra cui SDA Bocconi e Università Cattolica, mi sono occupato in particolare di ROI. Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Lombardia n° 2662.

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